Sconcerti sul “diverbio” Capello-Conte: “Sono talmente simili da elidersi”

Mario Sconcerti, dalle pagine del Corriere della sera, dice la sua sulla questione ConteCapello.

Foto Roberto Vicario-Fonte wikipedia.org
Foto Roberto Vicario-Fonte wikipedia.org

Queste le sue parole: “Non cambia niente ma passa una giornata in più. La notizia arriva semmai dalla polemica di Conte con Capello, piena di equivoci e vecchi rancori, Capello non è un simpatico, ha un concetto forte di se stesso e se può ricordare al mondo la sua differenza, non perde occasione. Non è, sull’empatia, formidabile nemmeno Conte. Qui non c’entra la juventinità interna. Chi siamo, chi sembriamo, bisogna ogni tanto chiederlo anche agli altri. Il lato curioso della vicenda è che Capello voleva trovare una giustificazione a Conte. Mentre Conte, a modo suo, nell’emozione della polemica, ha quasi finito per fare una colpa a Capello dei due scudetti persi a tavolino. Cioè quasi giustificandone la revoca per dimostrare la parte meno ricordata del rivale. In sostanza una parte sacra e maledetta della storia della Juve improvvisamente ammessa e rinfacciata alla juventinità stessa. Un errore di troppa superbia , un infortunio vero. Come si può spiegare? In più modi. Il primo è l’equivoco. Capello rispondeva al perché la Juve abbia fallito in Champions. Ha detto alla lettera che il «campionato italiano non è allenante», cioè che non prepara ad avversari superiori perché pieno di piccoli avversari. Una critica agli altri, non alla Juve. Poi va da sé che Capello è acido, un’antica mascella di marmo dedita soprattutto a se stesso. Ma questo con la polemica c’entra poco. La seconda spiegazione è che Capello e Conte sono talmente simili da elidersi. Entrambi forti, entrambi eccessivi, entrambi protagonisti unici. Ma c’è anche qualcosa di più profondo che abbraccia gli ultimi 50 anni di storia della Juve. Un mezzo secolo diviso in tre epoche: quella di Trapattoni, quella di Lippi e quella adesso di Conte. Diverse generazioni di dirigenti, tecnici e giocatori. Veri gruppi, veri branchi di fuoriclasse che hanno nel tempo gareggiato a chi era più forte. Dirigenze storiche, da Boniperti a Giraudo, da Gianni Agnelli a Umberto, fino ad Andrea. Modi diversi di essere società, giocatori e fenomeni. La scoperta è che nessun gruppo ha mai amato l’altro, ognuno rivendica la propria migliore età. Questo racconta bene come Conte veda in Capello un avversario ingiusto. Lui non c’era quando si faceva una grande Juve. C’è stato solo quando l’hanno distrutta. Non può esserci dialogo. Per Conte, Capello non ha sufficiente nobiltà. Per questo lo condanna fin quasi a rischio di condannare da solo la Juve stessa di quegli anni. Nel frattempo la Roma gioca una grande partita, il Napoli anche sia pure su moduli diversi. Quando ha energia la Roma gioca un calcio molto moderno”.

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