Lippi alla Gazzetta: “L’Evergrande come la mia Juve”

Intervista della Gazzetta dello Sport a Marcello Lippi, fresco vincitore del Campionato e della Champions cinese.

Fonte: International Journalism Festival - flickr.com
Fonte: International Journalism Festival – flickr.com

“Prima o poi mi capiranno”, lei aveva detto all’arrivo a Guangzhou. L’hanno capita presto. 
“Era complicato spiegare tutte le cose che avevo in testa, malgrado l’interprete. Però ero ottimista: vedevo l’entusiasmo nei giocatori e la voglia della società di aiutarmi nel progetto per il quale ero stato assunto”.
Cioè vincere subito?
“Di più. Fare dell’Evergrande un club organizzato all’europea. Il complimento più bello che oggi ricevo è: “Non sembra di vedere una squadra asiatica”.
Vero: organizzazione tattica, sovrapposizioni, gestione della gara. Ma due scudetti e una Champions vanno ben oltre il sogno più bello.
“Quel che è successo è straordinario. I successi, soprattutto la crescita della squadra che oggi potrebbe competere con parecchi in Europa“.
Juve-Ajax, Italia-Francia, Evergrande-Seul: l’1-1 è proprio il suo risultato fortunato.
“Semplice coincidenza positiva. Ma ci ho fatto caso”.
Naturalmente il prossimo anno sarà più difficile, no?
“Sono abituato. Anche alla Juve era così. Dicevo ai miei giocatori: “Gli altri non ci stanno mica a vedere voi che vincete sempre”. L’Evergrande è costruito per un ciclo vincente e io ho un anno di contratto. Fino a novembre 2014″.
Poi?
“Qualunque altro discorso è rimandato a dopo. Nazionale cinese o altro”.
In Italia qualcuno ha parlato di Milan.
“Lo sento per la prima volta”.
Sazio di vittorie o adesso vuole anche la Coppa di Cina?
“No, no, quale sazio. Il problema è che adesso c’è la nazionale che qui gioca davvero tanto, troppo. Vediamo come torneranno i miei: ne ho nove con la Cina e Kim con la Sud Corea. Sfidiamo Pechino il 23 e il 27. E vogliamo andare fino in fondo: una grande non molla mai. Niente. Non sceglie. L‘Evergrande è sulla strada buona”.
La Juve non molla mai niente: la sua, ora quella di Conte.
“Una grande con la vittoria nel Dna. Le vicissitudini sono dimenticate, ci sono i due scudetti e la nuova dimensione internazionale. Anche se questo gruppo di Champions è molto duro: ma può farcela. Che sia forte si capisce da come ha reagito all’incredibile sconfitta di Firenze: con il Napoli è stata la partita perfetta”.
Dopo la Coppa di Cina, il Mondiale per club: l’Al Ahly e poi, in caso, Guardiola.
“Non conosco gli egiziani: dovrò studiarli bene. Se dovessimo vincere con loro, e ce la possiamo giocare, troveremo il Bayern. Che intanto è cosa già gratificante, perché sei lì con i migliori del mondo. L’obiettivo è far bella figura, ricordandoci che le partite vanno sempre giocate anche se c’è un favorito. Guardiola è bravo e intelligente, s’è adeguato alla Germania. Sono forti. Ma se dovesse presentarsi la possibilità…”.
Com’è l’Italia vista da Guangzhou?
“Capisco che si soffre. Gli amici mi parlano di confusione politica, problemi economici, disoccupazione, tasse: da fuori non si percepisce la drammaticità della situazione, chi ci vive sì. Che peccato. Ci sono tante qualità… Ci vorrebbe una presa di coscienza generale. E fare squadra”.
Economicamente, invece, la Cina corre.
“Quasi un miliardo e mezzo di abitanti: normale che sia così. È ricca ma c’è tanta, tanta miseria che si vede. Noi viviamo una vita molto positiva, in una città bella, soprattutto perché il lavoro dà soddisfazioni. Sto cercando di conoscere meglio la Cina, ho visto piazza Tienanmen, Pechino, grandi città belle e pulite. È come assistere alla fusione tra New York e la tradizione antica. Peccato per la Grande Muraglia: il giorno che volevo andare lì è nevicato”.
I complimenti più belli che ha ricevuto?
“Quelli delle persone con cui ho lavorato, i miei giocatori, il presidente federale, gli allenatori amici”.
Sa che il suo amico Galliani rischia di lasciare il Milan?
“È sempre stato considerato uno dei migliori dirigenti italiani, quindi del mondo. Così fatico a pensare, pur nella voglia di rinnovamento, che vogliano rinunciare a lui. E lo dico perché lo credo, non perché è un amico”.
Anche Allegri balla parecchio.
“Però è stato confermato malgrado un inizio non positivo. Vuol dire che al Milan c’è ancora lucidità per non prendere decisioni affrettate”.
All’Inter è arrivato un proprietario asiatico: che cosa può portare Thohir?
“Quello che voleva Moratti quando gli ha ceduto la squadra come estremo atto d’amore. Moratti sa che, per competere con Real, Chelsea e Bayern, ci vogliono i Thohir, i russi, gli sceicchi… Non so a chi si affiderà in società, ma troverà tanto di positivo: c’è un allenatore molto bravo che ha recuperato alcuni anziani e, malgrado il rinnovamento, sta facendo giocare l’Inter come fosse lì da tanto. Inter, Napoli, Roma e Juve si contendono lo scudetto, con la Fiorentina outsider”.
La Roma ha subito due stop, il Napoli è stato ridimensionato dalla Juve.
“Domanda: si può vincere sempre? Per tutti la partenza della Roma era siderale: possono due pari far cambiare idea? Si dimentica che in Italia il pari al 90′, con una matricola, può sempre succedere. Quel che conta è aver ritrovato sinergie che non c’erano. Il Napoli ha cambiato modulo, allenatore, giocatori, ma è lassù: contro la Juve si può perdere senza drammi”.
Le cose belle di questo campionato?
“Sono strafelice che Rossi sia tornato al gol e su livelli enormi. Sono strafelice per Toni. Sono contento che Gasperini abbia ritrovato il suo habitat al Genoa. Storie belle di calcio che, da fuori, vedo forse con più romanticismo”.
Storie brutte: i cori razzisti e discriminatori.
“Brutte sì. Qui in Cina non esistono: zero per cento”.
Con un 4-1 alla Germania l’Italia cominciò a credere in se stessa prima del 2006. Italia-Germania è finita 1-1: pensieri?
“Allora c’era anche il 3-1 con l‘Olanda. La Germania ha forse sviluppato una specie di psicosi, con noi fatica sempre. Però è tra le più forti del mondo. Come l’Italia: siamo sempre lì. Se nel ’94 avessimo vinto ai rigori, avremmo noi 5 Mondiali e il Brasile 4. Andiamo per vincere. Sempre”.
Prandelli può farcela?
“Certo. Ha ricostruito alla grande dopo il Sudafrica, ha ritrovato i fuoriclasse senza i quali non si va avanti, come dimostrato nel 2010 dall’assenza di Buffon e Pirlo e dalle condizioni di De Rossi. Siamo tornati competitivi”.
Il suo Pallone d’oro?
“Ribery”.
Pogba è un fenomeno?
“È grandissimo”.
Il suo fenomeno è Elkeson?
“Devo ringraziare mio figlio Davide che me l’ha portato. Dopo averlo visto, l’ho preteso. Persona straordinaria, ha voglia di fare, è un attaccante moderno, ha tiro, colpo di testa, tutto. Vale il triplo di ieri e so che tanti lo hanno chiesto. Ma, finché sono io all’Evergrande, i fuoriclasse restano”.

Avatar

Andrea Antoniacomi

Mi chiamo Antoniacomi Andrea, sono di Cortina d'Ampezzo ma sono nato a Pieve di Cadore il 23 febbraio del 1990. Diplomato presso l'istituto "Leonardo da Vinci" di Belluno con il voto di 80/100, dal 2011 studio a Milano presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, nel corso di scienze della comunicazione politica e sociale. Il mio sogno è di diventare un giornalista, prima pubblicista e poi professionista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Su questo sito utilizziamo strumenti nostri o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Possiamo usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti ad offrirti una esperienza migliore con noi. Cookie policy