Esclusiva-Lino Banfi: “Avrei tenuto Totti nella Roma. Il calcio è cambiato”

Da diversi decenni Lino Banfi si attesta tra gli attori più conosciuti e rappresentativi del cinema italiano. Al di là della sua incarnazione in Oronzo Canà, Banfi non ha mai nascosto la sua passione per il calcio. Proprio ultimamente, in concomitanza con gli Europei, il “nonno d’Italia” ha sviluppato un curioso rapporto con la Nazionale azzurra, che ha adottato un’esultanza specifica in suo onore. Banfi ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando dei ragazzi di Mancini e non solo.

Lino Banfi - Fonte: pagina ufficiale Facebook
Lino Banfi – Fonte: Lino Banfi, Facebook

In questi giorni è diventato un po’ la mascotte della Nazionale. Com’è nata l’idea di scrivere proprio a Chiellini?

Ho trovato per caso il numero. Non lo sentivo da tempo e mi sono ricordato di avere il numero di qualcuno dei giocatori, volevo mandare un augurio. Ho trovato il numero su una rubrica di un vecchio telefono, il giorno prima dell’inizio degli Europei ho detto a mio figlio: “Facciamo un piccolo video, che lo mandiamo a Chiellini”. Lo feci e lui fu felicissimo, si commosse quando mi ha risposto: “Lino, grazie! Che bello!”. Io gli ho detto: “Mi rivolgo a te che sei il capiteno e al mister”.

A Mancini ho detto: “Mi raccomando, mister. Tu eri uno dei miei migliori allievi a Covercieno, adesso sei allenatore della nostra Nazionale. Io ci tengo sia come Oronzo Canà sia come Lino Banfi a raccomandarti questo: bene Spinazzola-Immobile. Non che Spinazzola debba restare fermo e immobile, ma che Spinazzola passi il pallone a Immobile e Immobile segni. Poi qualcuno mi ringrazierà dicendomi ‘porca puttena’”. Non so come è accaduto proprio questo, ma è accaduto. A casa saltai dalla poltrona quando Immobile si è avvicinato alla telecamera. “Com’è possibile che abbiano detto queste parole? Non le sa nessuno, solo Chiellini”. Adesso è diventato un motto, il resto lo sapete. Ormai è diventato di dominio nazionale. Fino ad adesso è andata bene.

Oggi gli uomini-chiave dell’Italia sono tre giocatori napoletani: Insigne e Immobile in attacco e Donnarumma in porta. A centrocampo il mattatore è Barella, che è originario di Cagliari. Da simbolo della Puglia, vede in questa Nazionale anche una rivincita del Sud?

Sì, avevo pensato a questa coincidenza. A questa napoletanità che sa molto anche di pugliesità. Io ho sempre dichiarato che prima ancora della Puglia mi ha riconosciuto attore la Campania, perché ho cominciato a Napoli tanti anni fa, quando avevo 17-18 anni. Quindi i napoletani ce li ho dentro al sangue. Adesso però mi sta venendo in mente che Donnarumma non può segnare un goal, quindi non potrebbe dire “porca puttena”, ma potrebbe dirlo lo stesso se fa una bella parata. Magari adesso proveremo ad avvertirli o lo capiranno da soli. È rimasto questo collegamento di una volta sola tra me e il nostro capiteno.

Ho mandato ai giocatori un autografo, un pensierino, il mio libro “Siamo tutti allenatori nel pallone”. Tra l’altro avevo detto al capiteno: “Tu devi pure segnare. Ricordati che ti tocca un goal”. L’altro giorno l’ha fatto con la Svizzera, solo che poi hanno annullato il goal e non ha fatto in tempo a dire “porca puttena”. Peccato.

Sappiamo che Lei è anche un grande tifoso della Roma…

Sono tifoso della Roma da 75 anni, abito a Roma. Qualcosa in cambio a questa città che mi ha dato notorietà e benessere la dovevo dare, non potevo tifare solo Bari. Quando venni io, a parte che la fame era talmente tanta che me ne fottevo del calcio, ero campione solo io, di salto del pasto: lo saltavo due volte al giorno. Poi diventai frequentatore dello stadio per guadagnarmi 3 o 4 supplì, accompagnavo le persone in carrozzella e pagavano gli accompagnatori. Quando sentii che il pagamento era un pasto consumato al ristorante del circolo del tennis o almeno 4-5 supplì io mi offrii e portai un tifoso della Lazio. Solo che lui era magro e quando gli dissi “Che ci fermiamo a mangiare qualcosa?” lui mi rispose “No, non mangio mai a pranzo!”. Io ci rimasi e mi dissi “Adesso mi è andata male”.

Invece, un mesetto più tardi mi capitò un altro accompagnamento a un ragazzo bello robusto, che mi disse “Aò, fermamose qui che se famo un’amatriciana”. E io “Porca puttena! – ecco il caso di dirlo – Meno male che c’è questo…”. E da allora diventai romanista perché accompagnavo sempre lui. Lui mi pagava il pasto e io mi affezionai ai colori e alla squadra. Poi quando arrivò la notorietà sono diventato amico dei giocatori, Falcao addirittura frequentava casa mia. Ecco come nasce il mio tifo per la Roma.

Proprio in queste ore sono arrivate dalla società delle voci che escluderebbero un ritorno di Totti nel prossimo futuro. Secondo Lei l’ex capitano potrebbe lavorare proprio in Nazionale come De Rossi o la sua figura è rimasta relegata ai colori giallorossi?

Il capitano della Roma per eccellenza era lui, una figura troppo grande, però non per questo non può stare nella dirigenza. Mi farebbe piacere se ci fosse. Non lo so come si metterà, comunque i due americani padre e figlio hanno preso Mourinho senza sapere che “Mou” in dialetto pugliese vuol dire “adesso”, “subito”, pagando una bella cifra, e sanno che Mourinho chiederà dei giocatori importanti. Quindi in un contesto del genere la figura di Totti l’avrei tenuta nella società. Mi auguro che cambino idea.

Nel seguito de “L’allenatore nel pallone” Lei ha lavorato anche con Buffon, che a 43 anni ha scelto di continuare a giocare al Parma. L’ha sorpresa questa decisione o forse l’avrebbe addirittura voluto alla Roma?

Io so che è stato un grande e lo è. Potrebbe essere un gran bel dirigente di una squadra, però ancora è bravo e può farsi 2-3 anni come ha deciso di fare. Ma uno può essere bravissimo anche oltre i 40 anni se lo è sempre stato come lui. Degli intrighi di mercato non so.

L’esultanza che Lei ha inventato ha restituito un po’ di spontaneità e umanità a un ambiente sportivo che è sempre bistrattato. Oggi i calciatori si mettono in mostra sui social e i tifosi si sfogano in continuazione sul web. Quanto è cambiato il calcio rispetto ai tempi de “L’allenatore nel pallone”?

Eh, secondo me è cambiato un po’. Forse alcuni sono troppo esibizionisti, vogliono far sapere la loro notorietà, le loro possibilità finanziare, da un lato è esasperato che vogliono comparire per ogni cosa su Instagram, Telegram, Fotogram e Kilogram, come li chiamo io che non capisco niente di queste cose tecnologiche. Però il calcio è cambiato: non dico in peggio, però per modernizzarsi delle volte si sbaglia, si sbaglia la vicinanza con i tifosi, la vicinanza con la gente che ti vuol bene. Io sento che loro si stanno piano piano allontanando, si dedicano a farsi il selfie quando si pettinano ecc.

Prima c’era la vicinanza, camminavi per strada e il tifoso si voleva fare la foto. Adesso con la scusa del COVID sono spariti tutti e fra un po’, dopo gli Europei, se ne andranno tutti. Già molti saranno in vacanza, se ne fottono, vanno sulle loro barche tranquillamente. Quindi la risposta è: sì, è cambiato.

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