Serie A, il pagellone 2014-15: la Lazio

La qualificazione ai preliminari di Champions League, una finale di Coppa Italia persa sul filo di lana ed una finale di Supercoppa da giocare il prossimo agosto. Decisamente buono il bottino stagionale della Lazio di Stefano Pioli che partita a fari spenti con l’obiettivo di riagguantare almeno l’Europa League ha pian piano conquistato la ribalta fino a potersi senza ombra di dubbio fregiare del titolo di rivelazione del campionato 2014-2015. Ecco allora il pagellone di fine stagione dei biancocelesti.

Fonte: Giorgio Catani
Fonte: Giorgio Catani

Il voto alla stagione non può che essere 7: partita in sordina con l’obiettivo di tornare in Europa, la stagione della Lazio ha avuto una svolta a partire da dicembre quando è esploso anche Felipe Anderson. Coincidenze. O forse no. L’avvio di campionato era stato semplicemente disastroso dal punto di vista dei risultati con appena tre punti nelle prime quattro giornate, sebbene fosse possibile intuire sin dall’epoca quelle che poi sono state le caratteristiche principali della squadra nel prosieguo della stagione: un gioco spumeggiante e la spiccata propensione offensiva. Dalla quinta giornata, con lo 0-4 sul campo del Palermo, la prima svolta stagionale con quattro vittorie consecutive e sei risultati utili complessivi. Ma il capolavoro è stato senza dubbio il filotto di otto vittorie senza interruzioni che ha lanciato i capitolini nelle zone nobili della classifica riaprendo il discorso Champions tanto da risucchiare anche la Roma e mettere in discussione il secondo posto. Ventiquattro punti che hanno dato morale e soprattutto certezze ad una squadra che nel frattempo centrava anche quella finale di Coppa Italia con la Juve giocata all’improvviso e nel momento cruciale della stagione laziale, e persa comunque più per sfortuna che per demerito. In tutto il campionato si può dire che la Lazio abbia toppato veramente solo due partite: quella di Empoli e quella di Cesena. Ma mezzo punto in meno sul voto complessivo è d’obbligo considerata anche la gestione scellerata dei match contro l’Inter, perso in 9 contro 11 a quattro dal termine incassando il gol vittoria di Hernanes in contropiede, e quella altrettanto scellerata del match con la Roma perso per un peccato di gola (il succulento secondo posto) dopo aver riacciuffato un pareggio insperato che poteva valere l’accesso alla Champions senza doversi giocare il tutto per tutto nello spareggio del San Paolo. Come del resto ha ammesso lo stesso Pioli, la Lazio crescerà il prossimo anno se saprà imparare dai suoi errori.

Di riflesso, dunque, il voto a Stefano Pioli non può che essere 7: è il vero artefice del miracolo biancoceleste. E quando parliamo di miracolo lo facciamo perché al di la dei risultati il tecnico parmigiano ha avuto anche il grande merito di ricompattare l’ambiente riavvicinando i tifosi alla società a suon di grandi prestazioni e calcio pregevole che hanno finito per riempire l’Olimpico come non accadeva da tempo. Dal punto di vista strettamente più tecnico, invece, il mister è stata una vera rivelazione. Il suo sbarco nella capitale è stato accolto in maniera fredda per non dire scettica. Le prime giornate di campionato, al di là del gioco espresso, sembravano avvalorare la corrente di pensiero di un Pioli bello ma che non balla. Ma alla dei conti non ci si può che togliere il cappello. La bravura del mister è stata quella di fornire un’impronta di gioco evidente alla Lazio valorizzando al meglio gli uomini a disposizione. In tale ottica, ad esempio, si deve leggere la duttilità tattica dimostrata quando esploso Felipe Anderson e recuperato Candreva dall’infortunio, si è dovuto trovare il modo di far coesistere i due con Mauri senza sbilanciare la squadra, da cui il passaggio al 4-2-3-1. Ma non solo. Geniale è stata anche l’intuizione del 3-4-2-1 che ha salvato il finale di stagione dei capitolini e per poco non è valso la Coppa Italia. Insomma, Pioli ha dimostrato una lodevole capacità nel saper valorizzare il materiale a disposizione senza perdere la mutevolezza tattica necessaria ad adattare di volta in volta la squadra all’avversario. Un solo rimprovero, però, deve essere mosso al mister. L’eccessiva sfrontatezza che ha caratterizzato alcune partite e che poteva costare decisamente cara.

Passando all’analisi dei singoli reparti, il voto per i portieri è 6,5: la stagione appena conclusasi ha certificato la rinascita di Federico Marchetti. L’ex Cagliari (voto 8) ha definitivamente lasciato alle spalle i problemi fisici e personali dello scorso campionato rendendosi protagonista di una stagione di assoluto livello e senza sbavature che gli è valsa anche il ritorno in campionato. Non si può dire lo stesso per Berisha (voto 5) che, seppur in genere sufficiente, si è macchiato di due errori gravissimi contro il Napoli nel match di andata in campionato e contro la Juventus nella finale di Coppa Italia che hanno tenuto aperta la corsa al terzo posto fino all’ultima giornata (il primo) e sono costati un trofeo (il secondo). Tirata d’orecchie a Pioli: la Lazio non è la Juventus. Se in palio c’è una coppa dovrebbe giocare il portiere titolare.

Stefan De Vrij. Fonte: violachannel (flickr.com)
Stefan De Vrij. Fonte: violachannel (flickr.com)

Il voto alla difesa è 7,5: capitanata da un grande De Vrij (voto 8) la retroguardia biancoceleste si è resa protagonista di una grande stagione risultando tra le meno perforate della stagione. Ottimo anche Gentiletti (voto 7) che seppur bloccato da un infortunio che lo ha tenuto fuori per buona parte della stagione ha comunque dimostrato buone doti ed è stato fondamentale nel rush finale. Non male, quando chiamati in causa, anche Ciani e Novaretti (voto 6) mentre più altalenante Cana (voto 5,5) che ancora non è riuscito a smussare la sua irruenza. Discreto anche l’innesto in corso d’opera di Mauricio (voto 6,5): il brasiliano non è un titolare ma è sicuramente un buon rincalzo anche in vista della prossima stagione. Passando agli esterni, monumentale la stagione di Basta (7,5) mentre è stata semplicemente disastrosa quella di Radu (4,5). Per il rumeno si tratta sicuramente della peggior stagione da quando è nella capitale. Ha sul groppone i punti persi con il Napoli, con l’Inter (all’andata ed al ritorno) e con la Roma (all’andata). Sufficiente Cavanda (voto 6) che ha ormai definitivamente scalzato nelle gerarchie di Pioli Konko (non pervenuto). Non male anche l’apporto dello svincolato Braafheid (voto 6,5) inspiegabilmente lasciato però ai margini sul finire della stagione.

Il voto al centrocampo è 7,5: è stato l’anno della consacrazione di Biglia (voto 7) e dell’esplosione di Cataldi (voto 7 per la personalità dimostrata nei due match cruciali della stagione ovvero la finale di Coppa Italia e la partita di Napoli). Ma è stata soprattutto la stagione di Marco Parolo (voto 8). L’ex Parma è stato senza dubbio l’anima della mediana biancoceleste. Ha corso a perdifiato per un’intera stagione tirando la carretta anche quando i compagni di reparto avevano deciso di tirare il fiato. Ha anche realizzato la bellezza di 10 gol nonostante Pioli, soprattutto quando la Lazio è scesa in campo con il 4-2-3-1, ne abbia notevolmente arretrato il raggio d’azione. Insomma, veramente una grande stagione. Ottimo anche il campionato di Lulic (voto 7) che corre tanto ma spesso litiga con il pallone. Voto alto anche per Onazi (7) che guadagna un punto addizionale in pagella per il gol scaccia paura di Napoli.

Klose
Miroslav Klose. Fonte: καρλο [ AKA Gilyo] (flickr.com)
Il voto all’attacco è 7,5: le 71 reti messe a segno valgono il primato di gol stagionali in Serie A ed il record di gol per la Lazio nella sua storia. I capitolini hanno avuto il pregio di portare in doppia cifra ben quattro calciatori: Parolo, Candreva, Felipe Anderson e Klose. Non ce ne vogliate, ma questi ultimi tre li consideriamo di fatto elementi portanti del reparto avanzato laziale. Candreva (voto 8) è impressionante. Insieme a Parolo è decisamente l’anima della squadra. Anche nelle giornate in cui non brilla risulta comunque decisivo e tra i migliori dei suoi senza scendere praticamente mai per tutta la stagione sotto la sufficienza. La cosa che stupisce ancor di più però è la sua costanza di rendimento da tre anni a questa parte. Quella appena conclusasi è stata senza dubbio anche la stagione dell’esplosione di Felipe Anderson (voto 7) capace di trasformarsi da bruco in farfalla da un momento all’altro passando dall’essere un flop ad un uomo mercato da 60 milioni di Euro. L’ascesa del numero sette ha costretto gli avversari della Lazio a sacrificare in marcatura almeno due uomini a partita, cosa che ha fatto soffrire l’esterno nel finale di stagione. Ma il fiore ormai è sbocciato. Cosa dire poi sull’eterno Miro Klose (voto 7,5)? Nulla che non sia già stato detto. Il tedesco si è confermato il campione di razza che tutti conosciamo prendendosi sulle spalle il peso dell’attacco biancoceleste quando Pioli è rimasto orfano di Djordjevic e sfornando gol e prestazioni degne di nota con una costanza che, data l’età, non era certo pronosticabile.  Cosa che invece non è riuscita a Stefano Mauri (voto 6) che dopo una prima parte di stagione ai suoi soliti livelli ha subito una flessione evidente da dicembre in poi. Nota di merito anche per Djordjevic (voto 7) che ha dato il suo contributo pagando un dazio eccessivo alla sfortuna con uno sfortunato infortunio prima e quel doppio palo nella finale di Coppa Italia che poteva valere, a lue ed alla Lazio, la gloria eterna. Peccato, magari sarà per la prossima stagione.

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