Ce ne andiamo a Kiev!

La storia si ripete. C’è poco da fare, se si parla di economia i tedeschi ci sono

Fonte: bolognafc.it

superiori. Ma quando il confronto si sposta su un campo da calcio, allora hanno ancora molto da imparare. La nazionale esce vincitrice dalla sfida di ieri sera regalando agli annali un’altra pagina di storia a tinte azzurre. Un’altra di quelle sfide Italia-Germania destinate a rimanere indelebilmente impresse nell’immaginario collettivo. Dopo Città del Messico nel 1970, Madrid nel 1982 e Dortmund nel 2006, da ieri abbiamo anche Varsavia 2012. Una vittoria schiacciante che va ben al di la dell’1-2 al novantesimo. Una vera lezione di calcio quella impartita ai tedeschi che, come pronosticato alla vigilia, quando ci si confronta con un pallone tra i piedi, ci temono. Il merito di questa ennesima notte leggendaria è di Cesare Prandelli e di quel gruppo che il tecnico di Orzinuovi ha saputo costruire e plasmare a sua immagine e somiglianza. Una squadra umile, operaia, con atteggiamenti mai sopra le righe. Una squadra dedita al sacrificio e tatticamente ineccepibile che in campo stupisce per la coralità della manovra. L’Italia è senza dubbio la squadra che ha espresso il miglior calcio in questo torneo. Più di quella Spagna campione del mondo e d’Europa in carica alla quale domenica contenderemo lo scettro continentale. Ciò che stupisce di questa nazionale alla quale, ad inizio torneo, ben pochi davano fiducia, è la capacità di imporre il proprio gioco. Un gioco non solo bello da vedere ma anche efficace. Che schiaccia ed annulla l’avversario. Lo intimorisce. Che produce occasioni da gol ad oltranza. Che fino a ieri sera peccava forse un po’ in concretezza sotto porta. Fino a ieri sera, per l’appunto. Esaltare i singoli interpreti non sarebbe forse giusto. La forza di questa nazionale è in primis il gruppo. Ma è innegabile che ci sia una spina dorsale che è il valore aggiunto di questa Italia. Parliamo di Buffon, Barzagli, Pirlo, De Rossi e Balotelli. Il portierone sembra quello dei mondiali del 2006. E’ impegnato poco, solo quando la diga formata da Barzagli e Bonucci, quest’ultimo vera sorpresa della spedizione, scricchiola. Ma quando ciò accade, Gigi risponde sempre presente. De Rossi è semplicemente infinito. Pirlo, assolutamente da pallone d’oro. E poi c’è lui, Mario Balotelli, il ragazzino che a ventuno anni doveva essere gioia e dolore della spedizione azzurra e che invece è solo gioia. Ha personalità, estro, carattere. Ha deciso per un mese di mettere la testa apposto dimostrando che se concentrato non ce n’è per nessuno. Provocato e preso a sportellate dalle difese avversarie, insultato con ululati razzisti, denigrato per qualche imprecisione sotto porta, SuperMario si è caricato tutto sulle sue spalle larghe e lottando e subendo in silenzio, con due perle alla Germania, che si aggiungono a quella contro l’Irlanda ed al rigore trasformato con incredibile freddezza contro l’Inghilterra, ha dato il suo contributo per portarci fino a Kiev. Dove domenica affronteremo la Spagna. Che vorrebbe tanto assomigliare al Barcellona ma che senza Messi non fa e non deve far paura. Soprattutto ad una nazionale che sta giocando il miglior calcio d’Europa. E che ha davanti a se un foglio bianco dove scrivere un’altra pagina di storia.

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