Inter, cambiare per salvare il presente e il futuro

Il pareggio casalingo tra Inter e Bologna ottenuto sabato sera a San Siro porta con sé, oltre all’amarezza, la consapevolezza di non poter più perdere tempo, di dover agire dopo 4 anni di rimandi e promesse fasulle.

Fonte: inter.it
Fonte: inter.it

Si sa, la società neroazzurra, soprattutto quella targata Moratti, non ha mai brillato in organizzazione: se l’altra sponda del naviglio, quella rossonera, ha sempre dato prova di cosa significhi progettare, Moratti e i suoi uomini si sono sempre distinti per le loro scelte di pancia o di cuore, come direbbero i più gentili, invece che di testa. Così 4 anni dopo l’incredibile notte di Madrid quando l’Inter alzava la sua terza Champions League e coronava il sogno “triplete” , quando l’incontenibile gioia dei tifosi li spingeva a credere di aver finalmente voltato pagina rispetto ai fantasmi del passato, l’Inter torna a sprofondare nei vecchi schemi, negli errori che hanno contraddistinto molte delle sue stagioni.

Da quella notte sono arrivati 6 allenatori, alcuni cacciati senza nemmeno aver mai visto una vittoria, sono arrivati piazzamenti sempre meno redditizi, fino addirittura all’esclusione dall’Europa, avvenimento che non si verificava dal 1999. Con la stagione scorsa i tifosi si erano convinti di aver davvero toccato il fondo, ma, come accade spesso, il calcio è imprevedibile, non segue schemi o regole e così capita di pensare che, sebbene ora l’Inter sia quinta con un piede in Europa, il risultato non sia poi tanto migliore di quello scorso.

Perché del gioco promesso non c’è traccia, della solidità nemmeno, perché ancora una volta si è dovuto assistere al gioco del “non parliamo di obiettivi, bisogna solo fare meglio dello scorso anno” in modo da poter nascondere la totale mancanza di idee e progetti che anima il cuore della società; perché i giocatori sono rimasti gli stessi, troppo poco l’inserimento di Icardi ed Hernanes se nel frattempo perdi Milito, Zanetti, Guarin, Alvarez e soprattuto Kovacic, per motivi ancora inspiegabili.

Questa squadra non ha gioco o meglio, le viene imposto un gioco che non è nelle sue corde: non è possibile giocare a tre bruciando Ranocchia, adattando Samuel e soprattutto continuare anche quando l’uomo che era stato scelto proprio per giocare così, ovvero Campagnaro, ha iniziato ad accomodarsi in panchina. Passando al centrocampo, quello neroazzurro non ha nulla in comune con quello napoletano che tanto ha fatto le fortune di Mazzarri, per non parlare dell’attacco dove la mancanza di un giocatore capace di fare dai 15 ai 20 gol e di risolverti i problemi non facilita le cose. Questa squadra ha imparato ad assimilare un gioco che non le calza a pennello e che vede molti calciatori adattarsi e, costringe altri alla panchina per convinzioni personali di un Mister che fatica a far giocare ragazzi sotto i 25 anni, come se essere giovani fosse un problema.

Ma chi si scaglia come una furia su Walter Mazzarri, altro non fa che cadere nei vecchi errori e nelle vecchie dinamiche che tanto hanno fatto male all’Inter: che Mazzarri non sia stato in grado di risollevare questa squadra è evidente, ma pensare che la soluzione sia semplicemente quella di far pagare sempre all’allenatore è però una grave limitazione, mostra l’incapacità di vedere oltre, di scavare sotto la superficie dove risiedono i grandi problemi, le grandi questioni fino ad ora tralasciate perché rimandare sembra sempre la via più facile ma ora non ci sono più alibi, ora non è più possibile rimandare.

Se si sono cambiati 6 allenatori, come detto, in quattro anni, questo significa che il problema non sempre sta di casa in panchina: fino a quando la società non imparerà a fare mercato, a credere in quello che è uno dei migliori vivai d’Italia, a far sfruttare le potenzialità di un club che ha molto fascino anche fuori dai confini nazionali, fino a quando non saranno messi tutti sotto esame, rivedere l’Inter ad alti livelli sarà un miraggio.

La parte peggiore non può quindi sempre toccare al tecnico perché se Guarin a Livorno commette una sciocchezza, se Alvarez si dimentica di marcare Bonaventura, se Scouffet si dimostra nuovamente un portiere in crescita, se Rolando scivola in area di rigore permettendo così a Konè di trovare il gol del 2-2, il tecnico conta poco, conta nel momento in cui relega Kovacic in panchina, nel momento in cui non riesce ad adattarsi al capitale umano che si trova di fronte…  Ma è arrivato il momento che anche giocatori vengano messi sotto esame, ora bisogna distinguere tra chi ha le capacità di diventare un pilastro di questa nuova Inter e chi invece deve semplicemente andare. Sono troppi gli interpreti mediocri di questa squadra per non capire che, se si vuole tornare in alto, si deve cambiare, avere il coraggio di salutare i vecchi eroi e ringraziare chi in queste stagioni ha provato a rimpiazzare i grandi senza riuscirci semplicemente perché non in grado. Oltre ai giocatori però, c’è anche un organico societario da rivalutare e rivoluzionare come dimostrano i primi passi portati avanti con l’allontanamento di Branca a favore di un ruolo più importante affidato ad Ausilio.

In questo senso Erick Thohir, presidente da soli 6 mesi, ha già messo in chiaro più di quanto abbia mai fatto Moratti in questi 4 anni, dimostrando di avere un progetto in testa e di volerlo applicare da subito, prima ancora dell’estate se possibile. Questo è manna per i tifosi interisti che da troppo chiedono chiarimenti che mai sono arrivati, inconsciamente Thohir sta rispondendo ora ai 12 quesiti chiesti dalla Curva Nord a fine stagione scorsa, un anno dopo, un altro anno fallimentare dopo.

Sarebbe bello poter già guardare oltre e mettersi nelle mani di Thohir, dimenticando questa stagione che, oltre ad una grande vittoria nel Derby e qualche altre buona prestazione, ha regalato poco ai tifosi, ma c’è una stagione da terminare, ci sono sei giornate importanti per chiudere un campionato che potrà salvarsi solo con la  conquista di un posto in Europa. Serve quindi tornare  a vincere, dopo la sconfitta e i tre pareggi consecutivi perché tutti corrono e tu ti sei concesso già troppe pause. Ora quindi è il momento di darsi da fare, ora è il momento di agire, insieme, per salvare il presente e il futuro.

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