Editoriale – Thierry Henry, una vita da Gunner

Una maglia, come una seconda pelle, che lo ha consacrato come tra i calciatori più forti dell’ultimo ventennio e lo ha consegnato alla leggenda. Thierry Daniel Henry, conosciuto anche come Titì, ha deciso di dire basta: l’attaccante francese ha appeso le scarpe al chiodo dopo aver regalato perle d’antologia per 20 anni, spesi tra Monaco, Juventus, Arsenal, Barcellona e New York Red Bulls. Ma tutti, inevitabilmente, lo ricorderanno con la casacca numero 14 dei Gunners, con cui è nato il mito.

Henry nasce nel 1977 a Les Ulis, dove inizia a prendere confidenza col pallone. Dopo aver militato col club locale, con l’US Palaiseau, Viry Chatillon e col Clairefontaine, arriva la chiamata del Monaco: l’osservatore Arnold Catalano lo osserva in una partita dove mette a segno tutte le 6 reti del 6-0 finale e ne rimane impressionato. Lì, nel Principato, trova Arsene Wenger che, ironia del destino, ritroverà anni dopo. La strada verso l’ascesa per Henry è praticamente spianata: utilizzato spesso come ala sinistra o come attaccante puro, Titì contribuisce alla vittoria del campionato francese nella stagione 1996/1997 e, nella stagione successiva, trascina la squadra fino alla semifinale di Champions League mettendo a segno ben 7 reti. Con i biancorossi gioca per 5 stagioni, totalizzando 141 presenze e segnando complessivamente 28 goal. Titì è ormai diventato un prospetto di belle speranze e ha attirato su di lui gli occhi di numerosi club, compresa la Juventus.

Luciano Moggi lo porta a Torino per 11, 5 milioni di euro ( allora erano 75 milioni i franchi) nel gennaio del 1999. Ma qualcosa non va. Henry non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale. Carlo Ancelotti, subentrato a Marcello Lippi, lo utilizza come esterno di centrocampo. Nonostante ciò disputa qualche performance degna del suo nome. Ad agosto però arriva la svolta della sua carriera.

 

Thierry Henry (Fonte: Crashandspin, Wikipedia)
Thierry Henry (Fonte: Crashandspin, Wikipedia)

Inizia a Londra la leggenda Henry. Arsene Wenger, manager dell’Arsenal e suo ex allenatore ai tempi del Monaco, fa spendere 10 milioni di sterline ai Gunners per riavere alla sua corte il caro discepolo, che non tradisce le aspettative. Wenger lo utilizza prettamente come punta centrale, sfruttando la sua abilità nell‘uno contro uno e il suo scatto felino. Il tecnico dirà di lui: “Thierry Henry potrebbe prendere palla in mezzo al campo e segnare un gol che nessun altro al mondo potrebbe segnare”.  E come dargli torto. Henry regala perle ancora impresse nella memoria dei tifosi dei Gunners ( e non solo) che contribuiscono in maniera significativa alle vittorie di squadra. Nella stagione 2001-2002 arriva il Double, con la conquista della Premier e della FA Cup, seguito dall’epica vittoria del campionato 2003/2004, arrivata senza perdere una singola partita. L’apporto del 14 è fondamentale, con ben 30 goal messi a segno (il suo career high in Inghilterra).  Titì è il punto di riferimento dell’Arsenal, un terminale offensivo ,dotato di un’eleganza sopraffina e di una solida leadership, che nella stagione 2005/2006 trascina la squadra fino alla finale di Champions League contro il Barcellona. Dopo la rete di Campbell al 37‘, la gloria sembra ad un passo, ma nel quarto d’ora finale del match Eto’o e Belletti mettono fine ai sogni di vittoria dell’Arsenal e di Henry, la cui storia d’amore appare vicina alla conclusione. Nel 2007 infatti si consuma l’addio tra le parti, avvenuto a causa di presunte divergenze con la società. E, ironia del destino (ancora una volta), arriva l’offerta del Barcellona, che gli aveva soffiato dal naso la Champions League nella stagione precedente.

Henry approda in Spagna per 24 milioni di euro. Anche qui le vittorie non tardano ad arrivare: nella stagione 2008/2009, insieme a Lionel Messi e Samuel Eto’o, conquista il campionato spagnolo e, soprattutto, l’agognata Champions League battendo in finale il Manchester United, avversario di tante battaglie in Premier League. Successivamente arrivano la Supercoppa Europea, la Supercoppa di Spagna e il Mondiale per club. Dopo tanti successi in blaugrana (con cui disputa 121 partite e segna 49 reti), per Henry è il momento di tuffarsi in un nuova realtà, una nuova intrigante avventura per concludere la sua carriera in maniera dignitosa.

Alla soglia dei 33 anni vola nella Major League Soccer statunitense, firmando un contratto pluriennale con i New York Red Bulls. In mezzo all’avventura a stelle e strisce c’è il ritorno, per soli due mesi, all’Arsenal, suo vecchio amore. Il 9 gennaio 2012, debutta per la seconda volta con la maglia dei Gunners, entrando al 68′ nel match di FA Cup contro il Leeds. Bastano 10  minuti ad Henry per lasciare il segno: il francese, stavolta con la maglia numero 12 addosso, trova la rete che regala la vittoria alla banda Wenger e che fa esplodere di gioia i suoi fedelissimi tifosi. Corsi e ricorsi storici. La militanza nella Grande Mela è durata complessivamente quattro anni (135 presenze e 52 reti, alcune da applausi) finchè lo scorso 16 dicembre non ha annunciato su Facebook“Dopo 20 anni ho deciso di ritirarmi dal calcio. E’ stato un viaggio incredibile e voglio ringraziare tutti i miei fans, i compagni di squadra e tutte le persone con cui ho lavorato durante le mie esperienze con Monaco, Juventus, Arsenal, Barcellona e Red Bulls di New York oltre che nella nazionale francese. Ho tanti ricordi molto felici che porterò sempre con me, ma adesso è tempo di iniziare un nuovo percorso”. Lasciati i campi di calcio, l’ormai ex attaccante si diletterà come commentatore di Sky Sports UK.

Tra un club e l’altro c’è da aggiungere il ricco palmares attinente alla nazionale francese: Henry è attualmente il secondo giocatore con più presenze (123) e quello che ha segnato più reti (51). Con i Galletti ha conquistato i Mondiali casalinghi del 1998 e gli Europei di Belgio – Olanda nel 2000.

Insomma, se tra qualche tempo vorremmo ricordare l’Henry giocatore, lo ricorderemo con la maglia biancorossa numero 14. Quella dell’Arsenal, quella con cui è diventato l’Henry che tutti conoscono: un fuoriclasse elegante col vizio del goal, un attaccante moderno capace di segnare e vincere ovunque egli sia stato, senza che si sia scrollato di dosso la sua seconda pelle, quella dei Gunners. Au revoir et merci, Titì.

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Olivio Daniele Maggio

Originario di Francavilla Fontana, città dell'entroterra brindisino. Laureato in Scienze della Comunicazione e cresciuto praticamente a pane e calcio, coltiva molte aspirazioni tra cui quella di diventare giornalista professionista, ruolo che oscilla su un filo che divide il lavoro e la passione.

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