Editoriale – Serie A, quando il calcio (non) vive di sole polemiche

Tweet, retweet e comunicati stampa al veleno: tutti elementi che hanno apparecchiato la scena all’ennesimo polverone mediatico esploso in questa stagione, quello tra Juventus e Milan che ha riguardato la presunta (ed inesistente) manipolazione delle immagini del goal di Carlos Tevez (regolare, se c’è bisogno di ricordarlo). Ancora un post-partita bollente, ancora uno scambio di schermaglie tutt’altro che amichevoli, come se in questa stagione non avessimo già assistito a roba del genere.

Già, in un campionato tecnicamente inferiore e carente del giusto appeal internazionale rispetto ai soliti noti (Premier League, Liga e Bundesliga), fare polemica o surriscaldare eccessivamente e inopportunamente gli animi è ormai diventato un ‘must’ made in Italy, una triste moda a cui nessuno sembra rinunciare.

Fonte immagine: Danilo Rossetti
Pallone Serie A. Fonte immagine: Danilo Rossetti

Una consuetudine, un appuntamento ormai quasi fisso. Invece che commentare quello che avviene sui vari campi di gioco ed esaltare quel poco di buono che abbiamo, gustandoci comodamente le partite, si pensa ad aizzare inutilmente, a volte con del sarcasmo poco sarcastico, frecciate varie e sfottò del tutto ironici, un marasma mediatico che dura giorni, settimane e potenzialmente mesi. Quante volte abbiamo già assisto a lamentele riguardanti operati arbitrali con furiose contestazioni sui singoli episodi? Quante volte abbiamo sentito frasi sibilline fuori contesto? Tante, troppe volte. Forse sarebbe ora di tranquillizzarsi un po’, di cambiare marcia perché i fatti, nei Paesi normali, sono più importanti delle parole, soprattutto quando si tratta di uno sport che dovrebbe unire invece che dividere costantemente.

Sul banco degli imputati non finiscono solo gli attori dei vari teatrini, ma anche parte degli addetti ai lavori mediatici e parte dei tifosi. Sì, perché troppo spesso ci si dilunga un po’ troppo su discussioni del genere, con del chiacchiericcio da bar condito da hashtag all’ultimo grido che scatenano infiniti e noiosi dibattiti sui social network e nella vita di tutti i giorni. Servirebbe più che altro un’informazione che dovrebbe, in un certo senso, educare una comunità ed indirizzare l’attenzione su quello che interessa veramente: la prestazione della propria squadra del cuore, la valorizzazione del gesto tecnico, le prodezze dei pochi campioni che vediamo sul rettangolo di gioco, le vittorie, le sconfitte e chi più ne ha più ne metta.

Insomma, diciamo basta a tutto ciò, basta a litigi futili che distolgono una realtà, come quella della Serie A, che ha bisogno di rilanciarsi per riconquistare credibilità e competitività oltreconfine: perché, al di là di tutto ciò che lo circonda, il calcio non vive di sole polemiche.

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Olivio Daniele Maggio

Originario di Francavilla Fontana, città dell'entroterra brindisino. Laureato in Scienze della Comunicazione e cresciuto praticamente a pane e calcio, coltiva molte aspirazioni tra cui quella di diventare giornalista professionista, ruolo che oscilla su un filo che divide il lavoro e la passione.

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