De Rossi e la Roma: divorzio o pausa di riflessione?

Roma-Fiorentina, la partita della possibile svolta. Una Roma ritrovata si avvicina a questo confronto galvanizzata: 3 vittorie consecutive, un gol subito, una partita vinta in rimonta. Oggettivamente, tutto comincia a quadrare, attorno ad una squadra che riversa ancora molti dubbi sul piano della continuità. La Fiorentina rappresenta, invece, la sorpresa: sta affrontando questo campionato a viso aperto, infatti si trova ad un passo da quella classifica rilevante, quel mini campionato, giocato ogni anno da tre squadre, che porta alla Champions League. Arrivare in Europa, dalla porta principale o passando dai preliminari, è sogno ed ambizione, croce e delizia, di ogni team.
Questa Roma se lo pone, addirittura, come obiettivo minimo. Almeno, così sembra essere il volere di Sabatini e, quindi, per traslato, di tutto l’entourage giallorosso. Nei giorni scorsi, proprio Sabatini, intervistato ai microfoni di Roma Channel, aveva tuonato : “Voglio un piazzamento decoroso, almeno un posto in Champions”.Come dare torto ad una dirigenza che, in due anni, ha ricostruito una squadra, mettendola a disposizione, prima, di Luis Enrique e, adesso, di Zeman. Il gioco viene espresso, le ultime partite lo dimostrano. Manca continuità.

Fonte immagine: Football.ua da wikipedia

Ora, in organico rientra anche Daniele De Rossi. Certezza di questa Roma. Oppure, certezza di questa Roma? Sì, perché fino a qualche tempo fa non c’erano dubbi, attualmente, qualche perplessità affiora. Rientrare in squadra, non significa necessariamente rientrare in quelli che sono i piani dell’allenatore. Infatti, Zeman ha ribadito: “De Rossi per me non è una nota dolente, ma non ha reso da De Rossi. Non si è integrato con la squadra. Forse è stato disturbato da tante voci a inizio anno, è da Roma non è da Roma, il City che lo vuole…Questo può influire. Bisogna vedere da dove arrivano queste voci, a me personalmente nessuno ha chiesto di lui. Ma qualcuno dice che dieci-undici squadre sono interessate, e io ho qualche dubbio”.
Parole amare, che non sembrano rispettare la visione comune: questo scorcio di campionato, non lo ha visto protagonista. Daniele De Rossi ha disputato, quest’anno, la metà delle partite. Su 15 partite, il centrocampista di Ostia ne ha giocate solo 7. E’ vero, tre giornate è stato penalizzato, per via del pugno dato a Mauri, in occasione del Derby. Sono dati che, comunque, stridono nelle statistiche di un giocatore che negli ultimi anni (dal 2005 ad oggi) viaggia ad una media di 30 presenze l’anno. Praticamente, ha giocato sempre. Zeman gli preferisce Tachsidis, per una serie di motivi. Mettiamoci anche il fatto che, Daniele, sin dall’inizio non vede di buon occhio il tecnico. O meglio, “era più in sintonia – parole sue – con il tecnico precedente”, Vincenzo, lo chiama confidenzialmente. Trattasi di Montella (avversario di sabato, fra l’altro). Questa ammissione, sommata ad altre piccole circostanze, sembra essere la causa scatenante dell’ odio/amore tra i due. A stringere, De Rossi è un giocatore importante, ma non gioca. Essere importante, non utile. Trattasi di scelta tecnica? I dubbi sorgono, soprattutto se l’alternativa è un centrocampista bravo, ma che viene comunque dalla serie B e non ha la stessa esperienza di un giocatore che è considerato tra i migliori. Su questo, non ci piove! Lo sanno in molti, anche gli Inglesi ( pronti 30 mln, per avere capitan futuro) che stanno alla porta ad aspettare una rottura definitiva tra De Rossi e la Roma. Rapporto che non si potrà mai rompere del tutto: Daniele è di Roma, il tifoso della Roma. Si possono, però, prendere strade diverse. Il lavoro è una cosa, i sentimenti sono un’altra. Quindi, viene da chiedersi: è giusto privarsi di un tale elemento, per qualche alzata sopra le righe? Può essere. In tal caso, però, ci deve essere coerenza. Anche Totti, altro romano e romanista, si è trovato in situazioni simili: è stato messo in discussione, escluso, per certi versi, protagonista di brutti episodi, per certi altri, e prende persino gli stessi soldi di Daniele. Tanti. Non per questo, però, indossa un’altra maglia oggi. E’ il capitano, il simbolo di Roma, nel bene e nel male. I tifosi masticano amaro, per il silenzio di Daniele, per il suo atteggiamento apparentemente passivo sulla vicenda. Sta di fatto che se qualsivoglia persona viene esclusa da un progetto, non direttamente, ha il diritto di rimettersi in gioco altrove. Quindi, se De Rossi non gioca, ha deluso, non è ritenuto all’altezza, è bene metterlo in chiaro. Tutti. Dalla dirigenza, all’allenatore. Questo passarsi la palla, in modo sadico, non giova a nessuno. Una cosa è certa: buttare via un patrimonio del genere, per mancanza di feeling, non è la scelta più acuta (ricordatevi: se Sensi, all’epoca, avesse dato ragione a Carlos Bianchi, Totti ora sarebbe altrove. “Giocatore normale” lo definì). De Rossi è una colonna portante della Nazionale e del calcio italiano. La Roma è alla ricerca di continuità: DDR è il passato che si interseca al presente, proiettato verso il futuro, di questa squadra. Punto di riferimento per giovani e non, come molti altri, ad esempio, un certo Simone Perrotta. I giallorossi è dalle certezze che devono ripartire. E’ una strada più difficile e tortuosa, ma alla lunga paga. Quindi, se si mira ad una svolta, è bene ristabilire in modo chiaro le priorità. In ogni senso. La partita di sabato, in casa, contro il passato della Roma, permetterà di capire, ancor di più, se De Rossi è da annoverare alla Roma che fu, o a quella che, deve, e dovrà essere.

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