Mediterraneo Antirazzista: un calcio all’odio

Si può combattere il razzismo in mille modi, l’importante è persistere nella lotta. 1913214_926144320778899_3536914537814283093_oLo hanno capito bene gli amici di “Mediterraneo Antirazzista”, la manifestazione sportiva, artistica e culturale che avrà inizio il 26 Aprile a Milano la quale si pone come obiettivi l’integrazione e la solidarietà tra i popoli. Soccermagazine ha rivolto qualche domanda a Salvatore Cavaleri, uno degli organizzatori nonchè tra i primi fondatori della manifestazione:

Cos’è “Mediterraneo Antirazzista” ? 
Il Mediterraneo antirazzista è una manifestazione sportiva artistica e culturale giunta quest’anno all’ottava edizione. Sostanzialmente si tratta di un mega torneo della durata di 4 giorni dove si affrontano 180 squadre composte da ragazzi appartenenti a tutti i quartieri della città ospitante e dalle varie comunità di immigrati presenti sul posto. Ma Mediterraneo Antirazzista non è solo sport; la manifestazione è arricchita anche da feste, concerti, operazioni di guerrilla gardening attraverso cui riconvertiamo aree verdi dismesse in spazi gioco.
 
Come è nata l’idea di un torneo di calcio ? E sopratutto perchè proprio il calcio ?
In realtà la manifestazione non si incentra solo sul calcio ma anche sul basket, volley, cricket e rugby; chiaramente il calcio è lo sport più partecipato.
L’idea del calcio è abbastanza banale, ma cercavamo un linguaggio universale ed immediato come lo sport per poter veicolare messaggi di solidarietà ed ancor prima per creare dei contesti in cui le barriere si abbattessero naturalmente.
Quando si incontra un gruppo di ragazzi del Ghana ed uno dello Sperone (quartiere di Palermo) su un campo di calcio è più facile combattere i pregiudizi reciproci proprio perché entrambi stanno condividendo lo stesso spazio e le stesse regole.
L’idea, appunto, è che per combattere le discriminazioni bisogna innanzitutto creare dei contesti in cui poter sperimentare esperienze nuove. Questo vale molto più di cento lezioni e di cento slogan.
 
Come cresce questo progetto ?
Inizialmente abbiamo iniziato facendo semplicemente una tre giorni di tornei al Velodromo “Paolo Borsellino” di Palermo, il secondo campo di calcio di Palermo dopo il Renzo Barbera. Il Velodromo è praticamente a 100 metri dallo Zen e già riuscire ad aprire le porte di quello stadio ai ragazzi dei quartieri ci sembrava un obiettivo importante.
Negli anni successivi si sono andate aggiungendo sempre nuove iniziative: dibattititi, concerti, seminari nelle scuole; abbiamo recuperato un’area nel quartiere Ballarò in cui c’era una discarica e l’abbiamo fatta diventare una piazza, oggi Piazza Mediterraneo. A tale scopo abbiamo avviato la campagna “Sport popolare in spazio pubblico” con la quale portiamo avanti, in molti quartieri di Palermo, delle iniziative per risistemare degli impianti sportivi dismessi o per crearne di nuovi.
 
Come avete coinvolto le altre città ?
Gradualmente, in modo naturale; sono iniziati dei piccoli scambi con altre realtà in giro per l’Italia, creando ad esempio dei gemellaggi; primo tra tutti quello con Napoli che comportava un vero e proprio scambio culturale tra i ragazzi del quartiere Zen, ospitati a Napoli, e quelli di Scampia, ospitati a Palermo. Piano piano l’idea ha preso piede e adesso Mediterraneo Antirazzista viene realizzato in totale autonomia da realtà che operano a Milano, Genova, Roma, Napoli, Catania e quest’anno anche a Lampedusa. Va da sé che la tappa di Lampedusa assume un valore speciale. La nostra è principalmente una festa, ma una festa che vuole far riflettere. Non è possibile assistere ancora inermi alle tragedie che avvengono continuamente nel nostro mare. Il Mediterraneo non deve essere un mare di morte, ma un mare di incontro e per far questo è necessario abolire leggi come la Bossi-Fini. Fino a quando non si istituiranno vie legali per entrare in Italia, le traversate sui barconi continueranno e con esse le tragedie.
 
Chi sono e da dove vengono i collaboratori di Mediterraneo Antirazzista?
Mediterraneo antirazzista è una iniziativa che nasce dall’Associazione Handala, ma che è condivisa da decine di realtà che quotidianamente operano sui territori e che condividono lo stesso spirito di eterogeneità: collaborano al Mediterraneo antirazzista tanto degli oratori di alcune Chiese di frontiera quanto centri sociali autogestiti.
Negli anni, quelli che erano i destinatari degli interventi, sono diventati sempre più parte integrante del progetto. Chi nelle prime edizioni veniva a giocare nel girone dei pulcini oggi viene a fare il responsabile di campo o l’allenatore, portando magari il fratellino più piccolo.
 
Qual’è il fine ultimo del progetto ?
Il Mediterraneo antirazzista è un pretesto. E’ la dimostrazione che per creare delle occasioni in cui ci si guarda in faccia mettendo da parte ogni pregiudizio basta poco, però bisogna volerlo fare.
Per contrastare la cultura dell’odio che sempre più passa attraverso i media, pensiamo che l’unico strumento che abbiamo a disposizione sia quello di stare nelle piazze e nella strade, magari creare delle occasioni gioiose, ma con la consapevolezza che quello con cui abbiamo a che fare è estremamente serio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Su questo sito utilizziamo strumenti nostri o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Possiamo usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti ad offrirti una esperienza migliore con noi. Cookie policy