Trapattoni: “Peccato non aver lavorato a Roma. De Rossi può fare squadra da solo”

Ai microfoni di Radio Manà Manà Sport, l’ex ct azzurro ed attuale tecnico dell’Irlanda torna sul Mondiale perso dieci anni or sono, dicendosi – tra le altre cose – più volte vicino sia alla Roma che alla Lazio.

Foto di Майоров Владимир - Wikipedia
Foto di Майоров Владимир – Wikipedia

Il Trap, mai stato vicino a Roma e alla Roma?
“Un anno e mezzo fa sono stato contattato dalla Roma per allenare la squadra. Ma non era la prima volta, in diverse occasioni sono stato vicino alla società giallorossa, ma non è mai andato in porto nulla. Un po’ mi dispiace – spiega Trapattoni – perché Roma è una bella piazza, dal cuore grande”.

Restando nella Capitale, perché un giocatore come Daniele De Rossi non riesce a trovare il suo spazio da titolare?
“Premetto che conosco Zeman. De Rossi è un grande giocatore, è carismatico, può fare squadra da solo. Secondo me ci sono cose che a noi e ai tifosi sfuggono. Cose che conoscono solo il mister, la società e il calciatore stesso. Per esempio, quando ero alla Fiorentina, Gabriel Omar Batistuta mi disse: “Mister vado a Roma perché mi danno un ingaggio importante”. Gli risposi: “Gabriel porta anche me”. Se l’allenatore conosce certe situazioni deve andare avanti anche con altri. Non è escluso che Daniele De Rossi prenda il volo”.

Dove può arrivare la Roma di Zeman? Può lottare per i primi posti della classifica?
“Con Marco Tardelli ho fatto una scommessa. A inizio campionato gli ho detto: “Vedrai che quando Zeman riuscirà a inquadrare la squadra e a farla funzionare secondo i suoi dettami la Roma lotterà per lo scudetto”. Tecnicamente ha un potenziale per competere. Certo deve scontrarsi con altre grandi come la Juve che è già rodata, la stessa Inter ma anche la Lazio. Per me la Roma sicuramente può lottare e arriverà a lottare per il tricolore”.

Mister un giudizio su Francesco Totti, quest’anno in grande forma.
“Parlare di Francesco è facile. A 18 anni aveva un grande talento ora che è maturato sa fare bene in qualsiasi parte del campo. Sa giostrare da punta, da mezza punta o da trequartista. E’ consapevole che può segnare oppure suggerire il gol”.

Mister, tra le esperienze all’estero, ha allenato il Bayern Monaco, il Benfica, lo Stoccarda, il Salisburgo e ora la Nazionale Irlandese, qual è quella che le ha dato più soddisfazioni?
“Un po’ tutte ma la prima, quella tedesca, è stata sicuramente la più difficile. Terra tosta la Germania, per mentalità, per carattere, per abitudini, anche alimentari. Una volta valicate le alpi e vinto lo scudetto ero vaccinato e corazzato per affrontare tutte le altre esperienze. Il calcio italiano è quello più preparato dal punto di vista tattico”.

Fonte: Wikipedia
Fonte: Wikipedia

Il bilancio, fin qui, del suo lavoro con la Nazionale irlandese?
“Abbiamo vinto il “Quattro nazioni”, in Irlanda è una competizione molto sentita, ci siamo qualificati all’Europeo 2012, per un soffio, ricorderete quello che accadde contro la Francia,non partecipammo al Mondiale del 2010. Siamo una squadra che ha carattere, mentalità, disciplina in campo. Spero a marzo di giocarmi il mondiale contro Austria e Svezia. La Germania per noi è fuori misura”.

E’ rimasto deluso di non aver raggiunto grandi risultati con la Nazionale italiana, nel Mondiale di Corea e Giappone del 2002, nonostante un gruppo di grande prestigio?
“Oggi uno può dire “si poteva schierare di più Pippo Inzaghi o Del Piero”. Ma è tutto col senno del poi. Eravamo sotto scacco di un sorteggio malandrino. Era una squadra quasi completa. Purtroppo non è stato solo l’episodio di Byron Moreno, ce ne sono stati anche altri, infortuni o quella palla sul piede destro di Vieri, solo davanti la porta, che andò sopra la traversa”.

Mister mancano nel calcio presidenti e persone come Gianni Agnelli e Dino Viola?
“Sì. Sono stati grandi personaggi. Persone schiette. Dino Viola ho avuto modo di incontrarlo, siamo sempre stati in ottimi rapporti. Ce ne vorrebbe ancora di gente come loro affinché il mondo del calcio possa tornare ad avere un’etica sportiva”.

Parliamo del rito di gettare l’acqua santa sul campo prima delle partite. Non è un rito scaramantico, vero mister?
“No, è un atto di devozione. Ho una sorella che è suora. Questo gesto per me è una protezione dall’invidia. L’invidia uccide più delle pallottole, dice il mondo cattolico. Mi tiene lontano il male e l’invidia”.

Infine, Mister Trapattoni un ricordo dell’Inter schiacciasassi del 1987 che vinse lo scudetto.
“E’ stata una squadra costruita pezzo per pezzo. Viaggiavo io personalmente. Dopo gli allenamenti andavo in Germania, in Polonia, in Ungheria per scegliere e prendere i giocatori che volevo. Abbiamo fatto una squadra che ha macinato record e ottimi successi”.

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