Esclusiva-Aronica: “Higuain aveva capito il gap con la Juve. Quagliarella mi abbracciò. Palermo alla deriva…”

Negli ultimi anni ha rinforzato la retroguardia di Palermo e Reggina, ma tutti lo ricordano soprattutto per l’incredibile salvezza con i calabresi e per aver contribuito all’ascesa del Napoli di Mazzarri, giocando titolare anche in Champions. Si tratta di Salvatore Aronica, il cosiddetto “lucchetto palermitano”, che oggi cova il desiderio di vestire i panni di allenatore. Aronica ha concesso un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando di passato e futuro, toccando inevitabilmente anche alcuni temi d’attualità:

Aronica - Fonte immagine: Steindy, Wikipedia
Aronica – Fonte immagine: Steindy, Wikipedia
Tu hai avuto modo di vedere da vicino la Juventus di Ferrara, Conte e Zidane: pensi che quella di oggi possa diventare o essere già superiore?
Diciamo che la Juve che ho vissuto io nel ’96, la Juve di Lippi, era una Juve che ha vinto tutto, ha vinto la Champions. Alla Juve di oggi, anche se in campionato, in Italia, si sta attestando da 5-6 anni ormai in maniera costante, credo che manchi solo quel piccolo step per cercare di ottenere in Europa quello che si è ottenuto tantissimi anni fa con la finale di Roma.
 
Il tuo ex compagno Rinaudo ci ha riferito che secondo lui quello di Higuain al Napoli non può essere definito come “tradimento” (clicca qui per leggere): tu sei d’accordo con lui?
Mah, sì, diciamo che ormai i calciatori sono dei professionisti, quindi hanno ambizioni. Una volta si guardava più alla maglia, ad essere un po’ più “fedeli”, tra virgolette, ad una squadra che ti aveva accolto e ti aveva dato tantissimo, mentre adesso ci sono tanti aspetti da valutare: i diritti d’immagine, l’aspetto economico, anche l’aspetto di ambizione e di prestigio. Higuain aveva capito che il gap tra Juve e Napoli non era colmabile e ha preferito andare da un’altra parte, ma credo che nel calcio ormai ci siano stati tantissimi esempi, quindi parlare di tradimento verso i tifosi mi sembra esagerato.
 
Durante gli anni d’oro di Mazzarri nessun difensore del Napoli è stato convocato in Nazionale: tu e Cannavaro che spiegazioni vi siete dati alle scelte di Prandelli?
C’è stato un po’ di rammarico più che altro da parte di Cannavaro che era 3 anni più giovane di me, io ormai avevo superato i 30 anni e nonostante i 5 anni a Napoli con la Champions e la vittoria della Coppa Italia, quando ci eravamo attestati come una squadra subito dietro alla Juve, la chiamata non c’è mai stata. Diciamo che Paolo un po’ c’era rimasto male anche perché comunque aveva fatto benissimo e – ripeto – essendo ancora sotto i 30 anni poteva ambire a questa convocazione. Se n’è parlato tanto, ma credo che il nome importante che teneva il fratello dietro alle spalle sicuramente abbia contribuito a non mettere sotto paragone il ragazzo. Io non ho neanche il rammarico perché avevo più di 30 anni, avevo grandi attestati di stima, però sapevo che ormai era una porta chiusa.
 
Tu hai conosciuto molto bene Cavani: un suo ritorno a Napoli è possibile o il rapporto con il presidente è compromesso?
Io credo che sia impossibile, anche perché comunque ormai il giocatore viaggia su parametri economici importanti e credo che il Napoli non possa riconoscerglieli più. Secondo: anche il rapporto con il presidente non era del tutto idilliaco sul finire. E terzo: credo che i cavalli di ritorno, la solita minestra riscaldata non vadano più bene. Edinson è un ragazzo molto intelligente e credo che farà scelte diverse da quelle di tornare a Napoli.
 
Hai usato le stesse parole di Rinaudo…
(ride, ndr) Dalle nostre parti, essendo di Palermo anche lui, si usa dire così, però è più giusto parlare di minestra riscaldata, quella che mangi a pranzo e poi riscaldi la sera. Quindi farla due volte non va più bene.
 
Perché ragazzi come Quagliarella e Lavezzi arrivano al punto di lasciare un ambiente come Napoli dove sono idoli indiscussi?
Credo che siano due situazioni diverse. Il “Pocho” ha dato tantissimo a Napoli: credo che subito dopo Maradona il pubblico napoletano amava Lavezzi, anche più di Higuain. Aveva completato ormai un quinquennio, quindi aveva già dato tutto e aveva anche ambizioni diverse e credo che dal momento in cui dai tutto e non hai più motivazioni per stare in una squadra sia giusto cambiare. Poi c’è stata un’offerta importantissima da parte del Paris Saint-Germain che aveva pagato la clausola contrattuale, quindi era giusto che cambiasse aria perché veramente aveva dato tutto quello che poteva dare, mentre per quanto riguarda Quagliarella il discorso è diverso: lui è dovuto andare via sia perché con Mazzarri non era proprio in sintonia sia perché non era d’accordo con alcune dinamiche dello spogliatoio e quindi alla fine ha contribuito questo. Mazzarri ha cercato di far rimanere a Napoli gente che aveva voglia, gente che stava bene, mentre purtroppo Fabio manifestava un certo dissapore, quindi hanno preferito darlo via. E credo che poi il “rimpiazzo”, tra virgolette, di Cavani sia stato eccezionale!
 
A proposito di Quagliarella, tu prima parlavi della Coppa Italia: sappiamo che comunque avete un buon rapporto, ma cosa c’è stato dietro il diverbio dopo la finale del 2012?
Diciamo che la finale è una partita abbastanza tirata. Chiaramente la Juve era favoritissima e noi eravamo la vittima sacrificale, però poi il campo ha partorito un risultato diverso. Lui non giocò dall’inizio dopo aver disputato gran parte di quella competizione: era molto arrabbiato, molto nervoso, poi c’è stato quell’episodio lì, dove io praticamente lo marcavo da dietro e lo trattenevo, però lui subito dopo è venuto nello spogliatoio a scusarsi, a chiarirsi, anche perché avevamo un buon rapporto e ci sentivamo anche prima, sono gesti istintivi dovuti un po’ all’adrenalina, magari al nervosismo di una competizione, di una partita dove non hai giocato e che pensavi di giocare dall’inizio. Tanti aspetti, ma subito dopo – ripeto – Fabio venne nello spogliatoio a chiedermi scusa e ci abbracciamo come se niente fosse successo.
 
Magari si felicitò anche per la vittoria del “suo” Napoli…
(ride, ndr) Diciamo che era un po’ indispettito su Conte, quindi tutto sommato il fatto che non avesse giocato dall’inizio l’aveva un po’ spinto a fare quel gesto lì e credo che forse alla fine fosse contento che fosse stato il Napoli a vincere e non un’altra squadra.
 
In queste ore si sta parlando anche di un “mal di pancia” di Insigne, che ha molte offerte: conoscendolo credi che possa partire pure lui?
Io piuttosto conosco il presidente che sicuramente farà come ha fatto con Koulibaly. Il presidente non è una persona che si fa minacciare o mettere le dita negli occhi, quindi “mal di pancia” o “non mal di pancia” vedrai che Insigne rimarrà lì, rispetterà il contratto e credo che sia un po’ un lavoro da parte del procuratore secondo me sbagliato a questo punto della stagione. E’ un giocatore in rampa di lancio, che si sta attestando a Napoli, non ha ancora raggiunto la piena maturità, ha avuto la Nazionale grazie al Napoli, quindi essere riconoscenti, aspettare i giusti momenti e non vedere quello che fa il compagno accanto magari sarebbe importante, perché non è detto che se un compagno mio rinnova il contratto – come Marek Hamsik, che è da 10 anni che è a Napoli, è sempre stato professionista e uomo esemplare, ha dato tanto alla maglia e continua a dare – io per forza debba ambire al rinnovo. Quindi sono manovre da parte del procuratore e credo che il presidente sia abbastanza indispettito.
 
Considerando come si è evoluta la tua esperienza a Palermo, tornando indietro rifaresti comunque quella scelta?
Quella scelta la feci per due motivi: uno perché chiaramente Mazzarri mi aveva comunicato a dicembre, visto il buon rapporto che ci legava, che sarebbe andato all’Inter e che comunque io essendo già sulla soglia dei 35 anni e considerando che il presidente ogni anno tentava di acquistare Ruiz, Britos, Fideleff e giocavo sempre io sicuramente mi avrebbero ceduto definitivamente, o meglio non mi avrebbero rinnovato il contratto perché era in scadenza, anche se c’era una clausola per cui in caso di Champions sarebbe scattato automaticamente il rinnovo contrattuale. Quindi Mazzarri mi disse: “Io vado all’Inter, ti consiglio di andare”, perché poi successe proprio quello che lui mi aveva detto 6 mesi prima, che poi mandarono via De Sanctis e a seguire Cannavaro non toccò più campo, quindi già questa era l’aria. Quindi io fui spinto da Mazzarri che mi diede questo consiglio, in più dall’offerta economica dell’area del Palermo, perché chiaramente quella ha contribuito, mi fu fatta un’offerta importante per un calciatore come me, di 35 anni, e quindi la presi al volo, anche perché tornavo a Palermo. Sotto l’aspetto professionale devo dire che è stata un’esperienza del tutto negativa, forse l’unica dei miei 20 anni di carriera; sotto l’aspetto economico è una scelta che rifarei perché è inutile essere ipocrita o nascondersi dietro ad un dito, spesso noi calciatori ci muoviamo solo e soltanto per l’aspetto economico.
 
A Palermo i tifosi sono quasi tutti contro Zamparini: secondo te devono avere ancora fiducia o la pazienza è finita?
Io sono arrivato a Palermo nel 2013 e già la barca era alla deriva. Adesso sono passati altri 3 anni e ogni anno è stata sempre una sofferenza. Zamparini ormai ha deciso di non investire più sul Palermo. I tifosi continuano ad abbonarsi perché hanno questa fede, questa passione, ma dopo tutti i ribaltoni, dopo tutto quello che è successo quest’anno, dopo tutto quello che è successo nell’anno mio in cui mi prese Lo Monaco a gennaio, a febbraio arrivò Perinetti, cambiammo 5 volte allenatore, le stesse cose che sono successe quest’anno, la gente si è svegliata perché ormai il tifoso si è evoluto, non è lo stupido che crede alle favole, quindi hanno capito che Zamparini non ha più voglia di investire, tiene il Palermo finché qualcuno non lo compra. C’è molto dissapore, c’è molta contestazione, credo che quest’anno sia un’altra annata molto travagliata sperando che non si incappi in una retrocessione.
 
Tu conosci Daniele Faggiano: cosa ne pensi di lui al Palermo?
Lui è un direttore giovane, ha sempre fatto la serie B, ha poca conoscenza, poca esperienza. Deve avere fortuna a fare risultato, perché credo che nel momento in cui i risultati non debbano arrivare il primo che andrà via sarà lui.
 
Per il tuo futuro si è vociferato della possibilità di allenare le giovanili del Napoli: è un’opportunità concreta?
Sì, ne ho già parlato col mio agente, Alessandro Moggi, che tra l’altro è anche l’agente di Tonelli, di Morata, che è un aspetto molto importante. Ne ho parlato anche con Giuntoli. Quest’anno io ho partecipato al corso di Coverciano di allenatore UEFA A, quindi mi sono praticamente abilitato. Quest’anno non c’è stato spazio perché ancora l’allenatore del Primavera aveva tanti anni di contratto in essere e quindi non era giusto cambiare, ma anche se già dovessi trovare qualcosa in corso per iniziare, mi auguro di poter rientrare di nuovo a far parte della famiglia Napoli.
 
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