Franco Baldini: “Luis Enrique ha dato un’identità alla Roma. E’ stato bravissimo”

Il dg della Roma, Franco Baldini, ha parlato ai microfoni di Roma Channel:

Fonte immagine: flickr.com - Great grey owl

Finalmente un momento positivo, anche dopo la vittoria di Napoli.
“Il risultato ha questa facoltà magica di dare la percezione dei fatti che avvengono con tutta un’altra prospettiva, indipendentemente dal fatto di aver condotto più o meno bene la partita. Anche nei momenti in cui il risultato non è arrivato, come Udine o Firenze, comunque la squadra ha mostrato una propria identità”.

E’ vero che Luis Enrique si sia italianizzato?
“Bisogna anche capire cosa si intenda per “italianizzare”, sta giocando nello stesso modo di prima. La qualità degli interpreti cambia e anche quindi il modo di giocare. Contro Juve e Napoli abbiamo avuto meno possesso palla anche perché sono due squadre molto forti. La proposta di Luis Enrique è rimasta sempre la stessa, poi è chiaro che anche lui sta facendo un percorso personale di crescita, andando anche al di là di quelle che potevano essere le aspettative”.

Cosa ha provato arrivando qui?
“Il primo istinto è stato di sopravvivenza, sentivo una nostalgia per quello che era stato il passato. Allora mi sono concentrato su tutti i problemi che bisognava risolvere e quando vinci sembra che vada tutto bene mentre non è sempre così. Si è troppo vincolati ai risultati”.

Il giorno della sua conferenza stampa di presentazione venne il diluvio universale
“Forse solo una pioggia che laverà via tutto quello che non doveva esserci più”.

La conferenza stampa?
“Ero nervosissimo, avrei voluto non esserci. Ho sempre pensato fosse meglio iniziare a fare qualcosa che a parlare. Gli obblighi di rappresentanza costringono a parlare più di quanto vorrei. Ci sono tante cose da fare e fare promesse sembra uno spot elettorale e questa cosa non mi piace tanto. Per ruolo e per dovere mi presto però alcune cose, magari anche piccole, sono state già fatte: come l’iniziative sui biglietti, l’e-commerce, i botteghini allo stadio, tante piccole cose che vanno nella direzione che vogliamo”.

Tutte iniziative verso il tifoso
“Lo scopo è proprio di rendere più fruibile la partita di calcio. Andare negli stadi e vedere tifosi di squadre diverse fare anche la stessa fila indossando maglie diverse è bello, poi ovviamente gli sfottò allo stadio sono normali. Ci piacerebbe che venisse vissuta diversamente la partita”.

Perché è tornato a Roma?
“Ho fatto quello che volevo fare, non vale nemmeno la pena di cercare altri motivi. Sono dove volevo essere”.

Qual è la soddisfazione di essere stato dirigente di un grande club e di una grande federazione?
“Sono stato anche fortunato. Ho avuto una soddisfazione a livello personale, ho visto un calcio diverso”.

Quali sono stati i momenti più belli e quelli più brutti?
“Il tecnico Fabio Capello rischiò di essere esonerato e poi vincemmo lo scudetto e quello fu il momento più alto mentre con l’Inghilterra è stata una grande soddisfazione la qualificazione agli Europei senza sconfitte. Brucia ancora l’eliminazione con la Germania agli ottavi del Mondiale”.

Capello e Luis Enrique, allenatori diversi…
“Capello è un allenatore di un carisma ed esperienza straordinaria ma è abituato a lavorare con squadre già formate, qui invece stiamo costruendo tutto dal basso, inserendo un po’ di sangue fresco, cercando anche di dare un gioco godibile. Si è cercato di costruire qualcosa di attraente, magari non subito a livello di risultato, ma intanto dando un gioco offensivo con un’idendità ben definita, migliorandola poi nel tempo per renderla anche vincente”.

Capello ha detto che non allenerà mai in Italia, ci crede?
“Ha rifiutato tante proposte, anche di recente. Poi, come dice Luis Enrique, mai dire mai. Anche io credevo che non sarei più tornato a Roma”.

Com’è andata in Inghilterra?
“Molto bene, tant’è che mi è stato chiesto perché io sia tornato qui dove le cose sono più complicate. Qui o tutto è brutto brutto o è bello bello, altrove le emozioni sono più livellate”.

Roma ti assorbe completamente, non pensa ad altro?
“Roma ti devasta. Anche quando potresti rilassarti un attimo ci pensano i ragazzi dell’Ufficio Stampa a riportarmi ciò che accade, a Londra avevo ovviamente più tempo libero”.

Shakespeare diceva: “presta l’orecchio a molti, a pochi la tua voce”
“Ho prestato l’orecchio ma non me l’hanno più reso. Sono rimasto troppo sordo a certe situazioni. E’ più facile gestire gli elogi mentre le critiche è più difficile. Le critiche sono temi di confronto alle quali confrontarsi, soprattutto quando portate con onestà intellettuale”.

Come ha trovato il calcio italiano?
“Ancora non ho un’idea ben chiara, a breve parteciperò nuovamente alle assemblee di Lega, per ora sto facendo una vita più di club però negli stadi dove siamo andati la Roma è trattata bene. Forse siamo accolti con simpatia anche peché non facciamo ancora paura (ride, ndr) ma anche perché proproniamo comprotamenti che vengono rimarcati, per esempio non parlando mai di arbitri”.

Rivoluzione culturale?
“No, no, è solo l’attuazione di alcuni comportamenti che spero porteranno ad un calcio depolemizzato, meno polemiche e più serenità, magari un giorno si andrà allo stadio come si va alla sagra paesana. Se riusciamo a rendere lo stadio un posto dove non c’è pericolo, polemica, poi tutti si adatteranno. Non bisogna fare proclami, basta fare piccoli passi. Anche lo Sportello del Tifoso va in questa direzione, chiediamo ai tifosi cosa dovremmo migliorare”.

Nella conferenza stampa di presentazione nessuno ti ha chiesto cosa tu abbia provato quando è scomparso Franco Sensi
“Sono venuto subito a Roma. Tutto ciò che ho fatto, nel bene e nel male, è merito suo, non pensavo prima di poter diventare un dirigente. Prima facevo l’agente, i primi affari furono Paulo Sergio e Konsel portati a Roma e lui mi coinvolse sempre di più e accettai poi di lavorare solo con lui. Mi sono poi aggiornato, ho studiato per diventare dirigente. Ho ricordi meravigliosi di lui, di alcuni nostri pranzi io e lui a Torvajanica e Fiumicino”.

Non le piace parlare di Calciopoli, non le piace stravincere?
“Quello che ne esce meglio perde solo meno degli altri, nessuno ha vinto”.

La nuova società: poche parole e molti fatti?
“E’ stato uno dei motivi per cui ho accettato”.

Dal nuovo Cda Pallotta ha avuto un peso maggiore
“E’ stato un naturale svolgimento di quello che il tema iniziale. Non è vero che DiBenedetto non andasse più bene, lui si è fatto carico di mettere assieme tutte quelle persone che stanno facendo la Roma, ha fatto da collante. Lui è ancora il presidente, ricordiamolo, poi era previsto che altri soci venissero fuori, come ha fatto Pallotta”.

Normalità
“Dovremo far sentire una partita come un evento bello ma normale e questo porterà anche a non doversi preparare in maniera eccezionale, schierando un numero imponente di Forze dell’Ordine”.

In un’intervista doppia con Alessandro Moggi lei parlò di Totti come del giocatore più forte in attività
“Quando parlavo di onestà intellettuale nel muovere le critiche parlavo anche di queste cose. Che io possa essere tacciato di non essere ammirato dal talento, quindi anche da Totti, è assurdo. Sono stato tre volte a cena con Cassano e, nonostante ciò, l’ho comprato (ride, ndr)”.

Lei ha conosciuto Gerrard e Lampard, dove colloca De Rossi?
“Io sono attratto da Rooney, ho una debolezza verso il talento, verso quei giocatori che fanno dell’istinto, la genialià, la loro caratteristica. Stiamo parlando dei Totti e compagnia bella. Detto questo, Daniele ha una versatilità diversa dagli altri, e lo abbiamo visto contro la Juve. Lui può essere una mezzala, un difensore centrale oltre a quello che è il suo ruolo naturale, davanti alla difesa. Gerrard l’ho visto giocare solo in quella posizione”.

Il contratto di De Rossi?
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere (ride, ndr)”.

Il dg conclude augurando “buon Natale a tutti i tifosi, alle famiglie, che noi riteniamo molto importanti tant’è che abbiamo dedicato un settore dello stadio solo alle famiglie”.

FONTE: vocegiallorossa.it

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