Napoli, il San Paolo vuole fischiare l’inno Nazionale ad Italia-Armenia: storia di un pericolo annunciato

Ancora un paio di settimane, poi la Nazionale azzurra guidata da Cesare Prandelli, già qualificata per i Mondiali in Brasile in virtù delle vittorie ottenute a settembre contro Bulgaria e Repubblica Ceca, sarà finalmente di scena al San Paolo di Napoli, dopo un’attesa lunga 7 anni.

Fonte immagine: Biser Todorov
Fonte immagine: Biser Todorov
L’ultima partita che l’Italia ha giocato a Fuorigrotta si disputò infatti nel 2006: Cannavaro & co. erano freschi reduci dal trionfo in Germania e la coppa del mondo fece anche il giro del rettangolo verde prima del match con la Lituania, illuminando gli occhi di molti napoletani che 16 anni prima, proprio nel tempio di Maradona, l’avevano vista sfuggire contro il loro stesso idolo.
Oggi quelle emozioni sembrano non esistere più. Il malcontento di una buona frangia dei napoletani nei confronti dell’identità nazionale si è acuito di molto negli ultimi tempi, e chiaro esempio se ne è ottenuto già in occasione della finale di Coppa Italia del 20 maggio 2012: contro gli acerrimi rivali della Juventus, a Roma, centinaia di sostenitori partenopei fischiarono l’inno di Mameli, dando prova del proprio livore anche con lo scopo di pubblicizzare lo stesso pure al di fuori dello Stivale.
Le ragioni del diffuso rancore napoletano verso il Bel Paese, ad ogni buon conto, non risiedono solo nelle classiche questioni razziali, comunque esecrabili: la discriminazione da parte del Nord, a volte prodottasi anche tramite figure politiche, si fonde con la denuncia dell’assenza delle istituzioni, facendo maturare all’ombra del Vesuvio un senso di riscatto dai tratti revanscisti, represso o inascoltato.
Il rischio che il 15 ottobre, in occasione di Italia-Armenia, i napoletani possano farsi sentire era già stato preconizzato; da più settimane, non a caso, messaggi sull’argomento hanno iniziato a circolare sul solito veicolo dei social network (clicca qui per leggere); “Pronti a concedere il bis di fischi all’inno” e “Via la Nazionale da Napoli” erano solo alcuni degli slogan più in voga e che stanno tornando in auge proprio in queste ore, tra i pochi che professano invece l’indifferenza.
Da oggi, infatti, è stata autorizzata la vendita dei biglietti per l’evento, caratterizzata tra l’altro da prezzi nemmeno troppo proibitivi, e che lasciano pensare così ad una buona affluenza per quella data. Su Facebook, quindi, è ricominciato subito il tam-tam mediatico che parla addirittura di un’organizzazione, da parte di alcuni settori, al fine di boicottare la Nazionale: non solo fischi all’inno, dunque, ma anche striscioni e bandiere inneggianti al Regno delle Due Sicilie ed al popolo borbonico, fra tricolori bruciati simbolicamente perché “il problema non è rinnegare l’Italia, ma chi l’amministra”, a dispetto di un’unità, comunque condannata da alcuni, in cui tanti napoletani non si riconoscono.
“Dobbiamo andare in 90.000 allo stadio per fischiare l’inno, non importa se la RAI toglierà l’audio, non importa se dobbiamo sorbirci un viaggio scomodo e pagare il biglietto per entrare, tanto siamo sempre stati sfruttati”, recita uno degli innumerevoli commenti che si possono trovare sui gruppi rivolti alla manifestazione, che stanno già raccogliendo diverse adesioni. Non importa se Prandelli si produrrà in uno dei suoi discorsi democratici, se Abete riempirà anzitempo di complimenti l’ambiente o se sul terreno di gioco l’uomo di casa, Lorenzo Insigne, farà divertire le platee: la patina di ghiaccio che ricopre il pubblico e la gente napoletana vuole essere sbertucciata per lanciare soffi di gelo a chi non l’ha mai patito.
E pensare che ci volle addirittura Maradona, che si erse a difesa dei suoi napoletani prima di quella famosa semifinale mondiale del ’90, per rivendicarne proprio l’italianità: “Io voglio solo il rispetto dei napoletani, non voglio il tifo, perché io e la mia Nazionale sappiamo che il napoletano è italiano, solo che gli italiani devono capire che il napoletano è anche italiano”. Un’esternazione che fu soggetta a diverse interpretazioni, anche a quella della mera ruffianeria; lo striscione “Maradona, Napoli ti ama, ma l’Italia è la nostra patria”, è comunque storia.
L’ipotesi che tanto malumore possa essere soverchiato dai veri tifosi dell’Italia non è in ogni caso da scartare. La paura che l’immagine della città di Napoli possa uscire malconcia da una cronaca eventualmente negativa è tanta, e comunque l’orgoglio nazionale è evidentemente ancora bello vivo anche in chi sostiene il Napoli. Ciò che accomuna le due scuole di pensiero resta sempre l’attaccamento alla propria terra.
Italia-Armenia è un’occasione troppo grande per l’esplosione del risentimento partenopeo. I media lo ignorano, ma sicuramente qualcuno non se la lascerà scappare.

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