Esclusiva-Bonolis: “Conte è una soluzione. Totti? Non invecchio solo io…”

Se si pensa a quella larga cerchia di personaggi dello spettacolo facilmente riconducibili a un’affezione per il mondo del calcio, il nome di Paolo Bonolis è sicuramente uno dei primi a venire in mente. Il celebre conduttore televisivo, infatti, non ha mai nascosto negli anni la sua fede interista, divertendosi anzi a scherzarci su a più riprese, facendone quasi un suo marchio di fabbrica. Il tutto conservando sempre professionalità e cognizione di causa. Bonolis ha dunque rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlandoci non solo dei nerazzurri, ma anche di tanti altri argomenti relativi al calcio italiano di oggi.

Fonte: Raffaele Fiorillo – wikipedia.org
Da diversi anni ormai il calcio italiano è fatto di proprietà straniere e sono sempre le stesse squadre a vincere. Lei che è un noto tifoso interista, sta percependo un modo diverso di intendere il nostro campionato?
No, non sono sempre le stesse società a vincere, è sempre la stessa società, che non è di proprietà straniera. È una società forte, che è costruita sulle fondamenta di quella che è forse la prima azienda italiana. Invece l’avvento di alcune proprietà straniere in Italia è figlio di una necessità di investimenti che altrimenti altre società italiane credo non potrebbero fare per tenere quelle società ad un livello di calcio, di qualità di spesa e di giocatori con le altre squadre europee importanti. Vero è che tutte queste proprietà straniere che sono arrivate in Italia vengono con delle ragioni ben precise, che sono poi economiche. Suning viene per alimentare un marchio cinese importante, per sfondare anche in Occidente con quel marchio e ha scelto come volano pubblicitario anche la FC Internazionale, a Roma sono venuti per un’attività imprenditoriale che dovrebbe essere quella della costruzione dello stadio e così via. Niente di male se si porta del denaro in Italia che produca anche lavoro. La realtà è che per il momento mi sembra che ci siano ancora della diffidenza e degli interessi nazionali abbastanza oscuri che non permettono a questa imprenditorialità di essere attiva su quello che vorrebbe fare. Credo che questo sia il problema principale soprattutto della Roma. Niente di strano sul fatto che ci siano proprietà straniere. In altri Paesi ci sono economie superiori alla nostra e per avere delle squadre che siano all’altezza di quelle più ricche c’è bisogno di proprietà economicamente più importanti.
 
Nei processi di rinascita degli ultimi anni, secondo Lei cosa ha fatto l’Inter di meglio rispetto al Milan?
Tutto.
 
Quali sono le Sue sensazioni verso il primo Inter-Juventus con Conte in nerazzurro?
(ride, ndr) Il problema non è Conte in nerazzurro, il problema è la rosa della Juventus. Conte in nerazzurro è una soluzione, non un problema. La rosa della Juventus è molto importante, l’abbiamo vista anche in Champions. Squadre di livello alto come il Barcellona, la Juventus, il Bayern, il Manchester City e il Real – anche se sta vivendo un momento di difficoltà – hanno una panchina che corrisponde agli undici titolari. In quel senso, secondo me, l’Inter ha ancora due o tre toppe che devono essere messe. Mi spiego: l’Inter, ad esempio, ha due giocatori che sono in grado di gestire la palla a livello di impostazione del gioco che sono Brozovic e Sensi. Laddove per una ragione di turnover, di stanchezza, di squalifica, di infortunio o quel che sia uno dei due viene meno ecco che ne rimane l’unico che può raccontare il calcio e fare geometrie. Ne servirebbe un altro, altrimenti torniamo alla situazione dello scorso anno dove essendo solamente Brozovic quello che costruiva, soffocato lui è soffocato il gioco della squadra, che in piccola parte è quello che è successo ieri sera quando è entrato Vidal per soffocare l’iniziativa di Brozovic. L’Inter ha bisogno di un attaccante in più di peso. Ieri hanno giocato molto bene Sanchez e Lautaro nel primo tempo, al leggero calo dell’uno è corrisposto l’ingresso in campo di un intendimento più difensivo prima con Gagliardini e D’Ambrosio e successivamente con Politano, che però è un esterno nel vero senso della parola. Quindi in assenza di Lukaku probabilmente anche un altro centravanti, non dico con quelle caratteristiche, ma quantomeno un centravanti puro in grado di tenere palla sarebbe necessario, come credo che sia necessario un cursore in più. Ecco, risolte queste tre importanti figure di sostegno agli undici titolari, per come sa farla giocare e come sa farla pensare Conte, l’Inter è in grado di mettersi al passo di tutte le altre. Finché c’è questo piccolo gap dobbiamo augurarci che non sia necessario dover sostituire, cambiare o ragionare su formule differenti dai 12-13 titolari effettivamente di medesimo livello che ha l’Inter nella rosa.
 
Il calcio italiano ha subito uno scossone soprattutto a giugno con il doppio addio di Totti e De Rossi alla Roma. Lei che ha avuto modo di incontrarli e di intervistare il secondo, che idea si è fatto della vicenda?
Io credo che Daniele sia una persona di immenso spessore, nel senso che quando ebbi la fortuna di incontrarlo a “Il senso della vita” ho avuto modo di interloquire con un ragazzo che non solo sa giocare a calcio, non solo ha un carattere ferreo nel momento in cui esercita quei 90 minuti con gli scarpini e i calzoncini e durante la settimana mentre si prepara, ma è un uomo che sa pensare, un uomo che sa scegliere, un uomo che sa ragionare, un uomo che sa distinguere. La scelta che ha fatto di andare al Boca è segno di un profondo romanticismo nei confronti dello sport che pratica. Francesco lo conosco meno. Francesco è stato un grande calciatore con immense doti di tocco e di visione di gioco. Che significa che sono andati via? Significa che a un certo punto il calcio e la biologia soprattutto ti dicono che determinati momenti sono finiti. Insomma, non è che invecchio solo io nell’esistenza. Invecchiamo tutti e per poter sostenere quei ritmi che richiede questo sport bisogna essere non solo bravi, ma anche fisicamente disponibili e biologicamente presenti.
 
In tutto ciò, fra le tante pretendenti allo scudetto, dove posiziona esattamente il Napoli?
Esattamente tra quelle che possono permettersi di lottare per lo scudetto. Il Napoli è una squadra che gioca molto bene, che ha una splendida rosa, che fa un gioco differente et dell’Inter et dalla Juventus, pratica un gioco rapido fatto di velocissimi passaggi e di grande movimento da parte di tutta la struttura offensiva della squadra. È una squadra che mi piace molto, gioca molto bene. Secondo me se il Napoli, l’Inter e la Juventus mantengono la postura mentale che hanno avuto fino a questo momento possono tranquillamente lottare per lo scudetto. Teoricamente come postura in campo anche l’Atalanta potrebbe, ma non so se la rosa glielo permetta. E poi ci sono delle squadre che potrebbero crescere: la Fiorentina è una squadra che non mi dispiace affatto, non credo possa lottare per lo scudetto, ma può veramente disturbare tante squadre così come la Lazio, che ha anch’essa una rosa limitata per quello che può essere un lungo periodo di stagione, ma credo abbia una postura mentale che deve essere rinforzata, soprattutto per la costanza del ritmo che sa imporre a una partita. Il Milan potrebbe risorgere da un momento all’altro se ci fosse alle spalle un disegno tecnico che corrispondesse anche a una rosa che lo assecondasse. Poi le altre squadre sono complicate da affrontare. In Serie A a dispetto di altri campionati ogni partita è estremamente complessa e va vinta. Altri campionati permettono a squadre importanti di potersi anche rilassare nel corso della stagione, in alcuni frangenti di campionato. In Italia è difficile anche andare a far punti anche con il Verona, l’abbiamo visto, come non è facile contro Udinese o SPAL. Sono partite fastidiose, in cui si gioca a calcio con grande tatticismo e quando il tatticismo è azzeccato certe volte anche il campione rimane invischiato come la mosca nella ragnatela.
 
Per concludere: Lei che lavora da decenni nel mondo dello spettacolo e quindi anche della comunicazione, come e quanto pensa sia cambiato il modo di vivere il calcio con l’avvento dei social?
Con l’avvento dei social non è cambiato il modo di vivere il calcio, con l’avvento dei social è cambiato il modo di vivere. Il calcio è solo una piccola parte di quello che i social stanno cambiando nell’atteggiamento mentale delle persone che vi navigano. C’è una grande volontà di dire e c’è poca volontà di ascoltare. Tutti presumono di avere qualcosa da offrire, ma non so quanto abbiano l’umiltà di voler raccogliere. I social stanno cambiando molto, sono molto distraenti e generano spesso degli esagerati gonfiori dell’ego da parte delle persone. Il calcio è uno dei tanti spicchi della realtà che viene anch’esso spesso contaminato in maniera eccessiva dalla percentuale di visibilità in più che ti regala il mondo social se ne fai parte. Invece, per ritornare solamente al mondo del calcio ciò che mi lascia veramente perplesso è il fatto che calcisticamente parlando ci sono due cose che non capisco. Una è il meccanismo del VAR che prevede che un arbitro che sta al VAR e che magari la domenica successiva arbitrerà, nel momento in cui individua qualcosa deve chiedere all’arbitro in campo se è d’accordo. Perché lo delegittimerebbe, si dice. Fondamentalmente stiamo parlando di due persone che fanno la stessa attività, solo che una ha una visione tridimensionale, ma anche offuscabile dalle circostanze del campo, l’altra ha una visione talmente netta e pulita dalle immagini che ha disposizione che potrebbe essere di sostegno senza bisogno di dover fare poi un confronto “Guarda te se sei d’accordo con quello che ti dico”. “Se ti dico che è così è così, amen”. Detto questo, l’altra cosa che non capisco è come viene gestito il tempo: in fondo nel calcio ogni decisione è estremamente soggettiva, l’unica cosa totalmente oggettiva che un arbitro ha a disposizione nello sport è il tempo, eppure è l’unica cosa che viene gestita in maniera soggettiva. Questa cosa non l’ho mai capita io, tutto qua.
 
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