Esclusiva-Amauri: “La Nazionale si rifarà. Le bandiere meritano di più”

Per diversi anni è stato uno degli attaccanti più interessanti e temuti della Serie A: Amauri Carvalho de Oliveira, per gli amici semplicemente “Amauri” o “Ama”, oggi vive a Miami dopo le ultime esperienze nella North American Soccer League. Il centravanti ha lasciato molti bei ricordi in Italia, dove in 15 anni ha giocato in tantissime piazze importanti, togliendosi anche la soddisfazione di conquistare un gettone con la Nazionale azzurra. Amauri ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine commentando dunque alcuni argomenti relativi al calcio italiano e alla sua carriera.

Amauri - Fonte immagine: FRANCESCO, Flickr - Wikipedia
Amauri – Fonte immagine: FRANCESCO, Flickr – Wikipedia
Che idea ti sei fatto dell’attuale momento storico del calcio italiano, considerando la mancata qualificazione della Nazionale ai Mondiali?
Per quello che ho visto essendo all’estero oggi, la Nazionale al Mondiale è mancata un po’ a tutti, perché ci sono parecchi tifosi dell’Italia in tutto il mondo. Sicuramente è stata una cosa cui era impossibile credere, però è successo. Oggi l’Italia ha un nuovo allenatore, ci sono nuovi progetti, perciò credo che la Nazionale si rifarà nei prossimi anni sicuramente.

Secondo te l’arrivo di Cristiano Ronaldo ha aiutato un po’ a dimenticare questa delusione del calcio italiano?
L’arrivo di Cristiano secondo me è un bene per tutta la Serie A e per l’Italia, anche perché il campionato italiano ha sempre avuto dei grandi campioni in assoluto, ma negli ultimi anni ne sono arrivati pochi. Da qualche anno non ne arrivavano della dimensione di Cristiano Ronaldo. Sicuramente la Serie A, l’Italia in sé ci ha guadagnato con un giocatore straordinario come lui.

Tra le varie squadre in cui hai giocato c’è anche il Napoli, con cui hai esordito in Serie A e che oggi è una delle società più solide in Italia e in Europa. Ti saresti mai aspettato una crescita del genere?
Per quello che so, avendo degli amici che stanno a Napoli da tanti anni, l’idea era quella di far tornare il Napoli al livello degli anni ’90, quando il Napoli era su tutte le pagine dei giornali e credo che De Laurentiis volesse questo. Credo anche che già da qualche anno il Napoli meritasse di vincere qualcosa di importante. Penso sia già sulla strada giusta perché torni ad essere quel Napoli di qualche anno fa: degli anni ’90, principalmente.

Dopo l’esperienza alla Juve hai fatto parecchi goal a Parma. Non hai più avuto contatti con la Nazionale di Prandelli dopo il tuo esordio?
No. Dopo che sono andato via a metà anno dalla Juve e sono andato a Parma con una situazione particolare – anche se alla fine siamo riusciti a salvarci – io ho incontrato Prandelli: purtroppo in quell’occasione c’erano le convocazioni e io ero infortunato. Poi non ho avuto più rapporti con la Nazionale, anche se poi sono rientrato a Parma e ho continuato a fare bene. Però era finita lì, diciamo così.

Ad oggi senti di dire che l’esperienza migliore della tua carriera, dal punto di vista realizzativo, sia quella di Palermo?
A Palermo sono stati due anni intensi: si è verificato l’infortunio, sono rientrato ancora meglio. Alla Juve sono stato 4 anni, però se andiamo a vedere sulla carta alla Juve ho giocato 2 anni, per cui in termini di realizzazioni, al di là che ho fatto tante presenze, di goal ne ho sempre fatti, anche al Parma. Sono stato due anni fuori dalla Juve, perciò in due anni avrei fatto 20 goal. Al di là di quello si poteva fare di più, quello è sicuro, però la situazione che abbiamo vissuto in quei due anni terribili non era facile.

Da un paio di anni in Serie A c’è una prima punta molto promettente che però fatica ancora ad esplodere. Da ex centravanti, cosa pensi di Patrik Schick?
L’ho visto. A me come giocatore piace, piace tanto. Quanti anni ha adesso lui? 23. Ha tutto il tempo del mondo. Io a 23 anni non avevo mai fatto tanti goal, Vieri lo stesso, tanti altri attaccanti che hanno cominciato a fare tantissimi goal dopo i 25 anni. So che gioca già in una grande squadra, la pressione è tanta, però credo che lui abbia dei compagni e delle persone al suo fianco che possano tranquillizzarlo cosicché possa crescere e fare quello che sa fare, che è goal.

A Torino hai avuto due volte come compagno Fabio Quagliarella: conoscendolo, pensi che possa farcela davvero a battere Ronaldo nella classifica cannonieri o alla fine avrà la meglio il portoghese?
Io conosco Fabio, ho avuto l’occasione di stare insieme a lui due anni al Toro e poi ho giocato mezzo anno con lui alla Juve. Sappiamo tutti che è un giocatore che sorprende. Ogni anno riesce a sorprendere tutti. D’altronde quest’anno sta facendo qualcosa di speciale. Io sicuramente tifo per lui affinché possa veramente essere il re dei bomber quest’anno. Perché no?

Negli ultimi anni molti riferimenti storici del calcio italiano hanno conosciuto addii indesiderati per diversi motivi, tra Di Natale, Del Piero e Totti. Secondo te le società devono essere più delicate o comunque devono mettere in primo piano le proprie finalità?
Io credo che le bandiere debbano avere un qualcosa in più. Anche Maldini, per quello che ha fatto nel calcio, sicuramente meritava di più. Però a volte è difficile capire queste cose. Come punto di vista e opinione personale le bandiere devono avere qualcosa in più, perché hanno dato veramente tutto per una maglia e secondo me meritano un po’ di più. Non dico di rispetto, perché ne hanno da tutti, non solo dalla società, ma meritano qualcosa in più per loro, ecco.

Come sai in Italia è molto discusso il tema degli oriundi, che tu stesso hai riportato in auge 9 anni fa. Come lo vedi considerando che in molti cambiano addirittura Nazionale, come successo a Vázquez e Diego Costa? Ti senti offeso o se avessi avuto l’occasione avresti giocato col Brasile quando Prandelli aveva smesso di chiamarti?
No. Mi avevano chiesto se mi fossi pentito. No, non mi sono mai pentito di aver fatto la mia scelta. In verità la Nazionale brasiliana mi aveva chiamato, d’accordo con la Juve, perché avevo dato la parola a Lippi all’epoca. In maniera molto serena ho detto che avevo già scelto l’Italia, perché il Brasile l’avrei aspettato fino ad un certo punto, quando è arrivato quel punto non mi ha chiamato. Una cosa posso dire: che ho una parola. Perciò ho detto a Lippi: “Se hai intenzione di chiamarmi e ho tutti i requisiti, io accetto la Nazionale italiana da oggi in poi”. E così è stato.

A distanza di 3 anni, cosa ti manca di più del calcio italiano?
A me del calcio in sé manca non dico il campo – perché quello manca a tutti -, ma mi mancano i momenti con i miei compagni, che sono momenti particolari, momenti di gioia, di tristezza, di scherzi, ecco. Manca lo spogliatoio, la cosa che più mi manca: i miei amici che sono riuscito a farmi nel corso della mia carriera e che tuttora sento per telefono.

Per concludere: c’è un attaccante che sta giocando oggi nel quale ti rivedi o che credi che somigli ad Amauri?
Credo Inglese. Se devo dire un nome che mi è venuto in mente così su due piedi, direi Inglese, ecco.

Si ringrazia Amauri per la cortese disponibilità.

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