Napoli, Hamsik: “Voglio vincere qui. Ecco chi mi ha trattenuto quando mi voleva il Milan”

Ormai è una bandiera di Napoli e del Napoli, un punto di riferimento e un modello da seguire, in campo e fuori, per tutti i ragazzini che ambiscono a diventare calciatori nella vita: parliamo di Marek Hamsik.

Fonte: Danilo Rossetti http://www.foto-calcio-napoli.it/
Fonte: Danilo Rossetti http://www.foto-calcio-napoli.it/

Lo slovacco ha esternato i suoi pensieri in un intervista rilasciata al Corriere della Sera: “Sia noi che la Roma possiamo arrivare in fondo. Ma la partita di questa sera non sarà decisiva in alcun modo. Sono motivato a far bene, nonostante sia rimasto soltanto io della vecchia guardia, per così dire. I vari Lavezzi, Cavani hanno fatto le loro scelte, io mi trovo bene qui. E finché Napoli mi vorrà, io resterò. Di offerte ne ho avute in passato, è vero, anche da squadre importanti (Milan). Però poi non se ne fece più nulla. E non mi sono pentito di aver fatto questa scelta. La cosa più importante che mi ha trattenuto qui sono certamente i tifosi, senza dubbio. Della città mi piace tutto. Rappresentare Napoli è insieme una responsabilità e un piacere. Qui la gente ti sta vicina anche nei momenti difficili. Ho imparato anche dalle disavventure. Non porto più orologi. Aspiro a battere il record di Maradona. Si può. Vorrei entrare nella storia del club: già la sto facendo, ma mi piacerebbe incidere ancora di più. Dopotutto, giochiamo per vincere. Vincendo la Coppa Italia mi sono accorto che cosa significa conquistare un titolo qui. E ora non mi voglio più fermare. Prima facevo la mezzala o stavo nel tridente. Ora sono trequartista. Sto facendo bene, ma posso fare di meglio. Con il modulo del mister, facciamo meno ripartenze e puntiamo più al possesso palla. Anche se poi, quando capita, nelle ripartenze restiamo comunque fortissimi. Il vero Napoli è stato sicuramente quello contro il Dortmund, è chiaro. Con l’Arsenal abbiamo sbagliato partita. Capita, ma è ormai acqua passata. Una lezione che ci tornerà utile. Differenze tra Benitez e Mazzarri? La più grande è il modulo. Già funziona, ma c’è ancora molto margine di crescita. Ognuno poi ha la sua filosofia. Una cosa è certa: il giocatore deve avere la testa libera. Benitez infonde tranquillità e in campo si vede. Io valgo più di Bale? Belle parole, ma un po’ scherzava… (riferito a Benitez). Cento milioni sono tanti per un calciatore, io però non faccio calciomercato. È il mercato che determina i prezzi dei giocatori. Oltre al calcio, nella mia vita c’è tantissimo sport. Non mi fermo mai. Soprattutto tennis: adoro Nadal. Non giudico Balotelli. Dico solo che se mi guardate, con la cresta e tutti questi tatuaggi, potrei essere un gangster di strada e invece non è così. Lo stesso vale per Mario. Capita nella vita di fare degli errori, ma prima di giudicare bisogna andare oltre l’apparenza delle cose. Ho anch’io avuto i miei idoli, so cosa vuol dire ammirare qualcuno. Per questo penso sia giusto tenere sempre atteggiamenti corretti. Chi ti guarda ti prende come esempio. I miei idoli sono stati Nedved e Zidane. Io e Pavel siamo cresciuti nella stessa terra e siamo centrocampisti che segnano tanti gol. Lui, però, ha fatto una carriera eccezionale e a me, rispetto a lui, manca ancora qualche titolo. Gli stadi vuoti sono una pessima cosa. Però è anche vero che il razzismo va combattuto. A me disturba molto ascoltare certe cose quando gioco e penso si debba intervenire a tutti i costi. Quale sia poi la soluzione ideale non lo so neanch’io. Mio padre è stato calciatore e mi ha trasmesso tanto. Mi ha iscritto alla scuola calcio a 4 anni, mi ha sempre seguito e, anche se ho abbandonato la scuola, sono riuscito a trovare la via giusta nella mia vita. Se sono qui, lo devo ai miei genitori. Nel 2002, mi pagarono anche il trasferimento dallo Jupie Podlavice, la sua prima squadra, allo Slovan Bratislava. Lo Slovan non aveva i soldi e papà ha venduto la macchina per aiutarmi. Direi che ha fatto bene, è uno che capisce di calcio. Segnai sedici gol in una sola partita. È ancora un record nel mio paese. La partita finì 31-0. E non durava neanche novanta minuti, ma mezz’ora. O ero già un piccolo fenomeno oppure erano loro ad essere parecchio scarsi. Ad un giovane che vuole diventare un campione, direi di lavorare, avere determinazione e capire che tutto parte dalla testa. La famiglia per me tanto, ho due figli, vivo tranquillo e sto bene così. Ma non penso debba per forza essere così per tutti. Ognuno trova l’equilibrio a suo modo. L’importante è trovarlo, altrimenti non vai da nessuna parte”.

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