Juventus, aneddoti in salsa francese: Zidane e Platini parlano del loro passato bianconero

Il giornale So Foot, mensile francese dedicato al calcio, in occasione del suo decennale si regala una doppia intervista con due vecchie glorie della Juventus: Zinedine Zidane e Michel Platini.

 

Zidane Fonte foto. Wikipedia - Who's in Zidane's corner David Ruddell modified by SuperManu
Zidane Fonte foto. Wikipedia – Who’s in Zidane’s corner David Ruddell modified by SuperManu

Zidane parla dei suoi trascorsi alla Juve, soprattutto gli inizi con l’incontro di una cultura diversa: “Nello spogliatoio della Juve c’era un po’ di nonnismo. All’epoca portavo i calzini marca Achile, corti e appariscenti. Bene, ho scoperto che in Italia i calzini non devono mai essere corti o colorati. Alla fine di un allenamento li ho trovati tagliati a strisce e incollati sul mio armadietto. Mi hanno detto che i calzini, rigorosamente a tinta unita, si portavano a metà polpaccio. Non ho mai più indossato calzini Achile. Ma io  – aggiunge Zizou – ero anche quello che tagliava la pastasciutta, senza sapere che commettevo un grosso errore. Mi hanno fatto a pezzi! Tutto giusto, è così che si apprende la cultura di un paese“. E di certo non era un festaiolo, come molti giocatori di oggi: “Tutte le sere, verso le 19, ero in pigiama e mi sembrava normale. Ecco come era la mia vita a Torino“.
Zidane regala una chicca, conferma di una voce circolata tempo fa sulle scorribande sue e di un suo vecchio compagno di squadra. “Non è una leggenda – dice Zinedine – la storia che vuole che io mettessi un cappellaccio da pescatore per andare a giocare con gli immigrati, anche se l’ho fatto soltanto un paio di volte. A spingermi era il mio compagno di squadra Edgar Davids. Lui ci andava matto, lo faceva molto spesso: prendeva la macchina e quando vedeva qualcuno giocare in un parcheggio si fermava per aggregarsi. Mi diceva sempre: ‘E’ per loro che dobbiamo giocare, sono queste le partite importanti‘. E io gli dicevo: ‘Ok, ma abbiamo gli allenamenti, apparteniamo a un club di alto livello, non possiamo rischiare di infortunarci’. Allo stesso tempo, però, lo ammiravo, perché era in grado di fare delle cose del genere“.
In chiusura, anche alcune affermazioni sulla sua condizione fisica di quando giocava con la divisa bianconera: “Deschamps vi ha detto che il preparatore atletico della Juventus, Ventrone, mi prendeva in giro perché ero senza pettorali? Se mi vedete a torso nudo oggi, c’è ancora da ridere. Non ho mai avuto dei bei pettorali, e credo che non li avrò mai. Poco grave, comunque, a calcio non si gioca con i pettorali. Nel 2006 qualcuno parlò di doping? Cavolate: non mi sono mai dopato, sono sempre stato molto chiaro in merito. E ho sempre fatto in modo di non alimentare certe voci“.
Molte cose interessanti sono uscite anche dalle domande fatte a Platini, che rivela subito come “ogni volta che la Juve perdeva oppure pareggiava, era colpa mia e di Boniek“. Particolare è stata la sua amicizia con l’avvocato Agnelli: “Il mio rapporto con Gianni Agnelli non aveva nulla a che vedere con il calcio. E’ stato lui a volermi alla Juve, e siccome ero molto forte ha dimostrato a tutta Italia che lui conosceva il calcio. Diceva: ‘Vedete, quando scelgo qualcuno…’. Si è potuto dare delle arie (ride). All’epoca le squadre avevano al massimo due stranieri, e non quaranta, dunque rappresentavamo una scelta importante. Noi due amici? Non è facile una relazione tra una persona di 27 anni e un’altra di 60. Io avevo gran rispetto per lui, e poi insieme parlavamo francese. A Torino gli italiani mi hanno sempre preso per un aristocratico, mentre Boniek rappresentava il popolo. Perché per gli italiani la Polonia è morta di fame, mentre la Francia è arrogante (ride di nuovo). Quindi era normale che l’Avvocato stesse bene con me, perché era anche lui un aristocratico” (ride ancora).
E a chi chiede a Le Roi chi è stato più forte tra lui e Zizou risponde: “Ma chi se ne frega? Pelè, Maradona e Messi si sviscerano per sapere chi è il più forte, ma è una contesa molto sudamericana. Gli olandesi, i tedeschi e gli inglesi, che pure sono tutti pazzi per il calcio, stanno alla larga da certi raffronti. Non c’è mai stato un grande dibattito tra Cruijff e Beckenbauer per sapere chi è stato il miglior giocatore del mondo“.

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