Bomber Piovaccari: “Adesso datemi il Barça. Sognavo la A, ma adesso è tardi”

Noi di SoccerMagazine l’abbiamo chiamata la “favola” (clicca qui per leggere l’articolo), perché altri modi per definirla non c’erano. Quella che sta vivendo Federico Piovaccari è indubbiamente una favola, come testimoniano le sue parole alla Gazzetta dello Sport:

Federico Piovaccari ai tempi della Samp (Fonte: Gerolamo Calcagno)
Federico Piovaccari ai tempi della Samp (Fonte: Gerolamo Calcagno)

Un bel gol, effettivamente… 
Rubiamo palla a centrocampo, lancio in profondità, scatto e in area faccio la classica sterzata, il portiere esce e lo infilo di sinistro. Bello sì, ma soprattutto importante”.

E ora i gironi di Champions. Siete in quarta fascia, quindi non potrete affrontare il Napoli. Di Juve e Milan che ne dice? 
Mah… io guardavo la prima fascia. Real, Barcellona, Manchester, Bayern: un sogno. Se potessi scegliere vorrei giocare al Camp Nou”.

Da Gallarate a Barcellona. Rammarico per esserci arrivato a 29 anni? 
Nel 2011 da capocannoniere in B sognavo la Serie A, ma mi chiamò la Samp che era appena retrocessa. Però preferisco pensare al presente: sono in Champions e me la godo”.

Difficile lasciare l’Italia? 
Nella mia carriera ho cambiato spesso squadra. Qui si trattava di cambiare anche il Paese, ma la Steaua mi ha voluto fortemente, è un club con una tradizione importante e non ci ho pensato un momento. Bucarest è una bellissima città. Per i bambini abbiamo trovato una scuola italiana”.

Tifano già Steaua? 
Tifano per il papà. Andreas martedì sera è voluto restare sveglio per vedere la partita e al mio gol ha esultato. Poi a fine primo tempo è crollato dal sonno. Meno male che avevo segnato prima…”.

E se a fine anno arrivasse un’offerta dalla Serie A? 
“La tentazione di misurarmi con un campionato mai provato ci sarebbe, ma qua mi trovo bene. E poi ho quasi 30 anni e a questa età in Italia un calciatore è considerato vecchio…“.

Contatti con l’Italia? 
“Mio papà Roberto è venuto a vedermi in casa con il Legia e tornerà per l’esordio nei gironi. Mi segue da sempre, è il mio primo tifoso ma anche il più esigente: quando gioco male me lo dice chiaramente. E poi ha fatto l’operaio, ora è in cassa integrazione e attende di andare in pensione, come tanti altri. Una storia che mi fa riflettere”.

E lei, a Gallarate ci torna? 
“Certo, è il luogo dove sono cresciuto, ho fatto le scuole, dove abitano i miei genitori. La mia compagnia, però, era di Cassano Magnago e lì ho comprato casa. Ogni volta che torno facciamo le rimpatriate, tutti insieme: Paolo, Matteo, Igor, Gianmarco, come ai tempi dell’oratorio”.

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