Mondiali 2014, tra favoriti ed outsider: analisi di una rassegna dai mille volti

Mancano pochi giorni, poche ore, pochi istanti e finalmente dopo le tante parole, discussioni, polemiche e aneddoti ripescati per l’occasione (la cabala ci sta sempre), la parola passerà al campo: Brasile-Croazia aprirà ufficialmente gli attesissimi Mondiali 2014.

Fonte immagine: Ronnie Macdonald (Wikipedia)
Fonte immagine: Ronnie Macdonald (Wikipedia)

La rassegna iridata sudamericana, che culminerà con la finale che si terrà a Rio De Janerio il 13 luglio nel ristrutturato stadio Maracana, si prospetta come una delle più spettacolari di sempre e come una delle più variegate: possiamo dire infatti che questi Mondiali regalano degli spunti su cui discutere praticamente all’infinito, ma che ci limiteremo ad analizzare con attenzione prima di attendere le sentenze e i verdetti che verranno emanati dal rettangolo di gioco (che non sbaglia mai a tal proposito).

Ai nastri di partenza, in pole position per la vittoria finale troviamo il Brasile. La selezione allenata dal ct Felipe Scolari, uno che se ne intende di vittorie ‘mondiali’, è una macchina dai meccanismi oliati che si appresta, con un mix di tecnica, fantasia e solidità, a bruciare la concorrenza. I giocatori non vogliono perdere l’occasione di alzare la coppa davanti al proprio pubblico per cancellare definitivamente gli strascichi che la Seleçao si porta dietro dal 1950, anno del cosiddetto ‘Maracanazo’: il Brasile perse clamorosamente in casa i Mondiali nella finale contro l’Uruguay, gettando un intero Paese nella tristezza e nello sconforto più totale. E per evitare un secondo trauma sportivo di proporzioni bibliche, Scolari si affiderà all’estro di Neymar, stella del Barcellona e al carisma e all’esperienza di capitan Thiago Silva, senza contare dell’apporto di giocatori di primo livello come David Luiz, Oscar o Marcelo, il tutto secondo la filosofia carioca del Futebol Bailado.

Al pari del Brasile non possiamo che trovare la Spagna. I campioni uscenti hanno tutte le carte in regola per ripetere uno storico bis dopo la vittoria di Sudafrica 2010: il tiqui – taca resta il dogma imprescindibile per la nazionale guidata da Del Bosque che quest’anno, però, potrebbe rinunciare al ‘falso nueve’ per dare spazio a Diego Costa (quando starà bene fisicamente), attaccante brasiliano naturalizzato spagnolo atteso a braccia aperte dai suoi ex tifosi che non hanno proprio digerito il grande tradimento.

Fonte immagine: Steindy
Fonte immagine: Steindy

Per il resto soliti nomi e solita garanzia di qualità ed esperienza: Xavi, Iniesta, Piquè, senza contare i madridisti Casillas , Sergio Ramos e Xabi Alonso caricati a mille dopo la vittoria della ‘Decima’ Champions League. Non ci sorprenderemo dunque di ritrovare in finale per l’ennesima volta le Furie Rosse, che in caso di alcuni incroci potrebbero trovarsi di fronte i padroni di casa già agli ottavi di finale.

C’è chi parte più avanti e c’è chi parte più indietro. Le aspirazioni da finale non possono lasciare indifferenti l’Argentina di Lionel Messi che sogna il clamoroso colpaccio nella tana degli odiati rivali. La ‘Pulce’ del Barcellona dovrà dimostrare a tutti di essere decisivo anche in Nazionale, dopo una stagione altalenante. Ripetere le gesta del mentore Diego Armando Maradona riporterebbero Messi alla ribalta dopo che quest’anno è stato oscurato troppe volte dalla sua nemesi, Cristiano Ronaldo. A dargli una mano ci saranno il ‘napoletano’ Higuain, ‘El Kun’ Sergio Aguero, il guizzante Di Maria e i senatori Mascherano e Demichelis. Lo stesso discorso vale per la Germania: come da tradizione la ‘Nationalmannschaft’ si presenta con una rosa di primissimo livello, fatta da giovani di belle speranze ed esperti veterani. Il ct Joachim Low punterà con molta probabilità sul blocco Bayern composto da Neuer, Lahm, Boateng, Schewinsteiger, Muller e Gotze tutti coadiuvati da gente come Reus, Ozil e il sempreverde Miroslav Klose, che cercherà di eguagliare o superare il record di reti di Ronaldo, che nelle sue partecipazione ai Mondiali ha segnato 15 goal ( il tedesco è a quota 14).

E come un torneo che si rispetti, non mancano gli outsiders di turno e le possibili rivelazioni (quest’ultime che non necessariamente puntano alla vittoria). C’è grande attesa nel vedere in azione l’Olanda di Louis Van Gaal, finalista nella scorsa edizione ed inserita nel duro girone B con Spagna, Cile e Australia. Gli Oranje, nonostante al momento non appaiono tra i favoriti, hanno armi che possono far male a chiunque: dalla rapidità di Arjen Robben al killer instinct d’area di rigore di Robin Van Persie. Nel mezzo c’è tanta qualità (con Snejider e Clasie) e sostanza (rappresentata da De Jong del Milan). Il vero anello debole potrebbe essere rappresentato dalla difesa, reparto quasi del tutto rivoluzionato e pieno di facce nuove e giovani. Da tenere d’occhio è anche l’altra nazionale bella e incompiuta di tutto il panorama calcistico, il Portogallo. La punta di diamante dei lusitani, sarà ovviamente Cristiano Ronaldo, che però al momento non è al meglio della condizione fisica a causa di un’infiammazione al tendine rotuleo che tiene in ansia il ct Paulo Bento.

Da non sottovalutare sarà senza dubbio il Belgio. I ragazzini terribili guidati da Marc Wilmots possono essere la vera mina vagante del torneo: in rosa c’è quella che potrebbe essere considerata la meglio gioventù del calcio, dal portiere dell’Atletico Madrid Thibaut Courtois alla stella del Chelsea Eden Hazard, passando per gente del calibro di Vermaelen, Witsel, Kompany e l’attaccante Lukaku. I ‘Diables Rouges’, con la spensieratezza tipica dei giovani e con un gioco da grande squadra possono fare strada. Inoltre, c’è molta curiosità nel vedere la nuova Francia dello juventino Paul Pogba e l’attrezzata Colombia che punta sugli ‘italiani’ Yepes, Zapata,Zuniga, Guarin Cuadrado ed Ibarbo e sul possente centravanti del Porto Jackson Martinez.

Le vere sorprese potrebbero essere rappresentate dal Giappone di Alberto Zaccheroni e del milanista Honda e da un’africana tra il solito Ghana e la Costa d’Avorio di Gervinho e Drogba. Sotto osservazione anche la Bosnia, all’esordio assoluto, del romanista Pjanic e del granatiere del Manchester City Edin Dzeko.

Prandelli - Fonte ACF Fiorentina
Prandelli – Fonte ACF Fiorentina

Discorso a parte lo merita l’Italia. Gli azzurri arrivano alla rassegna iridata in un clima avvolto da dubbi,polemiche ma anche certezze he puntualmente aleggia intorno alla nazionale alla vigilia di una competizione internazionale. Ora starà a Cesare Prandelli sciogliere gli ultimi nodi tattici che ancora assillano la sua mente, per dare una fisionomia giusta ad una camaleontica Nazionale. Di sicuro il ct potrà puntare su alcuni punti fermi: dalla leadership di Buffon all’energia di De Rossi, dalla sapiente regia di Pirlo, da cui partiranno quasi tutte le trame azzurre, alla verve realizzativa di Mario Balotelli chiamato, ancora una volta, ad una grande prova per spazzare via le solite e anche eccessive pressioni che lo attanagliano di continuo, magari aiutato da un ispirato Cassano reduce da una brillante stagione col Parma. Sarà un’Italia più ‘verde’ con i giovani Verratti, Insigne e Immobile, capocannoniere dell’ultima stagione, pronti a sgomitare per trovare spazio. Il girone degli azzurri si prospetta rognoso, con un’Inghilterra piena zeppa di volti nuovi ed un ostico Uruguay che può contare sulla classe del trio Cavani – Forlan – Suarez (quest’ultimo reduce però da un’operazione al menisco), compresa la Costa Rica condannata al ruolo di cenerentola del raggruppamento. L’impressione è che per l’Italia conterà molto il fattore fisico e quello psicologico: la banda Prandelli ha tutte le carte in regola per disputare un ottimo torneo ed arrivare lontano, ma tutto dipenderà da quale binario intraprenderanno i magnifici 23.

I prossimi saranno i Mondiali dei grandi assenti: sono molte le stelle che purtroppo potranno gustarsi le partite dal proprio divano di casa, chi per un motivo, chi per un altro. Molti i grandi esclusi per scelta tecnica che fanno sentire involontariamente la loro mancanza con i tanti dibattiti scatenati dalle decisioni dei loro ct: dagli azzurri Mattia Destro e Giuseppe Rossi (senza dimenticare Domenico Criscito, neanche inserito nella lista dei 30), al francese Nasri e allo statunitense Donovan, miglior giocatore dei suoi, fino ad arrivare agli juventini Fernando Llorente e Carlos Tevez, lasciati a casa rispettivamente da Spagna e Argentina. Altri invece hanno dovuto fare i conti con dei malanni seri e con una condizione fisica precaria: la Colombia non potrà contare sui goal di Radamel Falcao, l’Olanda ha perso Strootman, mentre Gomez della Germania non è stato giudicato ‘pronto’ da mister Low. Ultimo a dire addio alla rassegna è stato Franck Ribery della Francia, che difficilmente vedremo in Russia nel 2018 (lui stesso ha dichiarato che non avrebbe partecipato). A restare fuori inoltre sono Gareth Bale e Zlatan Ibrahimovic che non sono riusciti a qualificarsi con Galles e Svezia. E dire però che Zlatan è stato invitato (ironicamente) lo stesso ad andare in Brasile….

Non si possono trascurare sicuramente le tante polemiche e le manifestazioni partite dalla gente brasiliana che ha fortemente contestato il governo per l’organizzazione dell’evento, costato complessivamente 14 miliardi di dollari. Il popolo, protagonista anche di scontri con le forze dell’ordine, contesta ai vertici carioca di aver trascurato le zone e le persone più povere del Paese spendendo invece buona parte dei soldi nella costruzione e ristrutturazione degli stadi, affiancati mestamente della celebri favelas, dove la situazione è precaria. In tal senso, i tanti incidenti sul lavoro (a volte con vittime) e ritardi sulla tabella di marcia hanno gettato ancor più ombre, senza contare l’elevato prezzo dei biglietti per le partite e quello degli alberghi e dei vari servizi lievitati magicamente con l’avvento dei tanti turisti.

Insomma, si può dire che i Mondiali brasiliani rappresentano una rassegna dai mille volti: quello dei favoriti, quello degli outisders, quello delle sorprese, dei campioni, dei gregari, dei grandi assenti, quello dei tifosi sempre in bilico tra la gioia e il dolore e quello di chi, per proprie ragioni, forse avrebbe voluto che la competizione si giocasse altrove. Ed ora, dopo le tante discussioni, la parola passa al campo e a tutto quello che succederà all’ombra del Cristo Redentore.

 

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Olivio Daniele Maggio

Originario di Francavilla Fontana, città dell'entroterra brindisino. Laureato in Scienze della Comunicazione e cresciuto praticamente a pane e calcio, coltiva molte aspirazioni tra cui quella di diventare giornalista professionista, ruolo che oscilla su un filo che divide il lavoro e la passione.

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