Esclusiva-Giacomo Losi: “Il Napoli ha qualcosa in più della Roma. Pallotta fuori dal calcio vero”

Per alcuni era “Palla di Gomma”, come lo ribattezzò il giornalista Maurizio Barendson, ma per molti altri, soprattutto i tifosi giallorossi, non poteva che essere “Core de Roma”, data la sua strenua irriducibilità sul terreno di gioco. Si tratta di Giacomo Losi, storico simbolo della Roma, tanto da essere stato inserito tra i primi 11 giocatori nella “hall of fame” del club. Losi ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando con noi della squadra gestita oggi da Spalletti e non solo, buttando un occhio anche sul proprio passato.

Giacomo Losi - Fonte immagine: Riccardo Cotumaccio
Giacomo Losi – Fonte immagine: Riccardo Cotumaccio
L’ex capitano della Roma Giannini ci ha rivelato di non credere più alle dichiarazioni dei calciatori (clicca qui per leggere), considerando trasferimenti inaspettati come quello di Pjanic: Lei cosa pensa in merito?
Mah… oggi ci sono molti più segreti di prima, prima non c’erano tutti questi segreti. Giocatori che facevano comodo alla squadra difficilmente venivano ceduti, no? Oggi invece, purtroppo, con i soldi che girano è facile che un giocatore non rimanga molto tempo nella stessa società se è bravo, perché la società ha bisogno di soldi e cede ad altre società e questo non è molto bello. Una volta ci stavano più squadre rappresentative: difficilmente uno che era molto bravo veniva ceduto. Oggi invece con facilità si vendono giocatori anche molto bravi per far soldi, diciamo così.
 
Lei ha vissuto prevalentemente una vita da terzino, un ruolo in cui difficilmente si trovano giocatori validi al giorno d’oggi, tanto che sia nella Roma sia in Nazionale viene adattato Florenzi. C’è qualche italiano che Le piace oggi sulle fasce e che consiglierebbe anche per l’azzurro?
Florenzi è uno che mi piace, per esempio: generoso, non si risparmia, la fascia la fa molto bene. Meno come difensore, più come attaccante, però è un giocatore molto valido anche quando c’è da difendersi. Come terzino puro gli manca un po’ di fisicità, poi non è tecnicamente un difensore. Io per esempio, che mi adattavo a giocare sia stopper, sia terzino, sia libero, ho giocato in tutti i ruoli difensivi, mi adattavo di più, ma avevo anche un fisico diverso, invece lui se lo fai andare sulla fascia è molto bravo, ma dietro non lo vedo un grande difensore. Per i terzini italiani e quindi per la Nazionale dipende dal tecnico, che fa delle scelte: è lui che deve guardare quello che gli serve, come far giocare la squadra, se gli serve più un difensore difensivo che attaccante, diciamo così. Chiellini, ad esempio, è un difensore, non so se mi spiego; non puoi farlo giocare in avanti, è uno che si sente che dietro ha un peso. Oggi i difensori non sono più come una volta che non passavano mai il centrocampo e difficilmente andavano avanti, perché erano obbligati a guardare il loro avversario fisso, invece adesso il gioco è cambiato e se si deve giocare anche per il centrocampo o l’attacco si va.
 
Sul finale della Sua carriera ha cambiato posizione diventando libero: è lo stesso destino che spetta a De Rossi, sulle orme di Matthaus?
Beh, De Rossi è capace a fare il libero. Gioca davanti alla difesa adesso, però potrebbe farlo anche dietro perché ha la mentalità di prendere quella posizione, perché è tutta una questione di mentalità lì poi, eh! Uno riesce a trattenersi in un certo ruolo e un altro non ce la fa. Invece De Rossi è un tipo che può fare anche quello.
 
Lei ha conosciuto un’epoca storica molto diversa da quella di oggi, tanto che ha partecipato anche alla seconda guerra mondiale. Data la sua esperienza, quali sono i primi consigli che Le verrebbe da dare a talenti un po’ scapestrati come Cassano e Balotelli che nel bene o nel male non riescono mai ad esprimersi del tutto?
Eh, quando si parla di certi caratteri è difficile dare consigli. Balotelli potrebbe essere un grandissimo giocatore, poteva essere grandissimo anche Cassano, ma son tipi particolari, che hanno un carattere molto particolare, che si lasciano magari prendere dall’entusiasmo di essere grandi giocatori, poi magari commettono degli errori perché purtroppo mettono in evidenza le loro qualità personali e questo non devono farlo. Devono essere un po’ più umili.
 
Lei è d’accordo con la riconferma di Dzeko in giallorosso, considerandone il rendimento altalenante?
Questo deve essere il mister a deciderlo. Comunque è un giocatore che noi pensavamo che desse molto di più. Parliamoci chiaro: tutti quanti, no? Io come tifoso, ma anche come tecnico mi sarebbe piaciuto vederlo come uno che faceva i goal, noi pensavamo che fosse un goleador, invece purtroppo ha difficoltà a crearsi le palle-goal e quando le crea magari le sbaglia. Forse non ha la mentalità giusta per fare quel ruolo.
 
Ad oggi la Roma non ha ancora un vero vice-Dzeko: crede serva un rinforzo o è d’accordo anche Lei con l’accezione “spallettiana” di “sistema di gioco” come alternativa al bosniaco?
Spalletti è molto avveduto su queste cose. Mi auguro che faccia le scelte giuste e che trovi i giocatori che si adattino e occorrano per quel tipo di discorso in campo. Dipende molto dall’allenatore, è lui che deve decidere.
 
A Roma si parla ancora di una tensione tra Totti e Spalletti: crede sia per questo che il capitano gioca poco o è solo un’esagerazione mediatica?
Io penso che sia un’esagerazione mediatica perché non penso che si possa fare a meno di Totti. Se sta bene ed è in condizione, Totti deve essere lui a decidere di giocare o meno e io penso che Spalletti lo sappia, però deve star bene: se c’è qualcosa che non va si vede nella settimana dell’allenamento, poi l’allenatore deciderà se farlo giocare o meno, ma io penso che Francesco sia troppo intelligente e avveduto su queste cose, cioè, se è in condizione di giocare gioca.
 
Cosa l’ha ferita di più in Roma-Porto tra l’ennesimo colpo di testa di De Rossi ed il mancato addio alla Champions di Totti?
Mi dispiace per De Rossi perché ogni volta che succede qualcosa si fa prendere dalla foga e fa delle cose non da lui, perché da lui mi aspetto molto di più anche dal comportamento, che deve essere costante, no? Lui è un grande giocatore, però molte volte cade in certi errori che un grande giocatore come lui non deve fare.
 
Che cos’ha di più e che cos’ha di meno la Roma rispetto al Napoli per gareggiare con la Juventus?
Mah, di meno forse è che i giallorossi devono crearsi una mentalità diversa. Secondo me molte volte vanno in campo troppo “soft”, diciamo così: pensano di aver già vinto la partita ed invece le partite si devono giocare 90 minuti, sempre al massimo delle possibilità, senza lasciare il gioco agli avversari magari con molta facilità. Anche con le piccole squadre – chiamiamole “piccole squadre” anche se oggi non esistono più, perché tutti son preparati a giocare un calcio abbastanza importante – molte volte cadono in questo errore e così buttano via anche dei punti e delle partite che potrebbero stravincere. Il Napoli mi sembra che abbia qualcosina di più, perché ha un attacco importante. Mi dispiace per il Napoli che Higuain sia andato alla Juventus, perché avanti risolveva tutte le partite. Parliamoci chiaro: Higuain, insomma, fa reparto da solo, è uno che fa la differenza. Oggi c’è Milik, ma Higuain è ineguagliabile in quel ruolo.
 
Lei è sempre stato diretto con i suoi presidenti; ricordiamo ad esempio l’episodio con il “signor Sacco” dell’Alessandria (clicca qui per leggere). Una frase che dedicherebbe oggi a Pallotta?
Non so se come presidente potrà portare dei giudizi all’allenatore o avere lui la parola che servirà per certe cose, perché lo vedo un po’ troppo fuori dal calcio vero. Mi sembra un presidente tranquillo che lascia lavorare i suoi uomini senza intervenire mai, senza rilevare quello che potrebbe pretendere, insomma, perché la Roma è stata creata per vincere qualcosa, invece purtroppo fino ad adesso non ce la fa.
 
Tra i calciatori di oggi, in chi si rivede Giacomo Losi?
Eh, è un po’ difficile trovare uno come me. Come caratteristiche non saprei dire. C’è stato qualcuno che mi ha assomigliato molto e non giocava male nella Roma, adesso non mi vengono neanche i nomi… però difficilmente davano tutto quello che avevano come facevo io in campo, io non mi tiravo mai indietro anche quando stavo male: giocavo e non dicevo che avevo male. Queste cose qua adesso non succedono più. Anche se avevo dei dolori alla gamba non dicevo niente pur di restare in campo e non lasciare la squadra in dieci, anche perché allora non c’era neanche la panchina. Giocatori così adesso difficilmente si trovano.
 
Per concludere, un ricordo di Cesare Maldini, col quale ha condiviso la spedizione mondiale in Cile nel ’62.
Cesare era un ragazzo d’oro, troppo buono secondo me! Era un grande giocatore, però era troppo signore in campo. Qualche volta doveva essere un po’ più deciso, non so se mi spiego.
 
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