Esclusiva-Chierico: “Benatia più importante di Pjanic. Quello di De Rossi non è stato un colpo di testa”

Negli anni ’80 è stato tra i protagonisti del secondo scudetto della Roma e ancora oggi è molto vicino all’ambiente giallorosso. Si tratta di Odoacre Chierico, ex centrocampista che ha militato, tra le varie squadre, anche nell’Inter e nell’Udinese. Chierico si è aperto in un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando dunque non solo dei capitolini, raccontandoci anche un piccolo aneddoto sulla sua carriera.

Odoacre Chierico - Fonte immagine: Il Salutatore, Youtube
Odoacre Chierico – Fonte immagine: Il Salutatore, Youtube
Qualche giorno fa abbiamo sentito il suo ex compagno Giannini, che ci ha rivelato di non credere più alle dichiarazioni dei calciatori, considerando soprattutto trasferimenti inaspettati come quello di Pjanic (clicca qui per leggere): Lei cosa pensa in merito?
Ognuno ha il diritto di dichiarare quello che meglio crede. Non è che io possa interferire nelle dichiarazioni, ognuno è fatto nella propria maniera. Non mi sento di poter giudicare qualcuno perché non se ne conoscono comunque i lati. Oggi un calciatore, come un essere umano, una persona, può dichiarare quello che vuole, e poi magari non rispettarlo, ma questo dipende da come si è fatti. Quando mi sono ritrovato di fronte a casi del genere – ma non voglio dire “Pjanic” o altri, perché ce ne sono stati una marea di “Io non andrei mai in quella squadra”, “Io non andrei mai di là” – ho sempre pensato solo che sia meglio tacere e non esporsi a determinate dichiarazioni, ecco. Essere un attimino un pochino più equilibrati, ma capisco anche che quando si è giovani non è poi così facile essere equilibrati, tutto qua.
 
Secondo Lei Pjanic e Benatia riusciranno a ripetersi alla Juve, considerando che non saranno assoluti protagonisti come a Roma?
Io credo che con questi due acquisti la Juve abbia fatto un buon affare. Soprattutto Pjanic lo reputo un ottimo giocatore; non un grandissimo giocatore, ma un ottimo giocatore. Benatia, nel suo ruolo, per quello che ho visto a Roma, lo ritengo molto più importante a livello di spessore per la Juve, perché comunque le servivano difensori che si alternassero a quelli che ha.
 
Oggi centrocampisti altalenanti come Montolivo, Aquilani e Sturaro possono essere titolari in Nazionale, mentre ai suoi tempi Lei non ha ottenuto presenze con l’Italia: come si spiega questa involuzione azzurra?
Mah, la Nazionale ai miei tempi era un circuito chiuso, tutta un’altra cosa. Era composta da certi giocatori della Juventus più qualche elemento sporadico preso qua e là. Era un circuito più chiuso e si usavano altri parametri. La scelta all’epoca era molto più vasta, tra le altre cose, perché gli stranieri erano pochissimi, oggi bisogna ricorrere a tanti altri giocatori perché comunque se Lei pensa alle grandi squadre di italiani ce ne sono pochissimi, quindi si può mettere più in luce un giocatore che magari gioca col Sassuolo.
 
Oltre che nella Roma Lei ha giocato anche nell’Inter: è dispiaciuto nel non vedere più i Moratti al comando?
Moratti è stato un grande presidente, anche se io ho avuto Fraizzoli, che credo che sia stato comunque altrettanto grande come Moratti. Sì, mi dispiace non avere più nel nostro calcio presidenti amanti e appassionati della propria squadra e della propria città come Dino Viola, come Rossi, come Anconetani e come tanti altri.
 
Lei è molto legato anche all’Udinese: con l’esplosione del Sassuolo e la fine dell’era “Di Natale” crede siano cessate le aspirazioni europee dei friulani?
Mah, non lo so, l’ho vista giocare sabato e devo dire che mi aveva fatto un’ottima impressione e poi dopo è naufragata nella partita. Probabilmente sì: negli anni passati mi era sembrata più squadra, quest’anno potrebbe avere qualche difficoltà in più.
 
Il campionato è iniziato e il mercato quasi finito: Lei è d’accordo con la riconferma di Dzeko in giallorosso?
Sì, assolutamente sì. Dzeko ha bisogno di tempo. Ha dimostrato in passato di essere un grande giocatore. I giocatori possono attraversare dei momenti di appannamento o di “non forma”, però credo che la Roma debba essere paziente come sta facendo.
 
Ad oggi la Roma non ha ancora un vero vice-Dzeko: crede ci sia bisogno di una riserva o ritiene che adattare gli altri attaccanti sia sufficiente come alternativa al bosniaco?
Questa è una domanda cui non mi sento di rispondere perché dovrei conoscere bene a fondo le problematiche della rosa e dei giocatori che ne fanno parte. Su questo Spalletti e la società sono molto più documentati di me. Io credo che in questo momento la Roma abbia fatto una grandissima campagna, una grande squadra. Dispiace purtroppo per gli episodi che non hanno permesso alla Roma di continuare il cammino della Champions, ma sono stati soltanto degli episodi: non è stato il valore della squadra o il comportamento della squadra a livello tecnico. Soltanto degli episodi.
 
Cosa l’ha ferita di più in Roma-Porto tra l’ennesimo colpo di testa di De Rossi ed il mancato addio alla Champions di Totti?
Io non credo che sia stato un colpo di testa di De Rossi. Purtroppo quando si sta in campo ci sono dei giocatori più passionali – come dicevamo prima -, più equilibrati e meno equilibrati. De Rossi ha sempre dimostrato di essere un giocatore molto passionale, purtroppo quando si è in campo a volte ci si lascia trascinare da determinate passioni che in quel momento non riusciamo a controllare, però io non credo che sia un colpo di testa di De Rossi, io non lo condanno affatto. Anzi, mi dispiace, sono dispiaciuto come per Emerson, per un altro eccesso di foga magari non controllato, però chi ha giocato a calcio sa benissimo che purtroppo, anche se non dovrebbe accadere specialmente oggi, quando si sta in campo, si è stanchi e affaticati in quel momento non ci si riesce a controllare.
 
I giallorossi hanno appena sorteggiato Viktoria Plzen, Austria Vienna e Astra nel girone di Europa League: crede che Totti potrebbe essere soddisfatto ugualmente se lasciasse la Roma sollevando un trofeo internazionale che non è comunque la Champions?
Ogni trofeo ha la sua importanza. E’ normale che la Champions per livello di prestigio per i giocatori e per livello economico e di prestigio per le società è un’altra cosa, però quando si fa una competizione internazionale o qualsiasi competizione tutti i trofei che si vincono danno comunque un prestigio.
 
Sappiamo che Lei ha contribuito alla miniserie “Il grande Torino” insegnando a Beppe Fiorello come calciare: che ricordi ha di quell’esperienza, considerando anche che in carriera non è stato nemmeno legato al mondo granata?
Sono stato vicino al Torino, purtroppo non ci sono andato: forse quella è stata un’altra decisione affrettata di quando ero giovane e sarei dovuto andarci. Chiaramente è rimasta una mia decisione di rimanere all’Udinese. Purtroppo le cose si capiscono sempre quando si cresce o quando si è più grandi. Io presi la mia decisione di non andare al Torino e di rimanere all’Udinese, sbagliando, ma non perché non abbia l’Udinese nel cuore – ho conosciuto Pozzo che è un grandissimo presidente e una grandissima persona -, però forse in quel momento sarebbe stato meglio andare al Torino. Poi mi sono ritrovato in questa esperienza meravigliosa e ho avuto un rapporto fantastico con questo grande attore, che è stato un rapporto sportivo, ma comunque anche di grande amicizia. E’ stata un’esperienza meravigliosa.
 
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