De Laurentiis: “Sogno un nuovo San Paolo. Giusto cedere Lavezzi”

Vulcanico, imprevedibile, sempre sopra le righe. Aurelio De Laurentiis non è un presidente comodo, anzi. Punta al meglio e al massimo, ha preso sotto la sua ala protettrice il pubblico napoletano e, benchè ci sia stato qualche screzio dovuto alla cessione di Ezequiel Lavezzi, vuole continuare a vincere, cercare di dare una striscia positiva alla Tim Cup conquistata il 20 maggio scorso a Roma, contro la Juventus, anche se non sarà facile. Il presidente del Napoli ha rilasciato una lunga intervista al “Corriere dello Sport”, parlando a 360° della sua esperienza con il Napoli e dei vari progetti in via di sviluppo, proprio a beneficio della società partenopea e della città. Ecco quanto evidenziato da noi di SoccerMagazine.it:

Fonte: Danilo Rossetti (www.foto-calcio-napoli.it)
Cosa vede all’orizzonte De Laurentiis?
“Un calcio nuovo, che vada concentrato laddove c’è storia del football ed economia da sviluppare intorno ad esso. Un universo che offra spettacolo, con un campionato continentale, che vada a sostituire la Champions ed elimini l’attuale Europa League, sparso tra Spagna, Inghilterra, Francia, Germania e Italia e che faccia di ogni partita un’attrazione”.

Il modello Nba la stuzzica.
“Un progetto articolato, serio, studiato a tavolino dai massimi esponenti dei club-pilota d’un movimento che non può restare all’età della pietra. Il rinnovamento è quotidiano, chi si ferma è vecchio. C’è già disparità. L’automobilismo ha la Formula 1, la Formula 2, la Formula 3: pure noi abbiamo società che viaggiano diverse velocità, ma forse non ce ne vogliamo rendere conto. Eppure continuiamo a lasciarle gareggiare assieme. Per esempio, la nostra Serie A va portata a sedici squadre”.

Il fair play fu la sua prima battaglia: spese oculate, ingaggi contenuti
“Ora gli arabi e i russi sembra siano fuori da questa logica, tutti si stanno adeguando più o meno. Voglio vedere come faranno nel 2014 i vari Psg, Chelsea e Manchester City a rientrare nei parametri imposti dall’Uefa. La legge dev’essere uguale per tutti e non deve offrire la possibilità dell’inganno: va tenuta la guardia alta, evitando che si raggirino le regole, magari andando a coprire il disavanzo con un contratto di sponsorizzazione quinquennale chissà quanto reale”.

Milan e Inter hanno invertito la rotta.
“Una volta patron era al servizio del club: spendevi, ci rimettevi ed eri costretto a ripianare le perdite. Questo è stato il frutto di una passione genuina ma dispendiosa. Ma perché bisogna sprecare danaro? A me sembra che dover riconoscere 11-12 milioni di euro netti a un calciatore sia pura follia. Anche il tifoso comune, probabilmente, lo pensa: al di là della crisi che viviamo, il buon senso impone certe scelte. Il calcio trascina fuori dagli schemi e a volte anche dalla logica. Poi sono arrivati gli sceicchi, ma loro hanno il petrolio che sgorga dalle tasche”.

C’è un costante desiderio di novità, un invito ad intervenire massicciamente sul mercato.
“Alla gente vanno spiegate le dinamiche: i tifosi sono abituati a ragionare innanzitutto con il cuore e l’attaccamento alla maglia. Hanno voglia di primeggiare e spingono per le novità. Basta illustrare le strategie, essere sinceri: si compra quel che serve, non per il gusto di farlo. Noi abbiamo un piano e lo rispettiamo: e tenete presente che solo nel 2012, al capitolo uscite, sono stati addebitati 29 milioni di euro serviti per avere Vargas, Gamberini, Behrami e di acquisire pienamente Pandev, che mi sembra sia un calciatore di fascia elevatissima”.

A proposito di acqusti e però anche di cessioni: ci si affeziona ad un giocatore (o anche ad un attore)?
“Immagino dove voglia arrivare: è giusto lasciare libertà e quindi permettere di fare scelte diverse. Ma il Napoli è forte lo stesso, anche con la partenza del giocatore a cui lei (il giornalista, ndr) fa riferimento”.

E’ andato dritto al cuore della domanda: Lavezzi.
“Lavezzi è stato leale: mi aveva chiesto un anno fa di andar via, glielo promisi. Ci incontrammo in barca, fu un colloquio sincero. Si è comportato bene e sentiva dentro di sé la necessità di andar via. E poi, chi lo sa, magari un giorno potrebbe tornare da noi”.

Disse una volta: maledette le clausole rescissorie.
“Invece le ho rivalutate. Almeno quella di Lavezzi, perché ha stabilito un punto di partenza alto. Il Psg non si sarebbe mai spinto sino ad un certo punto, anzi era distante, diciamo mirava al ribasso. L’ho trascinato fin dove s’è potuto. E poi, parliamo chiaramente: ma un calciatore che va verso i 28 anni se non lo cedi ora, a queste cifre, quando pensi di poterlo fare?”.

Torniamo ai legami con i protagonisti…
“Io sono cresciuto con Sordi. Il mio primo film importante, Un borghese piccolo piccolo, l’ho fatto con lui. Però il calcio è vagamente diverso e la natura degli uomini anche lo è, senza con questo voler fare discriminazioni”. 

I suoi cicli sono quinquennali: dove deve arrivare il Napoli entro il 2014.
“Strutturalmente mi piacerebbe riuscire a trascinarlo alla pari di Real Madrid e Barcellona. Venerdì incontrerò il sindaco, De Magistriis: discuteremo del “San Paolo”, degli interventi necessari e di quelli auspicabili”.

Il tempio di Maradona non si tocca.
“Semmai si migliora, si ingrandisce, si adegua, si restaura. Sempre dal Comune mi hanno chiesto di prendere pure Edenlandia e lo Zoo. Io ci sto, può essere un’ottima idea; però a patto che lì possa sorgere una vera e propria cittadella dello sport, una specie casa del Napoli. La immagino con otto campi per le varie attività, con un’area destinata al beach soccer, con altre zone per il calcio femminile. Potrei essere anche interessato al «vecchio» Collana, si potrebbe dar vita ad una polisportiva. Le soluzioni non mi mancano”.

La prima cosa da fare?
“Smontare quella orribile e dannosa copertura e lasciarla ai cinesi, che sarebbero disposti a portarla via. Poi studiare le soluzioni per rimuovere l’inquinamento acustico di Fuorigrotta. Io il nuovo “San Paolo” ce l’ho dinnanzi agli occhi: palchi con tv, gli spalti a ridosso del campo, ristoranti, zone divertimento, settori completamente rifatti”.

Ciò che invece non rifarebbe?
“Sono arrivato nel calcio e ho avuto fame di nozioni. Chi ha fretta di imparare, qualcosa sbaglia. Ma va messo nel conto. Però penso che i risultati siano lì ad elogiare il lavoro compiuto”.

La partita che le è andata di traverso?
“Quella vinta con il Chelsea. Gli avessimo fatto il quarto gol, o fosse finita 3-0, saremmo passati noi probabilmente. E poi chissà dove saremmo arrivati: magari dove sono stati capaci di arrivare loro”. 

Meglio adesso o nel 2004?
“Sembra meglio, anche se si fatica a mettere a nudo tutte le verità scomode”. 

Ha spesso detto: siamo vecchi?
“Io sono diventato presidente di questo club a 54 anni, con una personalità definita. Ho studiato il calcio umilmente. Sono andato a prendere gli sputi in testa a Martinafranca e sono rimasto chiuso nello stadio a Foggia. Un processo di apprendimento. Siamo arrivati quassù ora, però, bisogna uscire dal passato e questo è un compito di Platini. Non si può procedere in questo modo, ne ho parlato con Rummenige: l’Uefa mostri ciò che sa fare, altrimenti si faccia da parte; oppure l’Eca avvia costruttivamente il proprio movimento e dica: signori, gestiamo noi”.

Parlare del mercato non le piace più di tanto?
“Non amo parlare di soldi. E poi di Cavani ho detto, di Insigne ho detto, di Balzaretti pure e dell’eventuale ventiduenne, su Vargas posso dire che per accelerare il processo di inserimento potremmo mettergli al fianco un traduttore”.

E su Raiola…?

“Non alimento polemiche a distanza. Ero stato ironico e spiritoso con lui, ma non l’ha capito…”.

Mazzarri ha osato: se vinco lo scudetto smetto di fumare per un po’…
“Intanto lui non nomina quella cosa lì. Però m’è piaciuta questa scommessa e potrebbe addirittura farne un’altra, visto che poi senza sigarette soffrirebbe troppo: che dopo aver vinto il primo, per riprendere vinca pure il secondo”.

E’ un ingordo pure lei…
“La gente vuole essere felice…”.

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