Atalanta, Pettinari: “Sono stato fortunato. Ringrazio Dio”

Quando la prevenzione medica salva in tempo una vita, è proprio il caso di dirlo.

Fonte immagine: Davide Denti
Fonte immagine: Davide Denti

Leonardo Pettinari, classe 1986, in forza all’Atalanta, di professione centrocampista, è stato costretto a lasciare il calcio. All’origine un problema al cuore diagnosticatogli all’incirca un anno fa. Nella fattispecie, la famigerata cardiomiopatia aritmogena. Lo stesso male che ha stroncato Piermario Morosini nell’aprile 2012. Il giocatore ha rescisso, di comune accordo, il contratto che lo legava alla società bergamasca, ma dinanzi ad eventualità estreme, questo aspetto passa in secondo piano. Queste le sue sensazioni rilasciate alla Gazzetta dello Sport: “Il primo campanello d’allarme l’avevo avuto nel giugno 2011, pochi giorni dopo la vittoria del campionato di B con l’Atalanta. Mi sentivo inspiegabilmente stanco. In ospedale mi hanno trovato le onde T negative e dopo una notte in osservazione, la situazione si è normalizzata. Sono andato in ritiro e gli esami erano o posto. Poi, a novembre, in allenamento, ho avuto un attacco di tachicardia di venti secondi. E pochi mesi dopo, a Varese, tre in una settimana. Ero terrorizzato, ma grazie al dottor Giulio Clerici non sono stati sottovalutati i sintomi. Il medico del club è stato fantastico, ha continuato ad aiutarmi anche quando sono andato via da Varese. Solo la risonanza magnetica ha evidenziato il problema e mi è stata sospesa l’idoneità. La mattina della sospensione ho informato subito mia moglie. Stava provando l’abito da sposa ed è scappata dal negozio in lacrime. E’ un fotogramma che mi resta impresso, nel momento più bello della nostra vita è arrivata la mazzata. Ma il matrimonio è stato una fortuna, mi ha aiutato a reagire, a considerare i valori della vita. Ho ripreso in mano la vita dai rapporti umani. Questo mi ha dato forza. Devo ringraziare una persona, in particolare: mio nonno Renzo. Il mio primo tifoso. E’ la persona che ha sofferto di più per me, ma voglio regalargli ancora tante gioie, anche se con un ruolo diverso nel calcio. Nell’ottobre 2011 sono andato a Medjugorje con Giusy, genitori e suoceri, Tiribocchi e sua moglie Gloria. Pochi mesi dopo mi è stato diagnosticato il problema al cuore e a me piace pensare che quella visita mi abbia aiutato. Nella sfortuna sono stato fortunato, ho potuto intervenire in tempo, Morosini no. Vedere Piermario morire in campo è stato un colpo tremendo. Era dell’86 come me, lui aveva fatto la trafila nel vivaio dell’Atalanta e io nella Fiorentina, da ragazzini siamo stati avversari. La sua storia è simile alla mia. In più, quando ha avuto il malore, sapevo già dei miei problemi. Dopo la morte di Piermario altri giocatori sono stati fermati. Forse è un caso, ma per me la sua morte ha costretto tutti a essere più rigorosi nei controlli. La fede in Dio mi ha aiutato tantissimo. Nel futuro mi vedo ancora nel calcio, non riesco a stare senza, ma per ora non posso neppure azzardare una partitella con gli amici, ho paura. Non so che cosa farò adesso. Ho il patentino Uefa B e a breve mi iscriverò al corso di secondo livello. Vorrei cominciare dai bambini o come secondo. Intanto, guardo in tv 30-40 partite a settimana, amo il calcio estero, sono un estimatore del Barcellona, so tutto di tutti i campionati, adoro parlare di calcio, prenderei in considerazione anche l’ipotesi di fare il commentatore in tv. Sono juventino, innamorato pazzo di Del Piero, un idolo vero. Oggi posso dire che non esiste solo il calcio nella vita”.

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