Calciomercato: la crisi degli anni 2000 non finirà mai

Se pensiamo che il mondo del pallone sia insensibile agli influssi negativi della crisi economica, ci sbagliamo. Da diverso tempo anche il calciomercato è divenuto teatro di rappresentazioni povere e prevedibili, dove a mancare, immancabilmente, è il colpo di scena. Le ragioni di tale decrescita del movimento degli affari anche nelle grandi società, tuttavia, sono da ricercare anche nel passato.

 

A cavallo tra gli anni ’90 e 2000, lo scoppio di casi sempre più frequenti di plusvalenze portò ad una serie di indagini della Lega Calcio, ma soprattutto di gestioni economiche sbagliate da parte di numerosi club nostrani, Parma e Lazio in primis. Ad ogni modo, i casi di crisi più eclatanti furono sicuramente quelli relativi a Fiorentina e Napoli, costrette al fallimento rispettivamente nel 2001 e nel 2004.

calciomercato-notizia-26Altre società hanno adottato espedienti vari pur di trovare almeno dei palliativi per i propri problemi finanziari: è il caso del Messina, che pensò di spalmare i suoi debiti negli anni per non incorrere nel fallimento; è il caso di molte altre dirigenze che ritoccarono il bilancio e si affidarono finanche a false dichiarazioni sul reddito. Il malessere generale si stava già diffondendo a macchia d’olio, e dalla stagione 2002/2003 cominciarono ad apparire le prime penalizzazioni legate alle mancanze economiche delle società.

 

Il meccanismo del calciomercato fu destinato a cambiare: le formule dei prestiti, piuttosto che quelle delle compravendite, divennero sempre più ricorrenti nei rapporti tra club e club, che nel tempo hanno basato spesso buona parte delle loro campagne acquisti sui giocatori svincolati, prima ignorati da ogni piano di esistenza. Il risultato è che i tanti innesti di medio livello hanno lasciato il posto ai pochi grandi colpi, finanziati perlopiù dagli sparuti ricchissimi presidenti di esigui club che solo sporadicamente fanno e possono fare un regalo a sé ed ai propri tifosi. D’altro canto, l’elevazione dei prezzi generali dei calciatori è andata di pari passo con l’aumento degli ingaggi degli stessi, che a dispetto del pensiero dell’opinione pubblica tendono ad aumentare costantemente e vertiginosamente. Alla faccia della crisi.

 

Mentre all’estero gli sceicchi si sono insediati nei più importanti paesi europei, snobbando a più riprese l’Italia (vedi Spagna ed Inghilterra), nello Stivale tante squadre hanno iniziato a scaricare alcuni elementi solo per mere questioni di ingaggi onerosi, talvolta addirittura superiori ai valori dei cartellini dei calciatori. Colpi alla Ronaldo, alla Crespo, alla Mendieta, oggi sono quelli (discutibili) di Fernando Torres, Kakà e Hulk.

 

Il calciomercato è come la storia: insegna a non ripetere gli errori del passato. In Italia, però, siamo arrivati al punto di non avere nemmeno la possibilità di commetterli, quegli errori. Fino a poco tempo fa l’ultimo rischio percorribile era quello di lasciar svalutare un giocatore senza venderlo nel momento più propizio, ma la mediocrità che ha caratterizzato rapidamente il nostro campionato e la nostra immagine all’estero ci sta impedendo di coltivare dei veri frutti rari.

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