Esclusiva-Sandro Mazzola: “Prematuro giudicare l’Inter adesso. Totti ai Mondiali dimostrazione di italianità”

Ancora oggi viene ricordato come uno degli attaccanti più importanti della storia del calcio italiano. Si tratta di Sandro Mazzola, simbolo indiscusso dell’Inter e tra gli unici campioni d’Europa con la Nazionale nel ’68, che ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine.it parlando con noi dell’attuale situazione nerazzurra, delle big del campionato e dell’Italia di Prandelli.

Fonte immagine: Francesco Facchini, Youtube
Fonte immagine: Francesco Facchini, Youtube

Cosa pensa dell’attuale momento storico dell’Inter?
Prima di dare un giudizio credo che bisognerà aspettare almeno la fine di questa stagione calcistica, perché è una proprietà nuova, straniera, quindi dare giudizi adesso sarebbe prematuro, secondo me.
 
Secondo lei qual è stato l’errore che ha portato alla fine del ciclo di vittorie dopo il Triplete?
Probabilmente un errore che avrebbero fatto tutti: quello di cambiare, di non cedere quei 3-4 giocatori che avevano fatto grandi cose, ma che erano in fase calante per l’età, naturalmente; quindi aver subito un po’ il loro appannamento.
 
Lei crede che questa Roma sia già più forte del Napoli o l’anno prossimo, con gli impegni in coppa per entrambe, si noterà la vera differenza?
Questo non lo so. Come gioca la Roma mi piace, però credo che il Napoli in questo momento sia un passo avanti.
 
Soprattutto negli ultimi tempi si parla di errori arbitrali a favore della Juventus: lei ritiene che questo campionato sia già condizionato nella classifica?
Mah, non credo, non credo. Sono cose che vengono fuori sempre ad un certo punto, ma io penso che oggi arbitrare è diventato molto più difficile, perché il gioco è molto più veloce, i giocatori sono più veloci, più agili, più furbi nel farsi fare i falli ecc. ecc., però io credo che alla fine non saranno gli arbitri a decidere. Saranno le squadre.
 
Passiamo ora alla Nazionale: che effetto fa, dopo 46 anni, ad essere ancora tra gli unici campioni d’Europa con la maglia azzurra?
Qualche tempo fa ci son rimasto perché non mi ero mai fatto questo conto. Comunque vuol dire che un pochino di storia l’abbiamo fatta. E poi è diventato tutto un pochino più difficile, forse, non lo so. Oggi ci sono molti stranieri nel nostro campionato e quindi di giocatori italiani ce ne sono meno ed è più difficile andarli a cercare per l’allenatore. E’ tutto un altro mondo, non si possono fare confronti.
 
Si parla spesso di un possibile ritorno di Totti in Nazionale, ma secondo lei perché il capitano della Roma dovrebbe accettare di andare in Brasile dopo aver rifiutato di partecipare ai Mondiali in Sudafrica di 4 anni fa?
Non so perché, so che secondo me Totti è il calcio, quindi a me farebbe piacere se ci andasse. Sarebbe una dimostrazione di italianità che in un momento come questo, con tutto quello che succede nel nostro Paese, sarebbe molto importante, nonché la dimostrazione di essere un personaggio molto particolare e molto attento a quello che succede non solo nel mondo del calcio.
 
Con Marchetti fuori causa nella Lazio, attualmente all’Italia manca un portiere: lei chi promuoverebbe oltre a Buffon e Sirigu?
Forse andrei sull’anziano, De Sanctis, ma dato il suo addio a quel punto proverei ad andare su un giovane. Ce ne sono due o tre bravi: c’è un ex Inter che è abbastanza bravo, Bardi. E’ che adesso è difficile anche trovare i portieri, son quasi tutti stranieri. Mirante mi piace, ma anche Perin non è male. Scuffet è molto giovane secondo me; mi pare molto interessante, però, insomma, è ancora un po’ giovane.
 
A proposito di giovani: secondo lei, che è stato un grande attaccante, non sarebbe un po’ rischioso affrontare eventualmente i Mondiali con tanti giovani come Insigne, Immobile, Destro e Florenzi che solo da un anno giocano ad alti livelli?
Secondo me non è un rischio. E’ gente che sa giocare a calcio. Oggi è più difficile di una volta arrivare a certi livelli con la concorrenza di tanti stranieri, per cui secondo me non è un rischio nel modo più assoluto. E’ gente che sa giocare a pallone, gente valida.
 
Rispetto ai suoi tempi, quanto è cambiato il rapporto tra i tifosi e i calciatori? Secondo lei questi ultimi non sono un po’ troppo mitizzati, divinizzati nell’epoca contemporanea?
Fa parte del mondo di oggi, però, insomma, non mi sembra così. Una volta, mi ricordo, che al di là dei battibecchi si arrivava allo stadio di San Siro, il pullman si fermava fuori, si passava in mezzo alla gente, c’erano le battute, la pacca sulla spalla. E’ chiaro che parliamo di mondi diversi: il calcio fa parte di questo mondo, oggi questo mondo è cambiato e i giocatori di oggi sono cambiati anche loro.
 
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