Esclusiva-Paglialunga: “L’Italia ha pagato il declino del calcio nostrano. Il nuovo ct? Mancini o un tecnico straniero”

La rovinosa eliminazione dell’Italia dai Mondiali 2014 è ancora tema di un’acceso dibattito tra addetti ai lavori, esperti filocalcistici e tifosi. La disfatta della banda guidata da Cesare Prandelli è arrivata giusto quattro anni dopo la debacle sudafricana del 2010 della nazionale guidata da Marcello Lippi con modalità che tra loro trovano molte analogie ed alcune differenze: assenza di idea di gioco, giocatori in condizioni fisiche precarie e spogliatoio allo sbando. Il flop brasiliano rappresenta uno dei punti più bassi che il calcio italiano abbia mai toccato nella sua storia: ora bisogna ripartire, cercando un presidente federale che sappia portare l’aria di rinnovamento che tanto serve ed un nuovo commissario tecnico che avrà l’onore, e l’onere, di ricomporre i cocci di una nazionale che dovrà necessariamente essere ritoccata a fondo, partendo tuttavia da alcuni punti fermi. E sulla vicenda che sta ancora tenendo banco nel mondo del pallone del Bel Paese è intervenuto Fulvio Paglialunga, giornalista di Rai Uno, che si è gentilmente concesso in esclusiva ai microfoni di Soccer Magazine:

1) Brasile 2014 come Sudafrica 2010: l’Italia esce rovinosamente da un Mondiale alla fase a gironi. Un fallimento totale.

 “Non sono particolarmente sorpreso, nonostante la speranza da tifoso. Ma alla Nazionale mancava qualcosa e, prima ancora, è al calcio italiano che vanno imputate le carenze. È un fallimento, ma non sarebbe mai diventato molto di più, nemmeno in caso di passaggio del turno. Il calcio italiano è riuscito a coprire il suo declino nel 2006, ma era iniziato ormai. È stato sorprendente nel 2012 (ma era un Europeo), però forse l’immagine vera è quella degli ultimi due Mondiali. E soprattutto quella dell’ultimo: non c’era un’idea e quella che c’era non è stata perseguita con coraggio, c’era una squadra senza federazione alle spalle e quindi è stato subito tutti contro tutti. Non c’era nulla per reggere, nemmeno un allenatore che facesse schermo. Alla fine c’era in campo una squadra che non credeva nemmeno in se stessa, fatta più da campagne di stampa che da scelte razionali. Cosa che mostra una debolezza di fondo”.

 

Fulvio Paglialunga. Fonte: Profilo Facebook (Fulvio Paglialunga)
Fulvio Paglialunga. Fonte: Profilo Facebook (Fulvio Paglialunga)

2) Alla luce di quanto visto in campo, quello mostrato dagli azzurri è il vero valore che il  calcio italiano offre?

Forse c’era qualche giocatore migliore di quelli portati in Brasile, tra quanti sono rimasti a casa, ma alla fine non sarebbe lievitata di molto la cifra della squadra. Se smettiamo di produrre talenti e di dar loro fiducia dobbiamo sperare che le grandi squadre europee ce li portino via come è accaduto con Verratti. Altrimenti giocando poco e senza avere possibilità ad alti livelli in Europa non potranno mai crescere. Ammesso che ce ne siano, talenti, visto che abbiamo smesso di insegnare calcio ai ragazzini. La Spagna, che ha fatto una figuraccia forse peggiore dell’Italia, ha l’Under 21 fortissima. L’Italia prende giocatori dalla B.

3) Prandelli ed Abete hanno pagato la debacle con le dimissioni. Di chi è la colpa? E’ giusto fare processi individuali, come nel caso di Balotelli?

“La colpa non è di una persona sola, mai. Ma Abete avrebbe dovuto lasciare da tempo: la verità è che attendevamo un buon risultato ai Mondiali per tenerci un altro po’ di polvere sotto il tappeto. Abete, in quanto esponente della Federazione, è il responsabile di quanto successo prima, del crollo di credibilità che ha generato un clima che Prandelli non ha retto (ecco perché anche il c.t. ha colpe). Onorevoli le dimissioni dell’allenatore, persino tardive quelle del presidente. Su Balotelli ho parlato anche troppo. Aggiungo solo una cosa: dopo il Mondiale del 2006 abbiamo fatto bella figura in poche partite vere. Sempre grazie a Mario, incluso l’Europeo di due anni fa”.

4) I tuoi nomi per la presidenza federale e per la panchina dell’Italia.

Non vedo all’orizzonte personalità di spicco per la Federazione. Mi auguro non sia nessuno di quelli che ci sono già, anche se parlano di Tavecchio che è un ulteriore burocrate. Se proprio dovessi scegliere tra la rosa in campo, direi Pancalli. Ma nessuno di questi mi ispira completa fiducia. Per il c.t. io punterei su uno straniero, un tecnico di rottura. O, sempre restando ai nomi, su Mancini che almeno ha un po’ di esperienza internazionale e la faccia tosta per rischia un po’”.

5) Ora, dopo l’uscita dell’Italia, per quale squadra “simpatizzerai”? Chi merita di vincere i Mondiali?

Per nessuno, anche se mi piace il calcio della Colombia. A complicare tutti i miei piani c’è una strana vocazione che mi porta sempre a tifare per le più deboli. Che perderanno anche in modo eroico, ma alla fine perdono lo stesso”.

 

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Olivio Daniele Maggio

Originario di Francavilla Fontana, città dell'entroterra brindisino. Laureato in Scienze della Comunicazione e cresciuto praticamente a pane e calcio, coltiva molte aspirazioni tra cui quella di diventare giornalista professionista, ruolo che oscilla su un filo che divide il lavoro e la passione.

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