Juventus, Pirlo sulla finale di Istanbul: “Ho pensato di smettere, quella partita mi ha svuotato”

Andrea Pirlo, calciatore della Juventus si è raccontato oggi in una lunga intervista al Daily Mail.

Flickr.com-calciostreaming
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Il calciatore ha parlato di molteplici argomenti, partendo dal cucchiaio rifilato a Hart nella sfida contro l’Inghilterra: “Non ho fatto come Totti nel 2000 contro l’Olanda. In quell’occasione Francesco disse prima a Maldini di voler fare il cucchiaio. Io invece decisi di farlo all’ultimo secondo, Hart continuava a muoversi e allora decisi di fare quel gesto, niente di premeditato”.

Pirlo ha poi proseguito parlando della sciagurata finale di Istanbul: “Vi dico la verità, ho pensato anche di smettere dopo quella partita. Non riuscivamo a capire come avevamo potuto perdere quella partita, il ricordo ci soffocava e tormentava. Dopo la fine eravamo negli spogliatoi: fermi, immobili, senza fiatare. Anche in seguito abbiamo impiegato un po’ a riprenderci. Soffrivamo di insonnia, di depressione, eravamo malati: l’avevamo rinominata la sindrome di Istanbul. Non avevo il coraggio di guardarmi allo specchio, avrei voluto sputarmi in faccia. Pensavo che l’unica soluzione potesse essere smettere col calcio. Ma c’era ancora una partita di campionato da giocare (con l’Udinese): fu la partita della vergogna. Continuavamo a pensare a Dudek e ai giocatori del Liverpool, fu terribile.”

Il metronomo della Juventus e della Nazionale, ha poi parlato della sua avventura all’Inter: “Ho giocato molto nella mia prima stagione all’Inter. Il pre-campionato andò molto bene e Simoni mi concesse molto tempo, sia da titolare che come prima riserva. Poi arrivò Lucescu che diede più spazio ai giocatori più esperti, in seguito Castellini, subentrato al rumeno, riteneva che io fossi ok, mentre Hodgson storpiava il mio nome: mi chiamava Pirla, forse leggendo meglio di altri allenatori la mia vera natura. In quell’anno cambiammo quattro allenatori. Mi svegliavo la mattina e non mi ricordavo chi fosse allenatore.”

Pirlo ha parlato poi del suo mancato approdo al Chelsea: “Avevo sentito a lungo Ancelotti: un amico, un maestro una sorta di padre per me. Mi voleva al Chelsea, e io ero attratto da quella prospettiva. Mi chiamò Berlusconi che mi disse che avevano appena acquistato un grande giocatore: Huntelaar. Mi disse che l’olandese era un ottimo giocatore, che il Milan aveva ambizioso e che io da senatore non potevo abbandonare la barca dopo l’addio di Kakà. Il Milan però voleva molti soldi per il mio cartellino, il Chelsea provò a inserire anche Ivanovic ma non riuscì a convincere il club. Andai ancora da Berlusconi e gli dissi che il Chelsea mi offriva un contratto da 5 milioni di euro a stagione per quattro anni: oltre ai soldi mi interessava molto la durata del nuovo contratto, visto che il mio al Milan sarebbe scaduto a breve. Berlusconi mi rassicurò che non era un problema, che avrebbe detto a Galliani di offrirmi lo stesso. Nel 2011, lo sapete tutti, andai gratis alla Juventus.”

Infine ha chiuso parlando di Balotelli: “Mario è un simbolo, è la medicina contro il razzismo in Italia. Fortunatamente sono solo un piccolo branco di persone. Ma ogni volta che vedo Mario gli sorrido, proprio per ricordargli che io sarò sempre al suo fianco in questa lotta.”

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