A tutta tattica – A testa alta

La generazione di giocatori che nel 2006 vinse il mondiale è la stessa che, diversi anni prima, aveva trionfato nell’Europeo Under 21. Tradizionalmente le nostre selezioni givanili hanno sempre ben figurato; su tutte proprio l’Under 21, che spesso ha consegnato alla Serie A e alla Nazionale maggiore ottimi giocatori.

Soccermagazine.it
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Tuttava, negli ultimi anni, la tradizione vincente è adata spezzandosi; forse una delle ragioni di questo calo sta nel fatto che per le società è più economico andarsi a prendere giocatori già fatti in altri paesi piuttosto che investire per lo sviluppo di in vivaio.
La tendenza si è invertita negli ultimi due anni, in concomitanza di un ritrovato entusiasmo per i giovani calciatori da parte dei club. Qui non vi è dubbio che la ragione è prima di tutto economica, visto che i soldi che giravano negli anni ’90 sono un pallido ricordo in un calcio che ormai vive di prestiti, comproprietà ed espedienti vari. Ecco che allora si riscoprono i campioni fatti in casa: tutti i top club italiani  li hanno nelle loro rose.

Inevitabilmente questo ha avuto un riflesso positivo sull’Under 21. Gli azzurrini hanno gioco e non poteva essere altrimenti, considerato che la guida tecnica è di Denis Mangia con la supervisione di Arrigo Sacchi. E poi, cosa ancora più importante, ci sono i giocatori forti: Insigne, Verratti, Immobile, Borini, Destro, Gabbiadini, Saponara, Marrone, Bardi, ecc…

Nel Campionato Europeo Under 21 la nostra selezione ha ben figurato. Il girone eliminatorio è stato superato brillantemente; la seminifinale con l’Olanda è stata una sfida dura, ma i ragazzi di Mangia si sono meritati la finale. Qui però non è stato possibile combattere alla pari con la Spagna, attualmente la squdra più forte nel mondo anche a livello di Under.

A voler guardare le statistiche, il risultato può essere consederato positivo: mai nelle ultime 25 gare la Spagna aveva preso due gol nella stessa partita. Certo, quandi se ne prendono quattro un dato che in assoluito ha un certo valore passa irrimediabilmente in secondo piano. Arriviamo dunque al nodo della questione: cosa ha la Spagna più di noi?

Probabilmente, per colmare il gap che si è creato tra il nostro calcio e il loro, dovremmo abituarci ad una nuova cura dei dettagli. Non sono sufficienti giocatori forti e buoni tecnici. La Spagna ha uniformato il modo di giocare in tutti i le scuole calcio: 4-3-3 e tiqui-taca sono dogmi inviolabili. Questa uniformità di preparazione della mentalità, il perfezionamento tecnico dei singoli giocatori e la cultura del lavoro hanno trasformato un calcio che fino agli anni ’90 era caratterizzato da un possesso palla sterile e fine a se stesso. Oggi la Spagna non ha rivali, sola la Germania e i suoi top club sono rimasti in scia.

Chissà se questa è davvero la medicina per salvare un calcio (il nostro) in crisi, che ha sempre fatto della varità tecnica la sua chiave di forza. Lucescu, uno che di pallone qualcosina ne sa, ha sempre apprezzato pubblicamente il nostro campionato: il motivo era proprio la non uniformità tattica dei nostri club. Da noi ogni squadra ha la sua identità. Questa caratteristica è sempre stata una ricchezza. Ecco un altra possibile strada da seguire: piuttosto che copiare gli altri, riscoprire le nostre caratteristiche, magari aggiornadole alle esigenze del calcio moderno.

Al di là di questa rifessione, i risultati degli azzurrini sono buoni. Vedremo se da qui a i prossimi hanni saremo in grado di fare il salto di qualità e tornare sul tetto d’Europa.

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