Esclusiva-Moriero: “Il Mondiale ’98 è un rammarico. Vorrei Insigne all’Inter”

Il 1998 fu un anno fatto di luci e ombre per Francesco Moriero. Una stagione in cui probabilmente ciò che il calciatore ha raccolto è stato meno di ciò che avrebbe meritato. La sua Inter, piena di campioni, non riuscì a centrare la vittoria del campionato (pur alzando comunque la Coppa UEFA), mentre in Nazionale gli azzurri dovettero dire addio al sogno di alzare la Coppa del Mondo in Francia solo dopo un’ancora tristemente ricordata lotteria dei rigori. Ma ciò non toglie nulla al valore di quelle squadre né, ovviamente, del Moriero calciatore che, oltre a quella dell’Inter, ha indossato anche maglie importanti come quelle di Cagliari, Roma e Napoli. Dal 2006 per l’ex calciatore pugliese è iniziata anche la carriera da tecnico che l’ha portato a togliersi anche qualche soddisfazione in serie C e in B e che sicuramente continuerà già dalla prossima stagione. Noi di Soccermagazine.it abbiamo contattato in esclusiva Moriero per parlare con lui della sua carriera da calciatore, di quella da allenatore e per avere un giudizio sul momento delle sue ex squadre.

Moriero di Samb Channel, Youtube
Moriero – Fonte immagine: Samb Channel, Youtube

Partiamo dal Mondiale del ’98, forse il periodo migliore per te con la Nazionale. Che ricordi conservi di quell’esperienza in Francia?

Sicuramente fare un Mondiale per un calciatore è qualcosa di speciale. Uno nasce con l’obiettivo di poter fare un Mondiale con la propria Nazionale. Diciamo che fu un Mondiale bello sotto il punto di vista dell’esperienza professionale, umana, meno bello perché uscimmo ai calci di rigore, però l’ho vissuto a 360°, me lo sono goduto. Penso di aver fatto anche una bella figura perché rappresentare la propria nazione a un evento così importante è qualcosa di speciale. Sono convinto che se quel giorno fossimo passati ai calci di rigore avremmo vinto il Mondiale perché quell’anno la Nazionale era composta da giocatori veramente, veramente importanti, ecco. Per cui magari c’è un piccolo rammarico, però quando ci sono i calci di rigore è una lotteria e purtroppo andò male.

Siamo nel periodo in cui tu vestivi la maglia dell’Inter. Hai condiviso lo spogliatoio e il campo con campioni di primissimo livello e anche tu sei stato una colonna di quell’Inter che forse ha raccolto anche meno di quanto avrebbe meritato. A proposito dei campioni che c’erano con te in quella squadra, che rapporto avevi con Ronaldo & co.?

A parte il fatto che era un gruppo fantastico, composto da grandissimi giocatori ma soprattutto da grandi uomini, il mio compito era abbastanza semplice: portare allegria nello spogliatoio, ma era già allegro di spogliatoio perché giocare con i sudamericani che hanno una visione del calcio diversa rispetto alla nostra era un qualcosa di particolare. Ho avuto la fortuna di giocare con il più forte giocatore al mondo che è stato Ronaldo. Ho avuto la fortuna di giocare con Zamorano, Recoba, Baggio, Simeone. Ce ne sono stati tantissimi all’Inter, gente che mi ha insegnato tanto. Era facile che mi inserissi in questo gruppo. Quello che mi ricordo, soprattutto, è che era un gruppo formato da uomini oltre che da grandi calciatori. Sì, abbiam vinto poco, siamo riusciti a vincere solo la Coppa UEFA, si poteva vincere il campionato, ma purtroppo non siamo riusciti a farlo. Potevamo dare continuità, però poi ci sono stati dei cambiamenti con Simoni che hanno cambiato qualcosa, perché quello era un gruppo unito e nato per stare insieme, tuttora ci sentiamo, siamo rimasti amici e questo la dice lunga.

Francesco Moriero doveva andare al Milan prima di approdare all’Inter. Cosa è successo quando avvenne questo trasferimento? Come hai vissuto questa cosa sapendo che dovevi vestire rossonero e poi nel giro di qualche tempo hai vestito nerazzurro?

Io venivo da uno svincolo della Roma, avevo deciso di non firmare più con la Roma, insieme alla società avevamo deciso di prendere altre strade. Una sera ero a tavola con un club inglese perché avevo deciso di andare all’estero. Ci fu la chiamata di Galliani che la sera stessa mi invitò a presentarmi a Milano perché loro erano interessati a me. Firmai con il Milan e dopo un po’ di tempo ci fu la telefonata di Mazzola che senza farmi tante domande mi chiese se avessi voglia di andare all’Inter, perché lui mi conosceva. Io non ci ho pensato due volte e ho accettato di andare all’Inter perché avevo visto che l’Inter stava acquistando grandissimi campioni, però fu una questione proprio a pelle, non ci ho pensato tantissimo. Anche se sapevo che giocava un certo Zanetti ed era difficile togliergli il posto, arrivai in punta di piedi e Zanetti decise di parlare con Simoni e di spostarsi a sinistra e io mi conquistai il posto lì a destra, per cui devo dire anche grazie a Zanetti che si mise a disposizione perché magari vide in me qualcosa di diverso. Fu un’annata stupenda, bellissima.

Parlando di attualità, il percorso di Luciano Spalletti all’Inter soprattutto quest’anno è stato piuttosto travagliato. Al di là del fatto che comunque l’Inter sta ancora lottando per il proprio obiettivo e probabilmente lo centrerà pure, da tecnico pensi che bisognerebbe dare ancora fiducia a Spalletti o che sia arrivato il momento di mischiare un po’ le carte?

Io ho sempre detto che Spalletti è un allenatore bravo, preparato e che merita una piazza come l’Inter. Penso che debba rimanere al suo posto, poi sarà la società a decidere il da farsi, però io credo che allenatori come Spalletti in giro ce ne son pochi. Ci sono stati degli alti e bassi quest’anno, è vero, però alla fine l’Inter sta raggiungendo il suo obiettivo e nella prossima partita dovrà dimostrare di essere l’Inter perché c’è da battere una squadra forte e dovrà raggiungere l’obiettivo principale che era quello di entrare in Champions League. Poi magari, l’anno prossimo, cercare di lottare per vincere lo scudetto perché credo che abbia tutte le potenzialità societarie per farlo.

Parlavi di una partita importante, quella con la Juventus. Come giudichi l’annata dei bianconeri? Può essere considerata storta per l’uscita dalla Champions o aver vinto lo scudetto non fa odorare questa specie di crisi?

Io penso che nel calcio ci siano le vittorie e le sconfitte. Loro hanno meritato di vincere lo scudetto perché hanno una squadra superiore rispetto alle altre. Per la Champions l’ho sempre detto, dipende da come arrivi mentalmente e fisicamente a quelle partite. Hanno incontrato una squadra che gioca un calcio spavaldo, piena di tantissimi talenti che li ha messi sotto e ha perso. Però io non credo che l’annata della Juve sia negativa, perché vincere comunque lo scudetto non è mai facile. Poteva secondo me centrare obiettivi più importanti, però questo fa parte del calcio. Non è detto che nel calcio chi spende di più vince. Dipende sempre da come ci arrivi, perché sono partite difficili in Champions, che dipendono molto dalla condizione fisica e mentale, come nel caso dell’Inter.

Altra squadra di cui hai vestito la maglia è stata la Roma e anche lei non ha vissuto un’annata straordinaria: i progetti fatti a inizio anno sono stati corretti in corsa. Eusebio Di Francesco lascia il posto e arriva Claudio Ranieri: secondo te, da allenatore ed ex giocatore della Roma, mossa giusta o sbagliata?

Si è iniziato con un allenatore giovane, che l’anno scorso è arrivato in semifinale di Champions. Si è trovato comunque una squadra molto giovane, ha valorizzato Zaniolo che è un giocatore straordinario. Ha avuto degli alti e bassi, ma soprattutto ha sbagliato delle partite in cui sono stati commessi tantissimi errori. Io credo che il lavoro di Di Francesco alla Roma sia stato fatto in maniera eccezionale. È normale che piazze come Roma, Inter, Milan e Juventus vogliono vincere, assolutamente, non guardano poi il fatto che hai una squadra giovane o meno. Quando i risultati non arrivano, purtroppo chi paga è l’allenatore. È arrivato Ranieri, un allenatore più esperto, sta facendo le cose semplici, è passato a un semplice 4-4-2, sta provando le sue cose, ha trovato un equilibrio. C’è da dire che comunque sia è a soltanto un punto dal quarto posto, per cui anche loro hanno la possibilità di rientrare nelle prime quattro che era il primo obiettivo della Roma di quest’anno.

Abbiamo parlato del presente e dei possibili scenari futuri di alcuni tecnici come Spalletti, Di Francesco e Ranieri, ma un tecnico lo è anche Francesco Moriero. Hai allenato tanto, soprattutto in Serie C. Quali sono i tuoi progetti per il breve futuro? Stai aspettando una panchina, vuoi fare altro, hai qualcosa in mente?

No, io faccio l’allenatore. Quest’anno ho voluto aspettare. Ho avuto delle richieste, ho avuto dei colloqui, però non mi hanno soddisfatto perché comunque nella mia carriera ho vinto un campionato in Lega Pro, ho allenato tre anni in Serie B, poi ho fatto tanta gavetta, magari facendo anche delle scelte sbagliate perché comunque sia quando si fa questo mestiere si guarda poco al progetto e si guarda soprattutto alla passione che hai per questo sport. Adesso è arrivato il momento di guardarmi intorno e aspettare l’occasione giusta per rimettermi in gioco dove ci sia un programma in cui mi venga data la possibilità di lavorare per quello che sa fare, perché reputo di poter fare questo mestiere in maniera serena e tranquilla, ho delle mie idee di calcio, per cui aspetto. Non ho fretta di ritornare, ma è normale che l’erbetta ti manca e star fermo non è facile, perché poi a vedere tante partite alla fine l’adrenalina ti sale ancora di più e rischi di accettare situazioni di cui uno si può pentire, ecco. I progetti futuri sono quelli di ritrovare subito una squadra.

A proposito della tua carriera di allenatore, la parentesi a Catania: cos’è che non è andato? In molti pensano che quell’annata sia andata male dimenticando che Francesco Moriero si è seduto sulla panchina del Catania quando la squadra aveva poche possibilità di salvarsi quell’anno. Cosa ricordi di quel momento?

Un’esperienza sicuramente fantastica perché comunque allenare il Catania è stato un onore. L’ho sempre detto, il Catania è un club che ha storia ed è il top per le strutture e i tifosi. Se non sbaglio eravamo terzultimi, non mi ricordo quante partite mancavano e trovai una squadra mentalmente devastata perché veniva da punti di penalizzazione e c’era contestazione. Dovevo fare un certo tipo di lavoro anche mentale e cercare comunque di dare fiducia ai giocatori. Non era facile come situazione, però l’obiettivo era la salvezza perché sapevo che non potevo sbagliare. Era un’impresa, secondo me è stata fatta un’impresa. Se ora il Catania sta lottando per andare in Serie B ed è vivo, secondo me lo si deve anche e soprattutto a quei giocatori e a quella dirigenza che è riuscita comunque a salvare il Catania. Ci salvammo all’ultima partita, mi ricordo che alla penultima partita, dopo lo spareggio con la Paganese ci fu una grandissima contestazione perché noi dovevamo vincere a tutti i costi, però io sapevo che quel punto a Pagani ci poteva permettere poi di vincere e di sperare nella salvezza la domenica successiva e così fu. Fare il tecnico tante volte non è facile perché gestire tante situazioni e gestire la gente non lo è assolutamente. È normale che il Catania non merita di stare in Lega Pro, però la realtà dice che sta in Lega Pro e bisogna lavorare per portarlo in Serie B. Abbiamo visto in questi anni che non è facile, figuriamoci salvare il Catania terzultimo. Abbiamo fatto un’impresa incredibile, non dormivo la notte perché l’unico obiettivo era quello di poterlo salvare.

Abbiamo parlato di Roma e Inter, ma un’altra maglia di una big che hai indossato è quella del Napoli, anch’esso reduce da una stagione non esattamente felicissima, ma che forse getta le basi per la prossima. Che ne dici?

Il discorso è che ogni anno si parla sempre della stessa situazione, di buttare le basi per l’anno dopo. Sono tre anni che il Napoli arriva secondo, è uscito dalla coppa nel momento in cui magari doveva fare il salto di qualità. Secondo me è allenato da un grande allenatore, adesso c’è il problema di Insigne. Quando si arriva a fine stagione e magari si perdono di vista degli obiettivi cominciano a uscire fuori i problemi. Io credo che il Napoli abbia disputato un campionato eccezionale, senza la Juve sarebbe stata sicuramente la squadra vincitrice del campionato. Adesso penso che progetteranno il futuro con qualche altro giocatore che possa fare la differenza, vedendo un po’ anche la questione di Insigne, se rimarrà o meno, però da quello che leggo e che più o meno percepisco Insigne comunque dovrà andar via e mi auguro che una big lo possa prendere, come l’Inter. È un giocatore di fantasia, che a me piace moltissimo ed è sbagliato secondo me quello che sta passando il ragazzo, perché essendo di Napoli sente molto di più le partite e ha anche disputato un grandissimo campionato, però penso che ci siano anche le basi per il Napoli di lottare per lo scudetto l’anno prossimo. Questo dipenderà sempre dai progetti societari e da quello che Ancelotti imporrà alla società.

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