Esclusiva-Marco Lanna: “Alla Samp il periodo più bello della mia vita. Peccato per il derby di Roma”

Marco Lanna, ex giocatore di Roma e Sampdoria, ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine.it; il difensore Campione d’Italia con i blucerchiati ha parlato delle stagioni a Genova e del fortunoso rigore che costò il derby di Roma e ha fornito un confronto tra il calcio spagnolo dell’epoca e quello dei giorni nostri.

Fonte: wikipedia
Cosa ha provato ad avere avuto Boskov come allenatore?
Boskov per me è stato come un papà, un maestro. Mi ha voluto fortemente alla Samp, strappandomi dalle grinfie del Foggia, e mi ha fatto esordire all’età di 19 anni con la maglia della Samp, che io amo tanto da buon genovese e doriano; ha creduto sempre in me ed è per questo che gli devo molto. Con lui al timone della squadra ho vinto 1 Campionato italiano, 1 Supercoppa italiana e 2 Coppe talia.
 
Che ricordi ha dello scudetto blucerchiato del ’91?

E’ stato un evento magnifico. Bisogna però precisare che tutti gli anni passati alla Samp, ovvero sei, sono stati magnifici; il periodo più bello della mia carriera, ma anche della mia vita: l’anno dello scudetto poi è stato il culmine di tutto, il frutto di un lavoro di gruppo straordinario, da considerare un pezzo di strada che mi ha fatto crescere. Molto bella anche la stagione della Coppa dei Campioni, nonostante la sconfitta nella finale a Wembley; ho provato emozioni che, credo, nessuno abbia mai provato e lo dico col cuore.
 
Con un colpo di mano propiziò il rigore che regalò il derby alla Lazio: cosa successe?

Sinceramente del fallo di mano non me ne sono manco accorto! Sono saltato cercando l’equilibrio perfetto, ma in quel momento sentii l’arbitro fischiare, pensando che stesse dando un fallo a favore della Roma per una spinta che ho ricevuto da Casiraghi; non avrei mai immaginato ci fischiasse contro un rigore nei minuti finali del Derby. Allora lì mi accorsi di aver toccato il pallone con la mano, ma involontariamente: ci sono rimasto male perchè la vittoria della Lazio fu decisa da me.
 
Cosa è cambiato, secondo lei, nel calcio spagnolo considerando gli anni 90?

Quando ci giocai io, in Spagna vi era il lavoro tattico e quello fisico, dove la palestra non era contemplata; si puntava molto sulle tecniche individuali e sulle qualità dei singoli senza considerare il gruppo. I primi segni di un lento sviluppo si notarono nel momento in cui Arrigo Sacchi giunse in Spagna per allenare l’Atletico Madrid: lui portò un altro concetto di calcio in una nazione dove questo non vi era ancora. Ora invece, un po’ come in tutta Europa, sì che vengono ritenute importanti le doti di ciascun calciatore, ma senza uno sforzo dell’intera squadra tutto è vano; infatti ai giorni nostri la differenza è stata limata, mentre all’epoca era enorme.

 
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