Parla l’allenatore del Milan femminile: “Costruiamo le giocatrici dal basso”

Non solo Donnarumma, Cutrone e Gattuso: ci sono tante ragazze che ogni settimana scalpitano per rappresentare i colori del Milan. Forse con un po’ di luce in meno da parte dei riflettori, ma comunque con grande voglia di fare e di diffondere lo spirito del “Diavolo” rossonero in campo. Proprio negli ultimi giorni il Milan femminile ha conquistato la permanenza in Serie B e la pagina Facebook 5-5-5 ha intervistato per l’occasione il mister Mario Reggiani, che ha ripercorso le fasi salienti di una stagione importantissima per la società:

Mario Reggiani, allenatore del Milan Ladies
Mario Reggiani, allenatore del Milan Ladies
Mister, ripartiamo da domenica, c’è stato il coronamento di una splendida stagione condita da risultati importanti: vittoria contro l’Orobica, buone prestazioni nei derby…

“Sì. Decisamente. Lo dico col sorriso a 32 denti. Abbiamo fatto qualche risultato oltre le aspettative e dopo alcune partite, soprattutto nei derby, ci siamo guardati in faccia negli spogliatoi dicendoci che potevamo fare di più, cosa che finché parte dall’allenatore può sembrare forzata, ma quando è condiviso dalle ragazze ci si rende conto di come, a prescindere dall’avversario, si sia pronti a fronteggiare chiunque lavorando come squadra, il vero valore aggiunto della stagione”.

C’è stato un momento particolare in cui si è sentita di più la sintonia nel gruppo e si è preso coscienza del valore della squadra o già da subito era una cosa evidente?

“Al primo allenamento, il 18 agosto, ci siamo conosciuti come gruppo nuovo e c’è stata un’amalgama semplice, cosa per cui bisogna dare merito sia alle ragazze già presenti che alle nuove, anche perché sono innanzitutto delle brave persone, una cosa che sottolineo sempre con la società. Se però devo focalizzare un momento in cui ho visto la presenza di un gruppo vero e proprio è stato nei momenti più difficili, faccio due esempi: la sconfitta di Marcon, bruttina come gioco, e per “eccellenza” la sconfitta interna contro l’Orobica dove è stato emblematico il fatto che siamo entrati negli spogliatoi chiedendoci cosa fosse successo e le ragazze per prime non si spiegavano la prestazione, però sapevamo chi fossimo e che quanto capitato non aveva importanza; dopo quella gara ci siamo allenati molto bene e infatti abbiamo avuto una serie di risultati e prestazioni che ci hanno dato coscienza di quanto fosse vero. Il gruppo lo vedi dalle piccolezze: quando ad esempio c’è un esercizio in cui si sbaglia ma le ragazze si aiutano e correggono tra loro, tanto che qualche volta scherzando dico che posso andare via dall’allenamento senza problemi”.

Dalla gara che abbiamo visto in effetti si percepiva la coesione della squadra, cosa che poi si rifletteva nel gioco. Questo può essere stato il fattore di spinta in più per centrare gli obiettivi o c’è stato comunque bisogno dell’aiuto di qualche giocatrice in particolare?

“Non voglio fare il filosofo. L’esperienza di qualcuno è sempre d’aiuto, soprattutto per le giovani, però è altrettanto vero che nel momento in cui, grazie ad un lavoro di gruppo globale, queste esperienze si sono messe a disposizione, senza pensare al sé, ma puntando alla prestazione, che diventa tale se c’è una squadra che si muove bene insieme seguendo determinati principi, allora ci divertiamo. In determinate partite, con squadre che reputo forti, questo si è visto e ci ha permesso di giocare alla pari o prevalendo, mi viene facile nominare l’Inter ma aggiungo Orobica, Meda che reputo una squadra forte. Ci sono anche state gare con squadre dotate di individualità meno preponderanti, e faccio volentieri il nome del Como che credo abbia fatto benissimo in questa stagione, in cui siamo stati messi in difficoltà ma abbiamo retto bene”.

Considerate le diverse idee di gioco che circolano adesso, tra chi preferisce il possesso palla infinito e chi la rimessa, la velocità, lei quale sistema preferisce?

“Parto da lontano: un pò per studi un pò per passione ho iniziato a lavorare nel mondo del calcio con i bambini e se c’è una cosa che ho imparato da loro e che bisogna attaccare perché è ciò con cui i bambini si divertono. Quando noi giochiamo siamo sempre un pò bambini quindi in modo più strutturato, perché parliamo di concetti tattici, mi piace l’idea di attaccare, nei margini delle possibilità: se si può tener palla ben venga ma ci siamo sempre tenuti pronti la soluzione bis perché ci sono anche avversari molto bravi a non farti giocare. Appena si può però proviamo a fare possesso, che è la cosa più bella ed è molto meglio che rincorrere il pallone”.

In prospettiva per la prossima stagione, anche se è ancora molto presto, a cosa puntate?

“E’ una domanda da un milione di dollari. Noi continuiamo a considerare questa stagione come un sogno e quindi lo viviamo come tale. Ho letto una frase molto bella <>, per cui, stando nei margini di quello che può essere un obiettivo e pur sapendo che una Serie B come quella della prossima stagione vedrà in campo squadre preparatissime, con mezzi superiori ai nostri, vogliamo pensare a quel qualcosa in più che ci permetta di provarci pur avendo la paura di non riuscirci, cosa che ti può spingere a provarci ancora di più”.

Infine, un suo parere sulla Nazionale che è ad un passo dal sogno Mondiale: dove può arrivare questa squadra?

“La Bertolini è il top, sta facendo un lavoro che forse doveva partire prima. Ho visto Italia-Belgio e una Nazionale con delle idee. Di sicuro abbiamo bisogno di fare esperienze ma già qualificandoci al Mondiale dopo tutti questi anni faremmo un passo importante. Quello che mi fa avere fiducia e vedere tanti settori giovanili che crescono, stiamo finalmente costruendo le giocatrici partendo dal basso. Con un lavoro mirato della Nazionale a lungo raggio ed il lavoro con le giovanili possiamo giocarci questo Mondiale senza pensieri e poi fare in modo di puntare sempre più in alto”.

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