Editoriale – Oriundi in Nazionale: perché giusto usufruire del loro apporto

Franco Vazquez del Palermo e Eder Citadin Martins (semplicemente conosciuto come Eder) della Sampdoria sono solo gli ultimi due oriundi della lista di quelli che hanno vestito la maglia dell’Italia. Tra quelli passati possiamo annoverare Renato Cesarini, José Altafini, Juan Alberto Schiaffino e, più recentemente, il campione del mondo del 2006 Mauro German Camoranesi fino ad arrivare a Thiago Motta e Gabriel Paletta. Ma il dibattito sull’utilizzo o meno di giocatori dalla doppia nazionalità è sempre acceso e vivo, soprattutto alle dichiarazioni di Roberto Mancini che si è detto contrario alle loro convocazioni.

In seguito, il ct Antonio Conte ha così rivendicato le proprie scelte: “Non sono il primo e non sarò l’unico a convocarli. Nell’ultimo mondiale 83 calciatori su 700 erano oriundi. Ci sono regole. Rispetto qualsiasi opinione, ma non ho fatto nulla di diverso rispetto al passato. Avrei preferito vederli un mesi fa se ci fosse stata la possibilità di fare gli stage. Ora li valuterò e deciderò se dargli una maglia. Vazquez ha detto subito di avere la mamma italiana e di sentirsi italiano. Alcuni calciatori non hanno voluto vestire la maglia azzurra e non ho forzato nessuno: è una cosa che deve essere sentita, l’Italia non può essere un ripiego”.

Conte, genoacfc.it
Antonio Conte, ct della Nazionale  – Fonte: genoacfc.it

Dunque, perché non usufruire dell’apporto degli oriundi se possibile? In tal senso, le regole, come già detto da Conte, lo permettono. Nulla di strano quindi se l’articolo 17 della FIFA, quello dell’acquisizione di una nuova nazionalità afferma che “qualsiasi giocatore che assume una nuova nazionalità e che non ha giocato in ambito di Nazionali è convocabile da una nuova rappresentativa” solo se: è nato nel Paese della selezione interessata, ha almeno un genitore o un nonno originario del Paese della selezione interessata o ha vissuto nello Stato coinvolto almeno cinque anni dopo il raggiungimento della maggiore età. Ma ridurla ad una questione di leggi forse non è il caso. I detrattori della tesi contestano che l’utilizzo degli oriundi possa penalizzare i calciatori italiani, che vedono così ridotte le chance di vestire l’azzurro. Qui sorge un altro interrogativo: spetta al commissario tecnico dell’Italia riformare il settore giovanile nostrano? Già, perché più volte si è parlato dei calciatori tricolore che nel club faticano ad emergere per la presenza di troppi stranieri (lo stesso Conte, qualche mese fa, aveva lanciato l’allarme). I tanti decantati stage voluti dall’ex allenatore della Juventus potevano dare una mano, anche se, per rimettere in piedi un movimento, c’è bisogno d’altro. La presenza di elementi multietnici non va vista come una forma di oppressione in tal senso soprattutto perché sarà il campo a giudicare se in futuro sarà giusto continuare su questa strada. Vazquez ed Eder, grazie al rendimento con le loro rispettive squadre, hanno conquistato una chance che nel futuro prossimo possono avere tutti, compresi gli italiani veraci, partendo dal presupposto che il commissario tecnico decide in base alle proprie esigenze.

Non sembra stare in piedi la teoria di chi sostiene che gli oriundi occupino il posto destinato agli attuali Under 21. Perché sfaldare proprio sul più bello il progetto portato avanti da Luigi Di Biagio? I vari Domenico Berardi, Daniele Baselli, Alessio Romagnoli e Daniele Rugani (tra l’altro già chiamato in Nazionale maggiore) giocheranno un ruolo fondamentale in vista dell’Europeo previsto in estate: lasciarli maturare affrontando quest’importante competizione (che non sarebbe male vincere) per poi fargli fare il grande salto può essere la giusta soluzione.

Basta inoltre vedere cosa succede con le altre Nazionali. Grazie anche all’integrazione, diverse Federazioni hanno avuto grandi risultati. Come la Germania campione del mondo 2014 che in rosa ha avuto Lukas Podolski, nato in Polonia da genitori polacchi, Mesut Ozil, (origine turca),  Jerome Boateng, nato da padre ghanese e Sami Khedira (padre tunisino). Un altro esempio è rappresentato dalla Svizzera dei ‘balcanici Blerim Dzemaili e Xherdan Shaqiri e di Gokhan Inler, nato da genitori turchi. In grandi del passato della Francia Marcel Desailly e Patrick Vieira hanno i natali rispettivamente in Ghana e in Senegal,  per non parlare di Zinedine Zidane, la cui famiglia proviene dall’Algeria. Infine tra le fila della Spagna, famosa per i settori giovanili all’avanguardia, c’è il caso legato a Thiago Alcantara: nato a San Pietro Vernotico da genitori brasiliani, trasferitosi nella penisola iberica quando aveva 5 anni, ha deciso di sposare la causa delle Furie Rosse. Per i più maligni, sembrerebbe che solo da noi ci facciamo questi problemi.

Insomma, se ci sono le regole a volerlo e i ci sono i presupposti per avere dei benefici tecnici, fare ricorso agli oriundi è legittimo. In fondo, il mondo è bello perché vario.

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Olivio Daniele Maggio

Originario di Francavilla Fontana, città dell'entroterra brindisino. Laureato in Scienze della Comunicazione e cresciuto praticamente a pane e calcio, coltiva molte aspirazioni tra cui quella di diventare giornalista professionista, ruolo che oscilla su un filo che divide il lavoro e la passione.

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