Il Campionato secondo Soccermagazine: la cultura del sospetto non è la verità

Nell’intervallo di Fiorentina-Milan, la maggior parte dei tifosi italiani – tralasciando i pochi indecenti fiorentini presenti allo stadio che han provato a rovinare il nome di una delle più belle tifoserie italiane – avrebbe puntato la casa sulla disonestà dell’arbitro e sulla risalita di una squadra, appunto il Milan, che da un po’ di tempo a questa parte è autrice di una rimonta pazzesca, troppo spesso contestata con allusioni forti, critiche feroci, per i condizionamenti arbitrali che il potere forte rivestito dalla società rossonera avrebbe scosso da qualche mese a questa parte.
Bastano però quindici minuti a far capire la verità.
Al rientro in campo dagli spogliatoi il Milan raddoppia è vero, ma ecco che Tagliavento s’erge ancora a protagonista – povero lui – del match in questione fischiando in sequenza due rigori per i padroni di casa: due rigori che, se non entrambi, almeno uno ce lo si poteva risparmiare.

 

Fonte: Inter FC
Fonte: Inter FC

Gridare allo scandalo succede anche qualche ora dopo.
L’Inter, impegnata al Meazza contro l’Atalanta, conduce per 3-1 sui bergamaschi quando Gervasoni inventa letteralmente un rigore per gli ospiti, coadiuvato – ed è questa la cosa grave – dall’arbitro di porta che, a due passi dall’azione, vede l’inesistente tocco di mano interista.
Le cose a Milano però non finiscono come a Firenze: l’Atalanta non solo accorcia le distanze ma poi si beffa di padroni di casa, vincendo in rimonta per 4-3.
Due le conseguenze: tutta la società nerazzurra, Moratti in primis, si scaglia contro la classe arbitrale e il campionato italiano tutto, reo di essere aspiratore di una non si sa quale congiura nei loro confronti. Poi – cosa ancor più grave – è passato in secondo piano tutto il discorso tecnico e tattico, evidentemente scadente, dell’Inter il cui gioco fa acqua da tutte le parti e che viene completamente assalita da una squadra arguta, tosta e messa ottimamente in campo come l’Atalanta.

 

È la cultura del sospetto un alone che accompagna la nostra Serie A – o forse l’intera storia italiana – da troppi anni.
La stessa che prende di mira la Juve quando se la cava con un rigore di troppo, il Napoli quando segna in fuorigioco, il Milan quando vince al novantesimo o la Lazio quando si vede risparmiato un giallo di troppo.
La stessa che potrebbe far gridare il Catania, una delle squadre più ‘colpite’ da errori arbitrali in questa annata, eppure a pochi punti da un record storico per la società etnea, o tutte le altre squadre medio-piccole la cui voce a volte è sin troppo flebile.
La verità è un’altra: e la qualità nel calcio pagherà sempre, fosse anche all’ultima giornata.
La verità è che dietro non c’è alcun disegno: la componente arbitrale italiana sbaglia, come tutte le altre in tutto il resto d’europa, e sbaglierà sempre e per sempre.
Almeno fino a quando un qualche Dio dall’Olimpo del calcio non scenda a raccontarci il verbo della tecnologia.
Ma al momento è difficile quanto è difficile che la Juventus non vinca questo campionato.

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