Il punto/Serie A, per l’Europa è sempre grandissima bagarre

Mentre davanti tutto scorre senza problemi (o quasi), è la lotta per l’Europa a rendere bellissimo ed emozionante il Campionato di Serie A.

La metafora è semplice. Dopo la 22esima giornata, anzi ancora di più dopo la 22esima giornata, la corsa per l’ultimo posto Champions (e di conseguenza per l’Europa League) è come se fosse la cena di Trimalcione dove, davanti a una sola portata ben abbondante, si presentano tanti pretendenti quasi tutti in regola per degustarla. E, quindi, è difficile scegliere chi la spunterà. Tanto più se sono tutti vicini tra loro. Cinque candidati praticamente in un fazzoletto di punti. Perché, ricordiamola la Classifica: Milan 36 punti, Lazio, Roma e Atalanta 35, Sampdoria 33. Ancora di più se ci allarghiamo a Fiorentina e Torino 31 punti, Sassuolo 30.

 

 

Pallone
Fonte: Danilo Rossetti

Già, perché mentre in vetta, le prime due forze del Campionato fanno una loro corsa solitaria come se fossero mondi perfetti, irraggiungibili, monadi leibniziane, con distacchi importanti – nove lunghezze – anche tra loro, il vero motivo di interesse e di thrilling del Campionato di Serie A è dal quarto posto in giù. Dove si continua a camminare con il freno a mano tirato, ad andamento lento, a piccoli passi, come se il traguardo mettesse agitazione a tutti. Viva l’equilibrio, insomma, ma anche la mediocrità non scherza. Nel primo weekend di febbraio, a sorridere sono stati la Lazio corsara con qualche patema a Frosinone, e l’Atalanta, che ha espugnato il Sant’Elia di Cagliari, confermandosi dopo il tris rifilato alla Juventus in Coppa Italia, e in rete per ben 15 volte con un difensore.

Non piange neanche il Milan, che si è preso un punto importante nello scontro diretto contro la Roma che più avanti potrebbe risultare utile. I rossoneri, diciamo la verità, non hanno fatto molto per vincere, accontentandosi di portare a casa la pagnotta e sana la pelle. Si è pensato più a difendere (strepitose le parate di Donnarumma, il portiere che da tre mesi ha la media di parate più alta d’Europa, con l’87,3 per cento) che ad attaccare (gli unici ad accendere la luce sono stati Paquetà, ma ha l’autonomia di un’ora e forse dovrebbe giocare nel terzetto offensivo anziché largo a centrocampo, e Piatek, in rete come un centravanti di razza), anche perché Calhanoglu continua a essere un corpo assente, Suso è altalenante ma gli viene chiesto di proteggere più che scardinare e ha pure la pubalgia, la mentalità, soprattutto in certe partite, non è quella migliore. Diciamo la verità: il Milan visto contro la Roma non è stato dissimile da quello sceso in campo nel derby, in Coppa Italia contro il Napoli, a Roma contro la Lazio. Non è l’ideale se si vogliono raggiungere certi obiettivi. E Gattuso adesso può riabbracciare Biglia e Caldara, praticamente mai avuti, e l’avere due punti in più rispetto all’anno scorso, ma non si capisce perché non schieri Andrea Conti, da due mesi già pienamente recuperato eppure sempre seduto in panchina.

Fa ben sperare anche la Roma, gagliarda, vogliosa e combattiva contro il Milan e alla quale anche il pareggio le sta stretto. Chi la spunterà alla fine? Più godurioso pensare ai bergamaschi. Più logico a una lotta sull’asse Roma-Milano, con i rossoneri leggermente favoriti soprattutto se al completo e se dovessero aggiustare alcuni meccanismi.

 

 

Davanti a questo mucchio selvaggio, e di quattro punti, c’è l’Inter, sconfitta in casa dal Bologna dell’ex Sinisa Mihajlovic, e alle prese con la solita crisi d’identità che l’attanaglia all’inizio di ogni anno nuovo. I nerazzurri sono in una evidente fase complicata, psicofisica, di gioco, di convinzione e di rete, mai arrivata nel girone di ritorno – non accadeva dal 1956 -, e anche alle prese con enormi problemi di spogliatoio, soprattutto da coloro che dovrebbero darle quella benzina in più. Icardi. Nainggolan. Perisic. Che Spalletti fa bene a schierare e a voler recuperare. E sui Social, siti specializzati, grandi giornali sportivi, via al festival dei numeri impietosi per spiegare una crisi.

Tutti giusti e legittimi, per carità. Ma si deve partire da un punto essenziale: ricordare quali erano gli obiettivi di inizio stagione. Non si doveva vincere la Serie A, ma arrivare in Champions League. Ora è terza, e l’anno scorso è arrivata quarta, e pure sul filo di lana.

I rimpianti sono altri. L’eccessivo distacco da Napoli (-11) e Juventus (-20), l’essere uscita in quel modo dalla Champions League, la prematura uscita dalla Coppa Italia, che poteva essere un obiettivo soprattutto senza i bianconeri. Ma il peccato gigantesco è sempre lo stesso: la mentalità. E se è quella a mancare, si può parlare anche dei massimi sistemi del mondo. Inutilmente.

 

 

 

In testa, invece, c’è stato il pareggio della Juventus, in pieno periodo di appagamento e di troppe pedine mancanti che hanno reso più fragile la fase difensiva, e reso la compagine bianconera un po’ più umana. Resta il fatto, comunque, dei 60 punti dopo 22 partite, di una imbattibilità che dura da 26 giornate in Serie A, di un Cristiano Ronaldo già a quota 17. Non è male per niente, considerando che uno solo ha fatto meglio di lui: David Trezeguet. Correva l’anno 2005-2006.

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