Buon compleanno, Soccermagazine! Una storia di “missionari dell’informazione” e di civili

Se si pensa ad un foglio di giornale, ad una pagina web, ad una sala stampa o ad un programma tv come il luogo dell’informazione esatta e perfetta, si sbaglia. Molti già lo sanno. Chi vive l’informazione da dentro, chi la vive da fuori: l’unica notizia che non ci sfugge mai è che a volte la verità ce la dobbiamo cercare da soli.

L’attuale logo di Soccermagazine, scelto un anno fa insieme ai lettori

Quella del giornalista viene spesso indicata come una “missione”: l’accezione del termine nel contesto, però, non si riferisce alla sola ricerca e divulgazione precisa dei fatti. Per far emergere qualcosa, bisogna anche lottare contro chi vuole far risultare qualcos’altro. Nel conflitto che ne consegue, chi ci va di mezzo, come al solito, sono i civili.
Un anno fa eravamo qui a dirvi che il mondo del giornalismo contemplasse un insieme di giungle intricate e luoghi ameni: oggi possiamo constatare come sia possibile che qualcuno accenda un cero, appicchi il fuoco e dia via all’auto-disboscamento pur di arrivare alla riva senza incespicarsi, o semplicemente per muoversi più liberamente nella sua selva. Incurante della possibile presenza di civili capitati o rimasti bloccati nella giungla.
La missione dell’informazione viene portata avanti prima con le qualità morali e solo in secondo luogo con le capacità giornalistiche. Deve essere così, perché l’obiettivo principale che smuove e fa ruotare tutto il sistema è troppo importante: il conseguimento del vero sapere. E non si tratta di una meta preclusa a chi non si pone sempre il pensiero di studiare le notizie; anche chi non ha penna per scrivere o voce per parlare, infatti, può trovare e diffondere la verità.
Quello dell’informazione è un bene prezioso che prevede anche grandi responsabilità: noi ce le assumiamo, ma possiamo essere tranquilli come chi vuole essere forte e viene accompagnato da amici e compagni. Da quei civili, che con la loro sola forza strappano le piante ed oltrepassano la foresta riconoscendola poi come un ostacolo di poco conto nel comune cammino.
Un “missionario dell’informazione” può essere tale anche inconsapevolmente. Noi, però, non vogliamo attribuirci nulla e pensiamo che l’unico modo per non sbagliare e per rispettare l’informazione stessa sia quello di adempiere al nostro dovere senza perdere mai la strada, percorrendola sempre in linea retta, senza accelerare troppo, senza usare scorciatoie, per non lasciare indietro chi ci vuole bene e cammina a pochi passi di distanza.
Ogni tanto ci siamo voltati per rivedere la nostra prima bandiera, quella che avevamo piantato un anno fa. Ma non ci siamo riusciti. Tante giungle minavano l’orizzonte. Via i ramoscelli, abbiamo tagliato qualche vecchio fusto. Abbiamo rialzato la testa. Il punto estremo al quale si riduce il nostro occhio è incapace di scorgere ancora. Non possiamo più vedere il nostro piccolo stendardo, il primo segno del nostro passaggio. Era quello che speravamo.

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