Apoteosi e povertà, rivoluzione e magia: più di 50 anni di Maradona

E’ nato in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento, ma per qualcuno ha compiuto solo da poco il mezzo secolo di vita. Stiamo parlando del calcio, la disciplina sportiva più seguita al mondo, di cui un uomo venuto dal nulla e costruitosi da solo è divenuto l’icona incontrastata, la personificazione più autentica entrata in pianta stabile nella memoria e nell’immaginario collettivo degli sportivi di tutto il globo.

Fonte immagine: Neogeolegend
Diego Armando Maradona è nato a Lanús, in provincia di Buenos Aires, Argentina, 54 anni fa. La sua storia è inizialmente quella di tanti, quella di tanti ragazzini sudamericani che per allontanare i pensieri della povertà e della precarietà rincorrevano con allegria e speranza un pallone. Una volta notato da un amico del padre e cominciata la carriera di calciatore professionista nell’Argentinos Juniors, Maradona ha cominciato così a distaccarsi dalla realtà che lo imprigionava, ma che lo avrebbe sempre caratterizzato, scrivendo a poco a poco la storia di uno sport.
L’esperienza nella terra natale consentì a Diego di guadagnarsi la maglia della nazionale argentina già a 17 anni, ma con grande rammarico non fu considerato per l’avventura del Mondiale ’78 che si sarebbe svolto proprio nel suo Paese. Solo più tardi “El Pibe de Oro” non avrebbe più smesso i panni dell’albiceleste, promettendosi di portare quanto prima l’Argentina ai vertici del mondo.
I primi anni ’80 iniziarono a consacrare sempre più la carriera del sudamericano: dal Boca Juniors al Barcellona il passo è stato breve, ma fu in Spagna che Maradona cominciò a sentirsi destabilizzato, a causa del rapporto con il presidente Nuñez che stava andando deteriorandosi. Ecco allora che arrivò la svolta che avrebbe favorito la favola del più grande calciatore di tutti i tempi: in Europa, la patria del calcio, dove il gioco del pallone è sempre stato considerato più duro e sviluppato, si presentava una piccola squadra italiana, il Napoli, che con il proprio presidente Corrado Ferlaino vedeva in Maradona la possibilità di un’affermazione che non era mai arrivata.
Le immagini di Maradona con la maglia del Napoli sono quelle che meglio riecheggiano nel pensiero calcistico: il campione che si misura contro le avversità sportive, politiche e sociali di un’intera nazione semplicemente mettendo in luce il suo estro è quanto di più afrodisiaco lo sport potesse offrire ed abbia mai offerto.
Per il prezzo di 1.000 Lire a spettatore, Maradona fu presentato al San Paolo il 5 Luglio 1984: il motivetto “Ho visto Maradona, ho visto Maradona” era già diffuso sugli spalti, eppure all’epoca Diego non aveva ancora fatto la differenza nel mondo, tantomeno a Napoli. Quella partenopea era forse la città più adatta per un giovane sudamericano di belle speranze: intrisa di un genuino tradizionalismo nella sua tipica meridionalità, Napoli è sempre stata una città aperta e folkloristica, cosmopolita ma anche indipendente, volta però a snaturare le proprie condizioni sociali che spesso la rendevano bistrattata da buona parte d’Italia. Maradona rivedeva in Napoli la sua Buenos Aires e l’Argentina tutta: combattere per la causa comune del riscatto non poteva che essere il viatico migliore per far sì che il talento potesse ben presto abbracciare i napoletani come nuovi fratelli.
Assurto a modello per tutta la città, Maradona non si limitava a deliziare gli spettatori con le sue magie sul campo: la famosa punizione contro la Juventus, nonchè la “mano de Dios” contro l’Inghilterra ai Mondiali dell’ ’86 celavano sempre qualche significato antropologico che il giocatore non avrebbe mai tardato a spiegare; Diego è sempre stato così: un campione che ci teneva a sviscerarsi e a lanciare i suoi messaggi di sportività, giustizia ed incitazione a tutti coloro che amassero il calcio.
Anche l’idillio a Napoli, tuttavia, sarebbe destinato a finire: i giornalisti non davano tregua a Maradona, e le voci sul suo conto, sulla sua vita privata, si facevano sempre più acerbe. Maradona però non voleva tutelare la propria dignità: un ragazzo venuto dal Sudamerica aveva vissuto di peggio e si prestava ad essere incurante a stupidi pettegolezzi. Ciò che gli interessava principalmente era la famiglia, l’unica cosa per la quale avrebbe deposto le armi abbandonando anche la sua più grande passione: il pallone.
Fonte immagine: wikipedia
Invero, la seconda metà degli anni ’80, benchè coronata con i successi del Mondiale e con i primi trofei regalati al Napoli, acuirono sempre più i rapporti difficili di Maradona con il nostro Paese, portandolo più volte sul punto di lasciare lo Stivale. In ogni caso, l’uomo non fu mai esautorato. Diego decise di rimanere all’ultimo per la stagione 1989-1990, e questo valse al Napoli il secondo scudetto. Poi, iniziò la crisi, mancava l’intesa con Ferlaino e il capopopolo azzurro fu costretto a partire.
Maradona riprese l’attività nel 1992 con il Siviglia, dopo un anno e mezzo di squalifica per doping, e da lì la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Il dio tipicamente umano si limitava ora ad essere un comune mortale, che anche in preda ai problemi personali legati alla droga avrebbe finito con lo scivolare in un baratro profondo rischiando più volte anche l’oblio.
Ciononostante, se a Napoli Maradona continuava ad essere idolatrato nelle strade, nel mondo la figura del “Pibe de Oro” non aveva mai cessato di esistere. Diego attese molti anni prima di poter tornare alla carica, di svolgere la sua funzione di difensore degli ideali. L’occasione della rinascita gli venne dunque offerta dal suo stesso Paese: il 28 Ottobre 2008 Maradona fu ufficialmente eletto dall’Afa quale nuovo ct dell’Argentina, col compito di portare l’albiceleste alla Coppa del Mondo 2010.
La vita da allenatore, nuova per Diego, lo entusiasma fino al punto di cancellare le scorie negative del passato: su quella panchina Maradona sembra riacquisire lo spirito battagliero di un tempo e che quasi aveva perso. E’ un’esperienza particolare per lui, ma anche analoga a quella da calciatore: ecco che nel 2009, una volta conquistata la qualificazione a Sudafrica 2010 al termine di un match mozzafiato con l’Uruguay, riprendono gli scontri con i giornalisti.
Da mentore dei calciatori dell’oggi e del domani, Maradona si fa anche poeta e padre dei suoi pupilli: inevitabile è stato il paragone con Messi, il quale, per Maradona, susciterebbe col pallone persino emozioni più forti del sesso…
La vita di Maradona è sempre stata irta di difficoltà e ostacoli, nonostante sia stato il più grande calciatore della storia. Niente era facile, nemmeno per lui. Le pressioni ci sono sempre state, e continueranno ad esserci anche ora che “El Pibe de Oro” cova il desiderio di guidare ancora la propria nazionale dopo l’insuccesso del Mondiale.
I 50 anni di Maradona non sono 50 anni: sono una vita vissuta fino all’osso, sempre piena, lo specchio del meglio e del peggio della società. Sono più di 50 anni, perchè hanno cambiato se non fatto la storia proponendo l’improponibile. Il miracolo non è quello che è riuscito a fare in campo 20 anni fa: il miracolo è che a distanza di 20 anni Maradona venga venerato come se avesse fatto tutto ieri. E’ entrato nel linguaggio comune, il suo nome è divenuto ormai una parola frequente. Apoteosi e povertà, rivoluzione e magia: per questo, ad imbatterci in Maradona, ci batte ancora il corazón.

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