Osvaldo: “Se scopro che un mio compagno è venduto, lo ammazzo di botte”

L’attaccante della Roma, Pablo Daniel Osvaldo, si è confessato in una lunga intervista al mensile GQ, in edicola il 29 novembre.

Fonte: grazia92tiamo

SUL TRASFERIMENTO ALL’ATALANTA NEL 2006

“Il 12 gennaio, compivo 20 anni. Un freddo cane, la neve, l’albergo in mezzo al nulla, circondato dai silos di Zingonia. Arrivato in camera, ho iniziato a piangere. Fu dura. Non c’era un solo argentino, uno straccio di uruguaiano. Ero lontanissimo da casa, i compagni ridevano tra loro. Parlavano una lingua che non capivo. Diventai un po’ paranoico. Pensavo ridessero di me. Poi andò meglio e mi integrai. A volte non ne serve neanche una. Basta uno sguardo”.

SULL’ EVENTUALE LAVORO CHE AVREBBE FATTO SE NON FOSSE DIVENTATO CALCIATORE

“Oggi potrei dire il musicista rock o blues, o lo scrittore. Scrivere mi piace. Poesie e canzoni. Ieri rispondevo: “Voglio giocare a calcio”. Sguardi storti: “E se non arrivi?”. E io duro: “Non esiste. Io arrivo””.

SULLA SUA SITUAZIONE DI “PRIVILEGIATO”

“Ogni tanto vorrei essere una persona qualsiasi. Andare in una piazza. In Italia è impossibile. A Barcellona lo facevo, andavo in Plaça de Catalunya con un mio amico, lui faceva ritratti ai passanti, io suonavo la chitarra. Non mi riconoscevano. Era bello. È affascinante la semplicità“.

E ANCORA…

“In Italia non c’è mai una via di mezzo. Un giorno sei da scudetto e quello dopo da rogo. La mancanza di equilibrio mi fa infuriare, però non posso farci niente. E non ho voglia di fare niente.  Io perdo una palla e tu mi vomiti addosso il tuo odio? Non è normale. Se il tifoso sbaglia al lavoro mica posso andare a picchiarlo, gettargli una banana o dirgli che sua madre è una poco di buono?”.

SUI GAY NEL CALCIO

“Che la nostra società non è l’Alabama del ’50, ma sul tema siamo indietro. Un compagno gay in squadra? Non mi cambierebbe proprio niente. Sono persone libere, prima che calciatori”.

 

E SE SCOPRISSE UN COMPAGNO VENDUTO…

Ciò che succede nello spogliatoio deve restare lì. Io non faccio il delatore, ma non mi volto. In silenzio, lo ammazzo di botte”. 

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