Esclusiva-Serse Cosmi: “Il modello Barcellona fa più male che bene. Di Hamsik ho un ricordo straordinario”

Serse Cosmi ha concesso un’intervista esclusiva a Soccermagazine.it. Si è parlato di tutto: dal ricordo di Hamsik a quello di Materazzi, passando per il Palermo ed il Perugia targato Gaucci. Infine, una valutazione sul perché gli allenatori con anni di esperienza siano spesso a spasso a discapito dei più giovani.

Serse Cosmi fonte foto: Wikipedia - Opera propria Mess

Quale squadra in questo momento Le piacerebbe allenare?
Sarebbero tante, ma al di là delle squadre mi piacerebbe allenare in una società vera, con degli uomini veri, con delle persone vere e con dei concetti di calcio abbastanza normali, semplici.

Si è pentito di aver accettato la proposta di Zamparini per allenare il Palermo lo scorso anno?
No, no nella maniera più assoluta. Credo che era il massimo che in quel momento io potessi chiedere perché ero fuori e aspettavo con ansia di poter magari allenare. Mancava poco alla fine per cui mi ero quasi rassegnato a passare un anno fuori. Il Palermo come valori tecnici, anche come organizzazione di società, era il massimo che potessi avere insomma. Poi l’epilogo non è stato in linea magari con quello che mi aspettavo io anche con quello che magari si aspettava la società però non rimpiango niente della scelta.

E se Zamparini La dovesse richiamare?
No, va beh è una cosa impossibile. Sono una persona abbastanza razionale io e quindi (ride, nda) penso che sia cosa impossibile perché sono stato pochissimo lì a Palermo e diciamo ho avuto tanti problemi ma di sicuro non è stato Zamparini quello che me ne ha creati di più grossi. Quella è una cosa certa quindi con lui, a parte l’incomprensione del pre-Catania (in occasione del derby perso 4 a 0 contro gli etnei, l’ex tecnico lasciò fuori Pastore. Zamparini disse che avrebbe riferito a Cosmi: “Lasci fuori Pastore? Se perdi, ti caccio”, nda), i rapporti erano stati sempre buoni, cordiali, e poi anche dopo sono ritornati nella maniera logica, normali.

Anche se l’ha avuto per poco tempo come giocatore, che ricordo ha di Hamsik al Brescia?
Straordinario. Straordinario perché si intuiva, non è che ci volesse tantissimo almeno in quel momento a capire, che era un giocatore dalle potenzialità enormi. Un giocatore che interpretava bene tanti ruoli, che aveva tante qualità oltre quelle tecniche: quelle dinamiche; l’età, perché era giovane, aveva 19 anni. Diciamo che lì il Napoli è stato bravissimo perché è entrato nel momento giusto, però una tiratina d’orecchie alle grandi che hanno un pochino sottovalutato questo ragazzo e, forse, in quel momento non pensavano sinceramente che poteva diventare quello che poi è diventato. Il Napoli ci ha creduto più delle altre. Questo sotto l’aspetto tecnico. Come ragazzo ho un ottimo ricordo: è un professionista, uno che in campo e durante gli allenamenti era sempre dentro ogni situazione.

Che ricordo ha di Materazzi che Lei ha sempre difeso?
I miei giudizi su Marco sono sempre un pochino dettati dall’affetto. L’impatto con lui non fu buonissimo, anzi, ci prendemmo di brutto perché lui, ovviamente, vedeva in me l’allenatore che veniva dalla serie C; lui, invece, voleva andare in una squadra più importante del Perugia in Serie A per cui è stato un momento non lunghissimo però quasi di scontro. Non fisico perché non avrei potuto avere la meglio (ride, nda) ma dentro lo spogliatoio ci fu qualche problema, però poi devo dire che subito in quell’anno lui è diventato il mio capitano, un giocatore che ha fatto cose straordinarie in campo però anche fuori ha sempre difeso il gruppo, ha sempre difeso il mio operato. Poi è andato all’Inter e ha ottenuto tutto quello che ha ottenuto però, a differenza di altri che si sono dimenticati nel tempo, con Marco invece ho avuto sempre un rapporto straordinario anche extra calcio. Nei momenti di difficoltà è sempre lui il primo a chiamarmi. Adesso ha smesso e ci siamo, anche questa estate, rivisti qualche giorno per fare una rimpatriata. C’è un rapporto che va oltre quello che è stato un rapporto sul campo. Credo che io a lui in quell’anno devo tantissimo e un pochino anche lui poi di quello che è stata la sua carriera deve anche a me.

Dopo un inizio incredibile, il suo Livorno (2009) crollò drasticamente e Lei ebbe alcune divergenze con Spinelli. Quali furono i motivi del crollo?
Quella fu un’annata molto particolare. Non dimentichiamoci che quando io presi la squadra aveva 3 punti dopo 9 partite. Praticamente le possibilità di salvezza, anche se mancava tantissimo, erano limitate. Ma per un motivo semplice: non tanto per quello che era la classifica perché molto probabilmente il valore di quella squadra era questo. C’era la possibilità di poter intervenire a gennaio e questo non è stato fatto, anzi è stata indebolita la squadra perché è stato dato via Candreva che era in quel momento il giocatore più rappresentativo della squadra e quindi io avevo dato le dimissioni. Credo di aver visto giusto. Forse l’errore mio era che non dovevo ritornare dopo aver dato le dimissioni però abbiamo fatto comunque sia 24 punti in 25 partite che con quella squadra, in quel contesto, era non il massimo ma molto di più. Ѐ vero, da gennaio in poi la squadra pur pareggiando con la Juve, a Milano, a Roma ha perso gli scontri diretti con il Siena e il Bologna in casa che poi sono stati determinanti. Non sarei mai dovuto ritornare dopo quelle dimissioni. Sono tornato solo per i giocatori e per la gente. Penso di aver fatto un errore e penso che l’abbia fatto anche la società perché era giusto che mi lasciasse e, non accettando le mie dimissioni, ci siamo messi in una situazione difficile per tutti e due.

Il fatto che Lei non trovi posto nemmeno in B è dovuto al Suo rifiuto di scendere di categoria o c’è dell’altro?
Forse questo dovete domandarlo gli altri. Sarei disposto a scendere in serie B di fronte ad un bel programma, non è quello il mio problema. Non è un problema di categorie. Ѐ che mi piacerebbe, a differenza di quello che mi è successo negli ultimi anni, iniziare oppure entrare in un contesto dove se la parola “progetto” è magari eccessiva nel calcio però, insomma, un qualcosa che faccia riferimento anche ad un futuro. Le cose che si chiedono all’allenatore, quelle cose lì. Quello di far ben per la società, di organizzare un gruppo di giovani insomma e di valorizzare. Quando vado in B io devo sempre e solo vincere: questo purtroppo non dipende da me dipende dalla società e soprattutto da quelle che sono le organizzazioni delle società e quindi, molto probabilmente, non vengo chiamato per questo. Ci si affida a tecnici giovani: è un po’ un trend in generale quindi la serie B è molto cambiata rispetto a qualche anno fa.

Guidolin in un’occasione affermò di non aver mai allenato una grande perchè non aveva conoscenze, Secondo Lei c’è del vero o fu una semplice provocazione?
Lui ha detto che non aveva quelle giuste (ride, nda), io magari posso dire di avere avuto quelle sbagliate.

Lei prima si riferiva ad allenatori giovani che vengono presi per guidare le grandi: questo potrebbe essere un motivo secondo cui allenatori come Lei, De Canio, Rossi con grandissima esperienza non hanno una panchina?
Non lo so. Io so solamente che il calcio è cambiato tantissimo in questi ultimissimi anni per i calciatori e allenatori. Ho fatto un’analisi: oggi siamo alla terza giornata di serie A e sono saltati tre allenatori, due prima e uno alla terza giornata. Questo dà la dimensione di come è diventato complicato il nostro lavoro, di quello che viene chiesto agli allenatori oggi ed è una cosa completamente diversa. Sono tutti spaventati tra virgolette nel voler fare tutto e subito perché sanno che alle prime difficoltà, non voglio dire ai primi non risultati, c’è l’esonero ed è tutto maledettamente più complicato. E capita anche che allenatori come Rossi, De Canio o lo stesso Ficcadenti, che ha iniziato dopo, che hanno fatto bene siano senza squadra. Però, ripeto, è un pochino il trend. Io credo che il Barcellona stia facendo più male: sta facendo tanto bene a sé stesso ma tanto male al calcio europeo. Tutti hanno la sensazione di poter interpretare un calcio che, mi dispiace per quelli che ancora ci credono, può proporsi solo in quel contesto e con quei giocatori tanto che quando non aveva questi giocatori non vinceva, insomma.

Tatticamente si sente piu’ vicino al 3-5-2 di Guidolin o il 3-4-3 di Gasperini o Mazzarri?
Mah, guardi, secondo me c’è anche un falso storico. Ѐ vero che, diciamo così, il mio modulo tattico è spesso legato quasi esclusivamente al Perugia nel 3-5-2. Però nella mia storia calcistica ho giocato con difesa a 3, difesa a 4, con il trequartista. Il famoso 4-2-4 della Juve di oggi, se voi andate ad analizzare nel 99/2000 l’Arezzo giocava esattamente in quella maniera con Bazzani centravanti insieme ad Antonioli e Rinino e Tarana erano i due esterni iperoffensivi. Cioè, quindi, voglio dire, tanto è vero che a Perugia, quando arrivai, ripresentai lo stesso modulo e fui costretto a cambiare perché non c’era proprio la possibilità di interpretarlo con i giocatori del Perugia tanto è vero che passammo al 3-5-2 che poi è stata, diciamo così, la fortuna mia e anche quella del Perugia. Non è che sia legato in maniera viscerale a un modulo: mi piace il 3-5-2 perché secondo me nella proposta del gioco, nel possesso palla, nella specificità di alcuni ruoli mi sento non più appagato ma mi piace proporlo però sono altrettanto disposto a giocare in un’altra maniera. Non sono un integralista in questo senso, mi adeguo un pochino, come è giusto fare, a quelle che sono le caratteristiche dei giocatori ma, purtroppo, oggi bisogna dire oltre alla caratteristiche dei giocatori alla volontà di questi ultimi.

Lei prima si riferiva al Suo Perugia: che ricordo ha di quella squadra e qual è il giocatore, a parte Materazzi di cui si è parlato prima, è più legato?
Si parla di un qualcosa che è stato costruito, come spesso succede nelle cose più belle del calcio e nella vita, in maniera quasi istintiva e quasi occasionale e quindi si era formata un’alchimia particolare tra giocatori, allenatori, società, tifosi e in campo si vedevano esattamente quelle cose. Chi arrivava sembrava che giocava in quella squadra da una vita ma non era bravo l’allenatore o la società o i giocatori. Era un tuttuno creato perché c’era magari sì la regia di Alessandro Gaucci e la società che aveva impostato il lavoro con questa filosofia. Dopo i 4 anni del Perugia, non me ne voglia nessuno, per come va il calcio oggi dove tanti giocatori sono andati a giocare in squadre importanti e dopo aver visto allenatori che fanno un anno e poi vanno in squadre importanti meritavo una grande. Era diverso il calcio, erano diversi gli allenatori. Andate a vedere nel 2000 chi allenava in serie A e guardate oggi. Questo per far capire che magari c’era una ricerca dell’allenatore, anche giovane come lo ero io, ma innovativo. Lì, poi, c’erano allenatori come Eriksson, Terim, Lippi, Capello, Ancelotti, Mazzone, Guidolin, Fascetti. Con tutto il rispetto per quelli di oggi che hanno le loro qualità ma l’anno scorso si giocavano lo scudetto 3 allenatori nessuno dei quali aveva mai vinto uno scudetto

Sarebbe disposto ad accettare un’offerta di una società come quel Perugia?
Ѐ come, dopo che uno si lascia con una donna, la si va a cercare esattamente con le stesse caratteristiche. Io credo che quel Perugia, quel momento sono situazione irripetibili. Ѐ chiaro che in quel Perugia c’erano le condizioni che tutti gli allenatori vorrebbero trovare: tanta fame, tanta voglia di successo e anche la consapevolezza di poter diventare qualcuno di importante nel proprio mestiere. Se si trovassero queste cose in un altro ambiente sarebbe una bella cosa.

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Raffaele Zanfardino

Direttore responsabile della testata.

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