Esclusiva-Dossena: “Assurdo esonerare Di Francesco. Farò l’allenatore”

L’ex terzino di Liverpool e Napoli, Andrea Dossena, ha commentato ai microfoni di Soccermagazine alcune situazioni del calcio italiano.

Andrea Dossena è stato per anni uno dei terzini mancini più in vista del panorama calcistico italiano. Nel corso della sua carriera l’ex calciatore ha indossato diverse maglie importanti, togliendosi anche la soddisfazione di approdare a Liverpool e contestualmente in Nazionale. Dossena ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando del suo vissuto e di diversi temi d’attualità del nostro calcio.

Dossena nel Napoli di Danilo Rossetti
Dossena nel Napoli – Fonte immagine: Danilo Rossetti

Da diversi anni a questa parte la corsa allo scudetto riguarda solo la Juventus e il Napoli, tua ex squadra. Ti sembra che la Serie A sia meno competitiva rispetto a quando anche tu ne facevi parte?
Forse c’è stato un calo negli ultimi anni, adesso diciamo che certe società hanno capito cosa bisogna fare per tornare a investire e riportare campioni nel nostro campionato. Guardando un po’ anche quello che le italiane stanno facendo in Europa, forse siamo al di fuori da questo tunnel o comunque ci stiamo avvicinando all’uscita. Faccio sempre un esempio che specifica un po’ il tutto: quando avevo 20 anni io ed ero un terzino sinistro, in Italia al Milan c’era Maldini, alla Roma c’era Candela, alla Juventus c’era Zambrotta ed era molto più difficile per un ragazzo della mia metà andare in queste squadre. Ci son stati certi anni in cui invece questa qualità in campo non c’era. Adesso speriamo che investendo su stadi e strutture il gap con l’Inghilterra e altre nazioni come la Spagna con Atletico, Barcellona e Real Madrid si riduca. Speriamo di tornare su quei livelli lì.

In questo finale di stagione il Napoli potrebbe conoscere un percorso contrario a quello dell’anno scorso, ovvero snobbare il campionato per dedicarsi alla coppa. Se Ancelotti non portasse a casa nemmeno l’Europa League, si potrebbe parlare di fallimento?
Assolutamente no, perché innanzitutto ha preso una squadra che aveva fatto qualcosa di straordinario con Sarri e lui con la sua grande personalità ed esperienza è riuscito a mettersi in gioco e secondo me non era da tutti. Il percorso era molto difficile da rifare, comunque il Napoli aveva fatto il record di punti, tutto quello che Sarri è riuscito a portare a casa era molto difficile da ripetere. Eppure Ancelotti ha aiutato la squadra a portare a casa il secondo posto e ad avere più quella esperienza, quella globalizzazione europea che serviva al Napoli. Adesso avrà un avversario ostico quale l’Arsenal, ma secondo me se riesce a superare il confronto con gli inglesi ci sono buone possibilità che arrivi in finale.

Nell’ultima partita il Napoli ha dominato una Roma che solo un anno fa aveva sfiorato la finale di Champions League. Rispetto a quando l’hai affrontata tu, in cosa ti sembra cambiata la squadra giallorossa?
Secondo me non tanto rispetto a quando c’ero io, ma rispetto a 3-4 mesi fa è cambiata. L’errore assurdo, quasi da dilettanti, non tanto per la qualità di Ranieri, è stato esonerare Di Francesco. Perché chi capisce di calcio e chi ragiona calcisticamente parlando sa che l’esonero di Di Francesco non ci può stare. Ha fatto qualcosa di eccezionale l’anno scorso, gli hanno venduto i pezzi migliori e la società non può partire dal presupposto di smantellare tutto ogni anno e togliere la colonna vertebrale ogni anno, per poi volere sempre gli stessi risultati. Non è così che funziona.

Negli ultimi tempi il calcio italiano ha conosciuto un’involuzione che è culminata con la mancata qualificazione ai Mondiali. Tu hai partecipato con la Nazionale alla Confederations Cup del 2009, che è stato il primo vero torneo fallito dall’Italia dopo il 2006. Avevi già colto allora qualche elemento sulla crisi che avrebbe interessato gli azzurri negli anni a venire?
Sì, anche se c’erano fior fior di campioni perché comunque tra Camoranesi, Cannavaro, Pirlo c’era ancora una squadra che aveva tantissima qualità in campo, però forse non avevamo messo il gioco al centro di questo sistema, ecco. L’Italia del 2006 ha vinto il Mondiale, però non è che ha vinto con un gioco fantastico o che ha ammaliato tutti per quanto espresso. Ha vinto perché aveva tantissimo talento, da buttarne via in campo, e con l’esperienza è riuscita a portare a casa il Mondiale. Tra l’età che avanzava per certi campioni e la mancanza di centralità del gioco si è arrivati poi alla conclusione di avere poche soddisfazioni per la Nazionale da quell’anno lì.

A proposito di Roma e Nazionale: proprio in quegli anni si vociferava molto di un possibile ritorno di Totti in vista di Sudafrica 2010. Nel gruppo di Lippi non ne avevate mai parlato?
Sì, è vero, se ne parlava, ma sarebbe stata una decisione solamente sua. In Nazionale chiunque l’avrebbe voluto in squadra, qualunque mister avrebbe voluto tra le sue fila un giocatore e un campione come Totti, però logicamente sapevamo che era una sua decisione se tornare o no. Faccio un paragone: se Cristiano Ronaldo avesse deciso di non andare più in Nazionale dopo aver vinto l’Europeo con il Portogallo e poi magari fosse voluto tornare, chi non lo avrebbe voluto? Era il pensiero di tutta la squadra.

Negli ultimi anni molti simboli storici del calcio italiano come Totti, Del Piero o anche Di Natale dell’Udinese, altra tua ex squadra, hanno conosciuto ritiri quasi indesiderati. Secondo te le società di calcio devono avere più tatto verso queste bandiere o devono comunque perseguire in primis le proprie finalità aziendali?
È una situazione molto difficile sia a livello societario, sia per l’allenatore che deve gestire questi campioni, sia per il campione che deve cercare di capire che gli anni passano. Sono situazioni molto complicate. Diciamo che quella che ha gestito meglio negli anni la situazione è sempre stata la Juventus, sia con Del Piero prima sia con Buffon poi. Con Del Piero magari un po’ meno, con Buffon si è cercato di più di incanalare il discorso post-calcio insieme, perché il giocatore si sente sempre giocatore anche a 40 anni perché ha il desiderio, la voglia di dimostrare ancora e di dare sempre quello che ha dentro. È una situazione parecchio complicata. Magari prima, da calciatore, avrei detto che ci voleva più tatto, adesso, da fuori, dico che capisco le società che ragionano aziendalmente parlando.

Ricordiamo che tu vanti anche diverse esperienze in Inghilterra. Proprio oggi è arrivata la notizia che è stato eliminato il “boxing day” in Serie A. Tu cosa importeresti dalla Premier League a favore del campionato italiano?
Tutto! Tutto quello che c’è dall’altra parte lo porterei. Alcune cose le stanno copiando, altre non ancora. Ad esempio in Coppa Italia farei assolutamente un sorteggio libero dai sedicesimi, nel senso che la Juventus può capitare di andare a giocare con la Ternana. Farei assolutamente tutto così perché è tutto più bello. L’Inter che gioca in casa con il Pordenone fa 2.000 spettatori, se invertono i campi ne fanno 15.000 – stadio permettendo – e una società di Serie C si paga la stagione per una partita. È molto più intrigante perché ci sono anche molti più colpi di scena. Hanno tolto il “boxing day”, noi l’abbiamo copiato pochi anni fa, però ci sono tante cose. Adesso sono arrivati a pensare di fare delle partite in Cina: vengo in Cina o comunque da tutte le altre parti. Ben venga, perché è vero che magari il tifoso mugugna un po’ all’inizio perché non può vedere la sua squadra, però magari quando a fine anno invece di comprare un attaccante da 8 goal la società riesce a permettersene uno da 30, anche il tifoso dopo è molto più contento.

Gli anni più esaltanti della tua carriera sono stati forse quelli di Napoli, dove hai partecipato alla prima vittoria di un trofeo dell’era post-Maradona. Che parole usi quando devi descrivere l’atmosfera napoletana a chi non conosce la città?
È molto complicato far capire a qualcuno, che magari non ha giocato a calcio, cosa provi quando vesti quella maglia e cosa ti dà quella città, perché comunque i tifosi ti amano incondizionatamente. Questa è una cosa che mi piace tanto. Magari sono altalenanti perché in una coppia se una persona ama tanto vuole essere anche ricambiata e se in certe partite non riesci a vincere in quella dopo lo stadio non è così pieno, però per l’amore che ti danno, se sei titolare, se non sei titolare, al ragazzino che veste per la prima volta quella maglia, è qualcosa di particolare. Il San Paolo pieno, nelle partite di quelle in cui si veste da sera, si mette lo smoking e diventa veramente una bolgia, è veramente difficile da spiegare, ma anche ad un altro giocatore che non ha vissuto certi palcoscenici. Le prime volte rimani un po’ senza fiato, dopo ti ci abitui e quindi riesci a gestire l’emozione, però adesso ricordandomi quell’emozione, è facile che vedendo una partita mi venga un po’ di pelle d’oca.

Per concludere: cos’è che oggi ti manca di più della tua vita da calciatore?
Lo spogliatoio. L’atmosfera dello spogliatoio, vivere i compagni, arrivare alla sera con la fatica nelle gambe è quello che mi manca di più, perché comunque mi piaceva lavorare e stare con i compagni. L’adrenalina del pre-gara più che della gara. Ecco, tra tutte le cose la gara è quella che mi manca un po’ meno. Sono tutte quelle cose che ti portano a gestire la partita, a preparare la partita, le grandi tensioni che si vivono mancano molto, perché nessun altro lavoro può dartele se non l’allenatore che è quello che voglio fare per rivivere quelle emozioni.

Si ringrazia Andrea Dossena per la cortese disponibilità.

I TESTI E I CONTENUTI PRESENTI SU SOCCERMAGAZINE.IT POSSONO ESSERE RIPORTATI SU ALTRI SITI SOLO PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE. OGNI VIOLAZIONE VERRÀ PUNITA.

Per rimanere aggiornati sulle nostre altre esclusive, vi consigliamo di seguire la pagina fan di Soccermagazine su Facebook.


Su questo sito utilizziamo strumenti nostri o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Possiamo usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti ad offrirti una esperienza migliore con noi. Cookie policy