Totti: “Il ritiro è l’unica ombra tra me e la Roma. Spalletti ha spinto per il mio addio”

Francesco Totti, eterno capitano della Roma di cui ora è dirigente, ha rilasciato un’intervista a ‘Il Venerdì di Repubblica’ con una sorta di anteprima del suo libro che uscirà tra qualche giorno con alcune dichiarazioni che saranno oggetto di discussione, in particolare sul tecnico Spalletti. Ecco alcuni estratti importanti.

Totti - Fonte immagine: Riccardo Cotumaccio
Totti – Fonte immagine: Riccardo Cotumaccio
“Avrei rovinato 25 anni di carriera, ho sempre detto che avrei indossato un’unica maglia. Sono uno di parola.”

Sul Milan pronto a prenderlo a 12 anni: “In quel caso il ‘No’ fu della mia famiglia. Sopratutto di mia madre. È vecchia maniera: apprensiva, possessiva. Papà lavorava fino a tardi, era sempre lei a starmi dietro. Non voleva che mi allontanassi. Mi voleva tutto per sé.”

Su quando ha ‘rosicato’ di più da giocatore: “Quando prendemmo un gol all’ultimo dallo Slavia Praga e non andammo in semifinale di UEFA. Poi qualche derby e la finale dell’Europeo persa con la Francia.”

Sugli Irriducibili della Curva Nord che gli hanno reso onore con lo striscione: “Ci può essere sempre il cretino che ti insulta o ti fa la battutaccia, ma quando li incontrò per strada, la maggior parte dei laziali sono sportivi, mi fanno i complimenti. E anche quelli delle altre tifoserie, se mi vedono in tribuna a Milano, Bergamo o Torino… e pensare che quando giocavo mi facevano a pezzi. Forse anche allora gli piacevo, ma non lo potevano dire”.

Sul fallaccio nei confronti di Balotelli, nella finale di Coppa Italia del 2010: “Erano anni che mi provocava, insultava me e i romani. Alla fine la cosa è esplosa. Fu un fallo orrendo, proprio per fargli male, ma i giocatori dell’Inter non mi assalirono. Mentre uscivo per l’espulsione Maicon mi diede il cinque. La sensazione è che anche tra i suoi compagni Balotelli creasse qualche irritazione.”

Sul ritiro: “Il ritiro non è stato un mio pensiero, ma una cosa voluta dalla società. È l’unica ombra che s’è creata tra me e la Roma. Perché un conto è decidere con la propria testa, un altro è farsi mettere i paletti da altri. Certo, mi rendo conto che finché stai lì non vorresti smettere. Ma non pretendevo di giocare 60-70 partite l’anno ma solo restare a disposizione. Comunque meglio smettere che restare senza mai alzarsi dalla panchina ”

Su Spalletti: “È quello che ha spinto di più. Con la società era una cosa sola.”

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