Juventus, Pogba si racconta: “Cerco di capire le mie radici, da dove vengo”

Paul Pogba è il futuro del mondo del calcio.

Pogba
Fonte: flickr.com Autore: calciostreaming

A 20 anni ha già militato in 3 diverse realtà calcistiche: Francia, Inghilterra ed Italia. Attualmente è alla sua seconda stagione alla Juventus. Domenica sera avrà un derby tutto francese con Garcia nel big match che vedrà sfidarsi Juventus e Roma. Paul è il più piccolo di 3 fratelli. È nato in Francia a differenza dei suoi due fratelli gemelli (classe ’90) che sono invece nati in Guinea. Anche loro calciatori. Il centrocampista si è concesso a La Repubblica parlando di sé a 360°: “Florentin, più estroso, gioca difensore nel  Saint-Étienne. Mathias, più maturo, invece è attaccante nel Crewe Alexandra, terza serie inglese. Tutti e due sono nazionali della Guinea. Antoine, mio padre, voleva fare il calciatore, poi l’allenatore, a lui dobbiamo la spinta verso il pallone. Sono cresciuto guardando videocassette: non solo Pelè e Maradona, ma anche Papin. Volevo avere la sua forza, la sua aggressività. Gioco bene anche a ping-pong, difficile che in ritiro con la Francia qualcuno mi batta, anche se Lloris, Clichy e Gignac sono a mio livello. Ci tengo a dire che la mia famiglia ha sempre insistito sugli studi e che a scuola non ero un campione, ma nemmeno un asino”. Sul Mondiale di Francia ’98: “Avevo cinque anni, ma la Francia campione del mondo che batteva il Brasile ha cambiato tutto il mio immaginario. Stavolta i migliori eravamo noi. Volevo essere Henry, Zidane, anche se il mio mito era Ronaldo, che quando segnava alzava il ditino. Mi piaceva perché dava l’impressione di poter fare tutto. Ho ammirato anche Adriano. Ma grazie a papà andavo avanti a nutrirmi di videocassette: Pelè la buttava dentro con tutto, sinistro, destro, testa, non c’era niente che non gli riuscisse, Garrincha con le sue finte, con quella gamba strascicata, faceva ammattire gli altri, dove li vedi più i suoi slalom pazzeschi? E Zico con quella potenza di fuoco era un artista della mira”Il primo pallone lo toccò a 6 anni: “Sì. I miei si sono separati. Sono rimasto con mamma. Dal Roissy-en-Brie sono passato al Torcy e poi a Le Havre. Sono andato via di casa presto. Ma ero contento e non mi sono trovato male. Sono stato solo, ma non ho sofferto di solitudine. Alla sera chiamavo casa e i miei fratelli. Io ci parlo con la mia famiglia, non sono di quelli che fanno i duri. E nemmeno di quelli che si fanno i tatuaggi”A chi fa il paragone tra i suoi 20 anni e quelli, passati, di Balotelli risponde: “Credo che lui abbia sofferto molto, ci sono ferite infantili che non si rimarginano. Se non ti sei sentito abbastanza amato, tutto quello che viene dopo non ha mai la forza di cancellare quello che è venuto prima. Un po’ di comprensione non guasterebbe, ha avuto una vita difficile, sembra un bad boy ma il suo fondo è buono. A Manchester per via delle creste ci scambiavano. Io leggo libri sull’Islam e anche quello di Thuram: “Le mie stelle nere”. Mio padre era professore, uomo di studi non solo di calcio. Cerco di capire le mie radici, da dove vengo, chi sono. Mi piace la musica rap, vado matto per gli spaghetti con i gamberetti e per il film Apocalyto di Mel Gibson, la storia del giovane maya, Zampa di Giaguaro, mi ha conquistato. Sono andato in Guinea da poco, per la mia prima volta, bello ma duro. Ho conosciuto zie, cugine, parenti. Ma anche nella capitale, Konacry, tutto è un problema. Acqua, luce, cibo. La gente che qui si lamenta non si rende conto di come una parte dell’Africa non abbia niente. E cose di cui qui non credevi di poter fare a meno lì perdono d’importanza, ne fai a meno eccome, ne sei costretto. Andare in Africa scombussola, ma dà nuovi equilibri”Sull’approdo al Manchester United: “Ferguson vedeva in profondità, intuiva negli altri progressioni e sviluppi che ancora non c’erano. In tanti gli devono il successo, lui ha creduto in anticipo, anche in me, anche se giocavo poco”. E su Sir Ferguson che gli sconsigliò il trasferimento in Italia: “Disse: troppo razzismo, ti troverai male”Ma il centrocampista bianconero la pensa diversamente: “Sì. Anche perché lì avevo avuto molte difficoltà ad ambientarmi con l’inglese che non conoscevo. Sei mesi di pratica infernale, se non sai la lingua e la devi imparare non è che in Gran Bretagna siano molto simpatici. Quanto al razzismo gli risposi che quello c’è dappertutto, nessuno ne è immune. Tanto meno l’Inghilterra. Come hanno dimostrato John Terry e Luis Suarez che ha urlato per sette volte negro a Evra. Anche i nostri tifosi non capiscono che quando insultano un avversario per il colore della pelle fanno male anche a me. È un gioco, non la tombola del disprezzo”. E che altro non capiscono i tifosi?: “Che un calciatore ha diritto a vivere la vita con il suo stile. Guadagniamo soldi, non li rubiamo. Se voglio comprarmi una bella macchina sono affari miei, nessuno me lo può rinfacciare o giudicare il mio profitto sportivo da quello. Io sono uno che deve ancora arrivare in cima, ma sono consapevole che la fama può darti alla testa, ti senti onnipotente, e cadere dall’alto fa molto male, perché non sei più abituato a stare a terra”Il Polpo ha smentito Ferguson: “In un certo senso. Il calcio italiano è molto tattico, rispetto a quello inglese, molto fisico, e a quello francese, molto tecnico. Ma in questo momento è sottovalutato. Qui c’è molta pressione, apprensione, nervosismo, ossessione. E in campo ci sono marcature strettissime, che sì, soffro. In più si parla di un gesto o di un fatto per tutta la settimana, mai una volta che puoi tirare un sospiro di sollievo. Ma è proprio questa eccessiva attenzione a rendere il calcio italiano anomalo, diverso, difficile. E alla fine anche straordinario”Sull’ipotesi di uno psicologo che possa stare vicino ai calciatori: “Non ne ho bisogno. Io di sera mi attacco al telefono e parlo con i miei, faccio molto clan, in più mia mamma viene spesso a trovarmi. Alle Juve sto bene, non nascondo che da bambino sognavo di giocare nell’Arsenal e nel Barcellona. E ora sogno di giocare in Nazionale contro i miei fratelli. Sarebbe una partita bellissima, nessun problema di smarcarmi”Sulla stagione super di Rudi Garcia: “Non lo conosco personalmente anche se siamo tutti e due francesi. Ma difficoltà di ambientamento non ne ha avute, né a Roma né alla Roma, segno che è duttile, veloce nel capire. Quanto alla sfida, ci teniamo a vincere, la delusione, anzi amarezza, in Champions c’è stata, inutile negarlo, a Istanbul non c’erano le condizioni per giocare, ma resta in piedi tutto il resto, dallo scudetto al mondiale. Perché io non ho mai dubitato che la Francia non ce la facesse a qualificarsi per il Brasile”. Per lei la Juve è…  “Zidane, Trezeguet, Nedved. Talento, classe, disciplina, senso di squadra. Quanto a me so che promettere non basta, bisogna mantenere. Ho fatto la trafila, so che c’è un percorso, ho voglia di arrivare. Non ho imbarazzi con il mio talento, né frette assurde. Però ci tengo a metterlo in azione”.

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Alessandro Davani

Amo cucinare, ascoltare musica ed il calcio. Seguo anche il Motomondiale, la F1 ed i Lakers (e l'NBA in generale).

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