Raúl González Blanco: l’addio delle leggenda silenziosa

Nel mondo del calcio ci sono tante categorie di giocatori ma c’è una élite in cui pochi riescono ad entrare: le leggende. Sono quei calciatori che ti fanno innamorare di questo sport soltanto con un tocco di palla, con una rete o con un assist, che si dimostrano leader della squadra dentro e fuori dal campo. Ecco, in questa stretta cerchia c’è anche lui: Raúl González Blanco.

Fonte: Wikipedia.Org. Autore: Lobo
Fonte: Wikipedia.Org. Autore: Lobo

È di poche ore fa la notizia che proprio Raúl, a 38 anni, ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e non giocare più a calcio. Se si vuole raccontare la vera essenza del madridismo, lo spagnolo ne è l’esempio: nato a San Cristóbal de los Ángeles, un piccolo borgo della periferia sud di Madrid, Raúl inizia a muovere i primi passi nel club del suo barrio prima di approdare a 13 anni all’Atletico Madrid, da sempre rivale del Real per il “dominio” della capitale spagnola, per volere del padre Pedro, tifoso colchoneros sfegatato. Qui dimostra subito le sue qualità, sembra già un predestinato, ma nel 1992 l’Atleti entra in una grave crisi societaria e sopprime tutte le squadre giovanili: il Real Madrid ne approfitta, allora, e con il presidente Ramon Mendonza lo porta sulla sponda “blanca” del Manzanarre. Può iniziare da qui la leggenda di Raúl.

Raúl gioca appena due anni nelle giovanili del Real, il suo talento è sotto gli occhi di tutti, ed il 6 settembre 1994, ad appena 17 anni, avviene il suo debutto con la prima squadra: Jorge Valdano, al tempo allenatore blanco, lo manda in campo nell’amichevole contro il Real Oviedo e lui non fallisce segnando il gol su assist di Emilio Butragueño, altro nome “storico” della Casa Blanca. Da qui è un crescendo di emozioni per Raúl che gioca (e segna) con una continuità spaventosa, vince il Pichichi nel 1999 e nel 2001, e si rende protagonista in tutti i successi del Real Madrid dell’era Galacticos fino a coronare il suo sogno nell’estate del 2003 quando, con la partenza di Hierro, diventa il capitano più giovane della storia del Real Madrid ad appena 26 anni.

Con la fascia di capitano, Raúl si dimostra un leader silenzioso fuori dal campo e un abile campione dentro il rettangolo di gioco ed i successi parlano per lui: 6 campionati spagnoli, 4 supercoppe di Spagna, 3 Champions League, due Coppe Intercontinentali ed una Supercoppa Uefa. A livello personale, invece, segna la storia con dei numeri paurosi: 1059 match disputati in carriera (soltanto altri 25 giocatori rientrano in questa cerchia degli “over 1000”) di cui 741 con la camiseta blanca dove ha segnato 323 gol, tanti quanti un certo Cristiano Ronaldo che ha raggiunto da poco il suo record. Anche in Europa i numeri di Raúl sono spaventosi: terzo giocatore con più gol segnati (71, superato solo da Messi e Cristiano Ronaldo) e quarto giocatore di sempre con più presenze (144) nella storia della Uefa Champions League.

Se si vuole trovare un neo ad una carriera con questi numeri, però, Raúl, pur essendo il secondo miglior marcatore di sempre della nazionale spagnola, non ha mai vinto nessun trofeo con la roja: indimenticabile l’Europeo del 2000 in cui arrivava come una delle stelle della competizione e poi si è rivelato decisivo il suo errore dal dischetto contro la Spagna, una beffa, invece, se si pensa che dopo il suo ritiro dalla Nazionale le Furie Rosse hanno vissuto il loro “ciclo d’oro“.

Ma non sono certamente un mancato successo con la Spagna o un Pallone d’Oro mancato nel 2001 che possono intaccare la carriera da record di Raul: lui per il Real Madrid è stato qualcosa di più di un semplice giocatore, è stato un trascinatore dentro e fuori dal campo ma sempre con la sua classe (mai espulso in carriera) ed umiltà che lo hanno da sempre contraddistinto, anche negli ultimi anni in cui ha giocato in squadre come l’Al Sadd e i NY Cosmos. Raúl è, e resterà sempre, un leader silenzioso. E adesso, come dice Marca: “Silenzio, va via una leggenda“.

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