Giovinco a tutto tondo: “Conte? Contento per me. Montella mi voleva con lui”

Passato, presente, futuro: Sebastian Giovinco rilascia un’intervista alla Gazzetta dello Sport in cui parla di sé a tutto tondo.

Giovinco Juventus
Sebastian Giovinco
Foto di Валерий Дудуш – Wikipedia

Il trasferimento in Canada, il rapporto con Conte e Allegri dopo sono solo due dei temi trattati. Queste le sue parole: “Per quanto riguarda il Toronto, è stato un colpo di fulmine. Dal giorno in cui Andrea D’Amico mi ha prospettato l’interesse sono passate 48 ore e il manager del Toronto, Tim Bezbatchenko, è volato a Torino per conoscermi. Ci siamo piaciuti subito. Mi hanno conquistato regalandomi la loro maglia col 10: il numero che alla Juve non ho avuto mai. Il pranzo è durato un’ora. Di soldi non s’è parlato. Ho scelto prima di conoscere le cifre. Ma non sono stupito: è solo il loro primo investimento. Ho deciso subito, pianificando con i miei. Le novità mi entusiasmano. Il rinnovo era vicino, poi cala il silenzio con me mentre il club fa sapere ai miei agenti che il nuovo tecnico ha altre idee. Allegri non mi ha detto nulla. Mai. E’ un tecnico bravo, i risultati sono con lui. Ma ciascuno ha i suoi metodi. Conte l’ho chiamato e mi ha fatto piacere che abbia condiviso il mio passo. Sia chiaro: non gli ho chiesto nulla della Nazionale né lui mi ha fatto promesse. Chissà, magari in Canada un giorno verrà anche lui… Sono concentrato. Non è mai facile, da nessuna parte. Ma sarei felice di meritarmi l’azzurro. Solo chi è invidioso può pensare che ho fallito in Italia. Ho vinto 2 scudetti e mezzo, oltre a 2 Supercoppe. Avrei potuto fare di più, ma s’è creata un’aria strana. Dopo un po’ sono stato accusato di segnare solo gol non decisivi: un marchio ossessionante. Alvaro Morata è forte, farà strada. Mi fa piacere che almeno a lui siano evitati certi trattamenti. Rimpianti? A un certo punto ho privilegiato gli altri. Più assist che gol: non bene. Poi mancava la fiducia, nonostante le attenzioni di Conte. Non mi hanno più fatto tirare le punizioni e i gol sono calati. Ho salutato i miei compagni di fretta. Con De Ceglie e Marchisio  c’è sempre stato un buon rapporto, ma alla Juve la prima regola è che si deve pensare a se stessi. Tevez ha dato un apporto notevole: con lui e gli altri sudamericani ho legato molto, tanto che i compagni italiani mi chiamavano ‘il boliviano’. Poi Pogba: è fortissimo, simpatico e alla mano. Se la Juve resta così non deve porsi limiti. Del Piero? Alex come compagno è stato professionale. Ma il paragone ha pesato. Siamo diversi per caratteristiche e non mi sono mai paragonato a lui. Eppure certe etichette è difficile toglierle. Montella, a Firenze, a fine gara, mi chiese se ero pronto a seguirlo. Io dissi sì perché mi piace il suo gioco, ma il club non ha mai fatto un’offerta. Il primo video di saluti mi ha procurato degli sfottò, ma è solo l’inizio. Fa parte della sfida. A Toronto ci sono soprattutto siciliani e calabresi, come mio padre e mia madre. Sono orgoglioso delle radici anche se sono nato a Torino. Mi sentirò a casa. Ora darò tutto per il Toronto. Ringrazio tutti alla Juve per questi miei anni comunque belli, ma ora è importante per me pensare al futuro. Dell’Italia non avrò nostalgia delle moviole e delle polemiche sugli arbitri. Qui mi confronterò con i Gerrard o i Lampard. Leggo anche di  Di Natale a New York, sarebbe bello sfidarlo.

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