Svizzera, Dzemaili: “Felice a Napoli e in Nazionale”

Dal ritiro della Svizzera, impegnata nei prossimi giorni nelle qualificazioni per i Mondiali brasiliani del 2014, Blerim Dzemaili, centrocampista in forza al Napoli, dal rendimento efficace e costante negli ultimi tempi, ha parlato al quotidiano svizzero Derbund.ch.

Fonte immagine: Danilo Rossetti
Fonte immagine: Danilo Rossetti

Percorso calcistico, privato e rapporto con i compagni di Nazionale e club: questi i principali temi trattati. Di seguito, l’intervista integrale: “Sono molto felice in Nazionale, con i compagni ci divertiamo dentro e fuori dal campo, ma sappiamo anche essere seri quando occorre. Essere qui rappresenta il modo che ho per dare qualcosa al mio Paese. Non sono al 100% svizzero, ma questa nazione mi ha dato tanto: la possibilità di diventare un calciatore e di condurre una buona vita. Cosa che difficilmente sarebbe stata possibile in Macedonia. Ho sempre avuto le idee chiare su dove giocare, anche perché la Macedonia non mi ha mai richiesto sul serio. Non credo che mi avessero mai preso in considerazione. In primo luogo perché in questo modo posso fare qualcosa per ringraziare la Svizzera. E poi perché voglio vincere qualcosa nella mia carriera. Con la Svizzera ho sicuramente più possibilità di qualificarmi per una finale. Vedo un grande potenziale nel nostro calcio e credo che possiamo aspettarci di più per il futuro. Innanzitutto dovremmo pensare ad arrivare fino in fondo nelle qualificazioni ai mondiali. Con il Brasile non avevamo nulla da perdere, dovevamo solo giocarcela, mentre in gare come quelle con l’Islanda abbiamo tantissimo da perdere. La qualificazione non è ancora sicura come molti immaginano. Dobbiamo rimanere umili, anche se abbiamo dei calciatori di livelli. Abbiamo le qualità giuste per essere primi. Abbiamo giocatori con ruoli importanti nei top club europei. Fino ad ora non ho potuto ancora dare tutto quello che volevo. Da quando Ottmar Hitzfeld ha preso la guida della Nazionale, io ho perso il posto da titolare, perché avevo subito una lesione del legamento crociato. Se la squadra si rafforza e ottimizza le prestazioni, è difficile poi rientrare. Nel mio club ho giocato regolarmente. In Nazionale, però, mi sentivo come fossi costantemente alla caccia di un treno. Qui spesso non gioco più di 45 minuti. Una prestazione come quella col Brasile non l’avevo mai fatta, ma la considero come la mia vera prima occasione di mettermi in gioco. A centrocampo c’è molta concorrenza, sana, sia chiaro In questa zona del campo abbiamo un problema di lusso. Anche un Pirmin Schwegler avrebbe meritato di giocare, però chi ha voglia di restare in panchina?! Spesso mi sono sentito frustrato, ma sono comunque riuscito a superare la delusione grazie al riconoscimento che ho avuto nel mio club. Mi ha aiutato. Cosa dovrei fare? L’unica soluzione sarebbe quella di restare a casa, ma non ho mai fatto un discorso del genere, perché alla fine sono riuscito a giocare con ogni allenatore. Continuo a combattere con lo stesso atteggiamento per guadagnarmi il mio posto in Nazionale. Il giorno prima della partita in casa contro il Cipro ho pensato, per un attimo, di non giocare più per questa selezione. Quando ho saputo che non avrei giocato ero molto arrabbiato. Ho chiamato il mio agente e lui mi ha solo detto: “Vuoi essere un perdente?” Questa frase mi ha stimolato. Ero inca**ato, ma non mi sarebbe mai venuto in mente di lasciare. Il mio spirito combattivo, probabilmente, ha a che fare con la mia storia personale. Ho subito un infortunio al legamento crociato prima dei Mondiali 2010 che mi ha fatto perdere il torneo in Sudafrica. Dovevo alzarmi di nuovo e c’è stato bisogno di tanta forza di volontà. Sono sempre stato un vincitore-tipo. Non riesco nemmeno a perdere una partita in allenamento. Gli infortuni sono come una sconfitta, ma io non mi arrendo. So di cosa sono capace. Nella mia carriera tutto è andato molto velocemente, in Svizzera si parlava molto di me fin da quando avevo venti anni e tutto è cambiato in un attimo a causa dell’infortunio. Non è stato semplice rialzarsi per uno che come me aveva sperimentato solo elogi e giorni di gloria. Vita privata a Napoli? Non esiste. Spesso vorrei starmene tranquillamente seduto in un bar, ma a Napoli puoi dimenticartelo. Sarei riconosciuto da tutti e comincerebbero a farmi domande del tipo “Perché giocate in questo modo e non con un altro sistema? Perché uno fa questo e un altro non lo fa?”. A Napoli ogni tifoso è anche allenatore. Anche se questo può essere un aspetto difficile, allo stesso tempo è anche il lato bello della città. Per un calciatore giocare lì è qualcosa di unico, con quelle emozioni, quella passione e quell’atmosfera nello stadio… Incredibile! Posso raccontarvelo, ma probabilmente, per capirlo davvero, dovreste aver provato a vivere a Napoli. Vivo una sana concorrenza con Inler e Behrami. Giochiamo tutti e tre. In Nazionale fino ad ora le gerarchie sono chiare: prima vengono loro e poi, dietro, ci sono io. In azzurro siamo tutti sullo stesso livello. Nella vita privata abbiamo poco a che fare uno con l’altro, non siamo i tipi che passano notte e giorno insieme. La concorrenza è concorrenza, ma certo non ci ostacoliamo tra di noi. Non penso al calcio 24 ore al giorno. In questo senso sono cambiato molto negli ultimi anni. Non seguo molto il calcio in tv. Se sono in vacanza, praticamente non guardo mai la televisione. Trascorro il mio tempo libero tra lettura, Internet, colleghi. Ho limitato il mio interesse per il calcio. Le priorità si sono spostate. Non necessariamente corro a casa se so che stanno per trasmettere Real Madrid-Barcellona. Quando avevo 18 anni il calcio era il mio primo pensiero, oggi non è più così. Il fatto di essere cresciuto in una famiglia modesta mi aiuta a non perdere la testa. Io guadagno bene, ma prima di spendere un franco, penso se abbia senso. Se un paio di scarpe sono belle, ma costose, non le compro. Ho comprato una macchina (Ferrari) per la prima volta dopo 27 anni. Prima di questa ho sempre guidato auto che gli sponsor mettono a disposizione del club. Posso dire che i soldi non sono tutto. La mia salute è la cosa più importante”.

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