Ecco chi sono le “figurine” e i “personaggi” della Nazionale: 3 azzurri nel mirino

Uomini veri. Niente di trascendentale, quanto richiesto per una Nazionale competitiva ed in grado di onorare il più importante degli impegni. I leader da spogliatoio, invece, sono sempre meno anche nelle squadre che si ritrovano a vincere o sono comunque molto quotate: basti pensare al caso di Neymar, indubbia stella del calcio brasiliano, ma puntualmente opinabile dal punto di vista caratteriale e disciplinare.

Fonte immagine: Станислав Ведмидь, Football.ua
Fonte immagine: Станислав Ведмидь, Football.ua
Fare la voce grossa oggi è arte per pochi, c’è chi vorrebbe farlo e preferisce evitare per paura di risultare altezzoso, rinunciando così a permeare un gruppo. Non è tanto una strigliata, però, a fare la differenza; basterebbe sentire la tensione, la responsabilità, capire il significato di una partita ed il senso della rappresentanza, specie a livello internazionale. E’ un problema di generazioni, non solo calcistiche, ma anche sociali. Per questo oggi viene permesso ai giocatori di tutto e di più: ci si può isolare ignorando gli altri, ostentare i propri averi, contestare le critiche giustissime e persino contraddirsi a distanza di tempo, tanto difficilmente il giornalista amico del fenomeno di turno farà notare le incongruenze.
Nella Nazionale italiana che ha preso parte ai Mondiali sono stati individuati i “personaggi”, le “figurine”, quelli che hanno pensato più alla vanagloria o semplicemente fanno discutere. Vediamo allora chi può rispecchiare questo tipo di profilo tra gli ultimi azzurri andati in scena.
 
Mario Balotelli – Quella di De Rossi e Buffon non era solo rabbia, ma soprattutto delusione. Nel momento topico, quando c’era bisogno di fare gruppo per il bene di squadra e Paese, Balotelli ha fatto il bambino perché voleva essere lui il protagonista di un eventuale successo, perché zittire i detrattori è una soddisfazione che per lui si rinnova ogni volta: giustissimo. Ma viene prima di ogni altra cosa: ingiustissimo. I più filosofi e romantici potrebbero vedere nella nuova tinta di capelli un impulso per cambiare pagina, ma invece cela solo l’ennesima sfida del giudizio. Una cresta non sarà mai un codino di razza. Nel complesso, il risultato delle “balotellate” è stato non solo quello di mettere in difficoltà il ct, ma anche quello di alimentare le paure di tutti gli altri compagni, già legittimamente tesi senza bisogno del protagonismo di Mario.
Il Mondiale per un giovane è un po’ come l’esame di maturità: lo si sogna, si pensa per anni, mesi e settimane a come sarà, mentre intanto ci si prepara per l’evento. Non tutti i giorni, ma il pensiero principale rimane quello e diventa l’unico a ridosso dell’appuntamento. Per Balotelli, però, il Mondiale non è mai cominciato, perché non l’ha mai rispettato o preso sul serio. Il matrimonio, il bacio alla regina, le foto autocelebrative potevano essere rimandati alla fine dell’impegno; chi si prepara per l’esame di stato non si mette ad ascoltare la musica ogni mezz’ora mentre sta scrivendo la tesina. Mario, invece, ha superato brillantemente la prima prova, nonostante fosse sempre l’ultimo ad entrare in classe, sempre l’ultimo a salire sul pullman, e poi si è lasciato andare toppando la seconda e ancor di più la terza, finendo col non essere ammesso agli orali. Il punto è che alla maturità prima o poi partecipano tutti, al Mondiale solo Balotelli.
 
Antonio Cassano – Che il destino della squadra venga prima di tutto è un concetto non sempre facile da assimilare. “Fantantonio” era stato finalmente accontentato, era al suo primo Mondiale, anche se non partiva da protagonista, ma ce l’aveva fatta, con le sue sole forze, risalendo la china contro i pronostici dei tanti e facendo cambiare idea anche a mister e compagni (alcuni, forse). Tutto perfetto, e invece no: proprio quel non essere protagonista gli pesava, e lo ha fatto pesare agli altri dopo la partita con l’Inghilterra, inquinando il clima più disteso favorito da un’iniezione di ottimismo che ci voleva nell’ambiente, prima di essere rovinato dall’io. Imbarazzo, primi accenni di nervosismi. Qualcuno rinfaccia al ct la scommessa del ritorno. Le parole rilasciate da Cassano al termine del match con la Costa Rica, quelle sulla qualificazione da ottenere a tutti i costi, potrebbero essere quelle di uno che è già stato bacchettato per essere stato messo in riga. Se ne è parlato poco, forse non se ne sarebbe parlato proprio se non fosse scoppiato il putiferio legato all’ultima partita. Fatto sta che Cassano aveva rimesso piede in Nazionale reincontrando anche chi si era scontrato apertamente con lui in passato, come De Rossi, ma soprattutto Bonucci, che dopo gli Europei ribattè all’uscita del barese sugli juventini con la sicurezza di chi ha il posto fisso e sta parlando a chi – pensa – non ce l’avrà più. E invece Cassano è tornato e quelli come Bonucci se lo sono dovuto tenere. Non proprio la migliore delle premesse per puntare sul concetto di gruppo.
 
Lorenzo Insigne – Segnali negativi che lo rendono lontano dall’essere leader si sono visti prevalentemente nel club. Già dopo il primo anno al Napoli, tra le opinioni dei tifosi partenopei si potevano scorgere quelle che lo volevano già esaltato ed improponibile. Non sono andate giù la reazione di fronte ai fischi del San Paolo e le dichiarazioni circa il modo di tifare all’ombra del Vesuvio. Intanto Mertens e Callejon lo hanno spinto indirettamente sul mercato, tanto che alla fine della stagione sono iniziate a spuntare voci su una possibile cessione che minano l’apparente alone di intoccabilità del prodotto di casa. La convocazione per i Mondiali è stata a tratti fortuita, ma comunque ci stava. Pubblicizzarla in tv come se Lorenzo fosse il protagonista di un reality, però, ha reso provinciale ciò che dovrebbe responsabilizzarlo. Alla fine della fiera, dopo tutto il chiacchiericcio, Insigne è sceso in campo durante i Mondiali ed il risultato è stato quello che in molti si aspettavano: inconsistenza. Chi ama il giocatore per convenienza o tifo, però, non lo ha riconosciuto. L’omertà non ha mai fatto crescere nessuno.

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