Chievo: Di Carlo, successi che lasciano perplessi

Di Carlo approda al Chievo quando quest’ultimo vacilla nelle zone bassissime della Serie A. Subentra a Beppe Iachini, mister coriaceo che riportò la squadra clivense nella massima serie nell’unica stagione disputata in Serie B in questi ultimi dodici anni calcistici, e riesce prontamente a salvare la stagione salvando la squadra della Diga.

Fonte: ChievoVerona.it

Di Carlo compie un miracolo, o poco ci manca. Erano soltanto 9 i punti accumulati a gennaio. Lui arriva, e capisce intelligentemente che quella rosa non deve pensare a costruire gioco, bensi a rompere quello avversario e a ripartire.

Luca Rigoni, frangiflutti di indiscutibile valore è una sua scoperta, senza ombra di dubbio.

Quella squadra, anche l’anno successivo, non disponeva di eccellenze tecniche, anche se Pinzi era un giocatore generosissimo e discretamente tecnico e Pellissier in attacco rimaneva sempre la punta di diamante.

Si capiva, in tutta evidenza, che Di Carlo doveva gestire con caparbietà una rosa che si vedeva perdente nei confronti a coppie con molte altre squadre, almeno dal punto di vista tecnico.

Quelle due salvezze, una quasi miracolosa, la seconda di fatto tranquilla, portano la stampa e l’opinione pubblica a parlare di Di Carlo come un grande tattico (quale è) e ad innalzarlo a “grande protagonista dei nuovi miracoli del ChievoVerona”.

In questi ultimi due anni, però,  molte cose sono cambiate, e accorgersene è un dovere.

L’anno di passaggio di Pioli ha donato alla corte clivense, attraverso un mercato intelligente e proficuo, giocatori di buon livello tecnico (Constant, Fernandes, Bogliacino).

Quell’anno pareva ai molti davvero strano. Una squadra che nella prima parte de campionato strapazzò avversari come l’ottimo Genoa dei tempi, il Napoli del tridente di ferro e altre ancora, nella seconda preferi “sedersi”, accontentandosi di una salvezza tranquilla.

L’anno scorso Di Carlo è “rientrato” alla base, ma con una rosa che era ed è di ben altro spessore rispetto ai tempi del suo esordio sulla panchina gialloblù.

Il problema, che sembra diventare sempre più cristallino, è che il sistema di gioco impostato da Di Carlo pare carente di nuove soluzioni tattiche.

La fase di distruzione del gioco degli avversari (che ha vacillato nelle ultime due partite ma probabilmente si rimetterà in sesto al più presto) è sempre stata una grande qualità, ma sembra essere l’unica, o quasi.
Il palese aumento di risorse tecniche in ogni parte del campo poteva suggerire una rivisitazione delle soluzioni offensive e/o di costruzione della manovra.

Questa nuova visione alternativa, a quanto sembra a diversi “occhi” esterni, pare fuggire al duo Di Carlo/Murgita, i quali, con grande chiarezza, danno l’impressione di voler insistere con queste basi “ideologiche”.

Quel che si evidenzia in campo, per contro, è la quasi inesistente capacità di squadra di avere un pensiero univoco nella fase di ideazione, e questo, si permetta di dirlo, trova delle responsabilità nella direzione tecnica e tattica di questa formazione.

In definitiva, sarebbe scorretto pensare che i risultati del Chievo odierno siano generati UNICAMENTE dall’allenatore, ma, con un’analisi più accurata, si può attribuire a Di Carlo una decisa assenza di idee chiare di gioco in campo.

Aspettando, naturalmente, che il campo smentisca questa tendenza.

 

 

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