Mancini: cinquant’anni di successi e colpi di tacco…

Fino a qualche settimana fa credeva di passare e festeggiare i propri cinquant’anni a casa con amici e parenti, fermo senza panchina dopo le dimissioni estive dalla panchina del Galatasaray, squadra presa in corsa nella passata stagione e portata al secondo posto in campionato, agli insperati ottavi di Champions League e alla conquista della Coppa di Turchia.

Roberto Mancini (fonte: www.inter.it)
Roberto Mancini (fonte: www.inter.it)

Invece per Roberto Mancini quello di oggi sarà un compleanno di lavoro, visto l’improvviso e inatteso ritorno in panchina all’Inter, squadra allenata già dal 2004 al 2008, con la quale adesso vorrà di certo rinverdire i fasti e i successi del recente passato. Del resto Mancini è uno che senza calcio non sa proprio stare, visto che da sempre è uno dei maggiori esponenti di questo meraviglioso sport, sia in campo che in panchina. Esordio precocissimo in Serie A nel lontano settembre del 1981, quando a soli sedici anni debuttò con la maglia del Bologna nel pareggio 1-1 contro il Cagliari. Alla fine di quella stagione per il Mancio arrivarono 30 presenze condite da 9 goal, ma soprattutto la chiamata della Sampdoria del presidente Paolo Mantovani, vero estimatore dell’allora giovane talento jesino. Trasferimento record quello di Mancini in blucerchiato, con il Bologna che ricevette ben 4 miliardi di vecchie lire, più i cartellini di Galdiolo, Roselli e Logozzo. Alla Sampdoria Mancini è rimasto per ben quindici anni, divenendone il simbolo, il capitano, il numero 10 ed il calciatore più rappresentativo, vivendo l’ascesa nel calcio che conta della formazione del presidentissimo Mantovani. Dai primi successi in Coppa Italia, a l’alloro europeo in Coppa delle Coppe, fino allo storico Scudetto del 1991 e alla sfortunata finale di Coppa dei Campioni persa ai supplementari contro il Barcellona di Cruyff. Tanti i compagni di viaggio avuti negli anni genovesi, dal direttore sportivo Paolo Borea, al fido massaggiatore Viganò, a mister Vujadin Boskov, passando per il “gemello” Gianluca Vialli, Lombardo, Pagliuca, Mannini, Cerezo, Vierchowod, Platt, Gullit, Mihajlovic, Zenga, Jugovic, Chiesa, Veron, Montella e Sven-Goran Eriksson. Una vita praticamente in blucerchiato, conclusa nel 1997 con 566 presenze complessive e ben 171 reti, lui che con il suo immenso talento ha sempre preferito mandare in rete i compagni di squadra.

Poi il passaggio alla Lazio, dove ha ritrovato Eriksson in panchina e in tre anni da giocatore ha aiutato la formazione capitolina a cambiare pelle, mentalità e ad essere una delle protagoniste del calcio italiano ed europeo a cavallo della fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000. Con i biancocelesti Mancini gioca 136 gare, segnando 24 goal, ma soprattutto vincendo uno Scudetto, due edizioni della Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea contro il Manchester United di Ferguson e una Supercoppa Italiana. Conclusa la carriera da calciatore (con una breve parentesi di un mese in Inghilterra al Leicester), il passo dal campo alla panchina è stato brevissimo: prima assistente di Eriksson, poi allenatore della Fiorentina con cui ha vinto una Coppa Italia, prima di dimettersi per problemi con la tifoseria. Ma la carriera del Mancio in panchina è poi proseguita, tornando prima alla Lazio (altra Coppa Italia vinta e ottimi risultati in campionato, nonostante una situazione societaria molto negativa) e poi all’Inter dove si è consacrato a livello italiano. In quattro anni di gestione ha vinto sette trofei (tre Scudetti, uno a tavolino, due edizioni della Coppa Italia e due Supercoppe Italiane), riportando l’Inter ai vertici del calcio nostrano dopo un lustro di fallimenti. In Europa, però, le cose non sono andate così bene e nel giugno del 2008 si è consumato il divorzio dal club neroazzurro.

Tornato in panchina al Manchester City nel dicembre del 2009, il Mancio è andato così alla conquista dell’Inghilterra e della Premier League, riuscendo nell’ennesima impresa della propria carriera: vincere dove non si era vinto nulla o dove non si vinceva da tempo. FA Cup prima (dopo oltre trent’anni), Premier League (dopo quarantaquattro anni di digiuno) e Community Shield poi il suo bottino con i Citizens, ma anche qui è mancato l’alloro europeo per mettere la classica ciliegina sulla torta. Infine la breve parentesi già citata al Galatasaray, dove ha comunque trionfato nella coppa nazionale. Quella di Roberto Mancini è stata fino ad oggi, dunque, una vita decicata al calcio con tanti goal (celebre il suo colpo di tacco al Parma ai tempi della Lazio, o il tiro al volo in corsa contro il Napoli quando era alla Sampdoria), tanti assist per i compagni e soprattutto tante giocate che hanno deliziato la vasta platea internazionale. Unico cruccio il non essersi imposto con la maglia dell’Italia, con cui il Mancio ha giocato solamente 36 gare segnando 4 goal.

Ora festeggia i suoi primi 50 anni, ancora una volta in panchina nel posto dove dieci anni fa aveva celebrato i 40: all’Inter, club che vuole ancora una volta aiutare a tornare ai fasti del recente passato, sempre con la solita classe innata, con il solito stile, con quel carattere un po’ perennemente imbronciato, con quello sguardo quasi malinconico, di chi sa che il talento oltre ad essere un onore è un fardello pesante da portare. Un talento da fantasista, da genio del calcio, da numero 10: cinque volte dieci, cinquant’anni sempre da protagonista, mai da comprimario. E allora auguri Manc10…

Francesco Tusi

Francesco Tusi

Amante del calcio, metafora più vera della vita in tutte le sue innumerevoli sfaccettature. Amante del mare, della sua vastità e della sua sconfinata bellezza.

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