Copa America: in semifinale c’è Cile-Perù, il “Clásico del Pacifico”

La semifinale di questa sera della Copa America non è una partita qualunque: storicamente Cile e Perù non rappresentano certo due mostri sacri della competizione viste le sole due coppe vinte dalla squadra incaica e l’umiliante bacheca vuota della Roja.

Bandiera del Cile Fonte: Antoine (Wikipedia.org)
Bandiera del Cile
Fonte: Antoine (Wikipedia.org)

La partita di questa sera significa però tantissimo per due nazioni divise da un odio profondo e reale, un eterno filo conduttore fatto di conflitti non solo calcistici ma anche culturali e soprattutto bellici. Perché se è vero che l’Argentina contro Uruguay e Brasile ha dato vita a due rivalità futbolistiche tra le più affascinanti al mondo, è altrettanto corretto precisare che peruviani e cileni condividono il più cruento antagonismo del Nuovo Mondo.

Tanti, troppi precedenti per riassumere una guerra che sostanzialmente non è ancora finita. Perù e Cile hanno guerreggiato per qualsiasi motivo dando vita a sanguinosi conflitti che hanno trovato il proprio apice nella Guerra del Salnitro, nota anche come Guerra del Pacifico, drammatica parentesi dei primi anni ’80 del XVIII secolo. Era il Cile di Aníbal Pinto, era il Perù di Mariano Ignacio Prado, era il periodo più complicato della storia di entrambe le nazioni: la guerra vide i cileni uscire vincitori nonostante al fianco dei peruviani fosse scesa in campo anche la Bolivia, nazione che reclamava uno sbocco sul mare nella regione di Antofagasta, città attualmente in territorio cileno in cui si sono disputate anche diverse partite di questa Copa America.

Da lì in poi tante asprissime guerre che hanno incendiato un odio sempre più vivo tra le due nazioni (nel ‘900 si registrano continui scontri per le regioni del nord del Cile e per i confini marittimi). In campo calcistico il precedente illustre è una gara di qualificazione per i Mondiali di Francia ’98 quando il Cile vinse nettamente contro gli eterni rivali in una partita passata alla storia per il clima fortemente ostile sugli spalti nei confronti della selezione incaica che fu fortemente danneggiata quel giorno. In campo c’era tra le file peruviane Nolberto Solano, ora vice di Gareca alla guida della nazionale, uno di quelli che la partita del ’97 non l’ha dimenticata e che come ogni peruviano vede nella gara di questa sera la possibilità di riscatto per le troppe sconfitte sui campi di battaglia e di calcio contro i cileni.

Si dice che il Clásico del Pacifico (così viene chiamato questo particolare derby vista la posizione geografica delle due squadre) sia una guerra a tutti gli effetti, una partita in cui nulla è lasciato al caso e in cui esplodono i sentimenti d’odio reciproco in campo e sugli spalti. Non si stanno simpatici né hanno alcuna stima dell’altro: impossibile trovare un punto di accordo tra due nazioni che ancora hanno questioni aperte su quali siano i confini terrestri e marittimi di una e dell’altra.

La partita di oggi anche per questo vale molto di più: il Cile viene da un cammino impeccabile ma ha l’obbligo morale di non tradire i propri tifosi nel suo fortino, ha il dovere di cancellare questa tremenda vergogna di non aver mai vinto la Copa America e perdere contro i rivali di sempre sarebbe un disastro nazionale.

Il Perù invece è la grande sorpresa di questa edizione, una squadra data per spacciata a inizio torneo che però con pazienza e organizzazione è riuscita a togliere la ruggine ai suoi migliori giocatori tirando fuori prestazioni eccellenti. Vincere oggi significherebbe tantissimo per i tifosi della Blanquirroja: eliminare il Cile a casa sua coronerebbe una competizione fin qui quasi perfetta facendo entrare la nazionale di Gareca nella storia di un conflitto che probabilmente non avrà mai fine.

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