Che fine ha fatto… Jardel, 450 gol e un passato all’Ancona?

La storia di oggi parla di uno degli attaccanti brasiliani più prolifici di sempre. 450 gol nello score, 5 volte capocannoniere del campionato portoghese, due volte della Champions League, Scarpa d’Oro nel 1999 e nel 2002. E poi oltre 20 trofei conquistati in giro per il mondo, in una carriera che ha toccato lidi lontanissimi: dal Brasile al Portogallo, dalla Turchia alla Spagna, dall’Australia all’Argentina. E poi anche l’Italia, precisamente ad Ancona.

(C) Soccermagazine.it
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È la storia di Mario Almeida Riberio Jardel, classe 1973, e una carriera fatta di una grande fortuna e di un incredibile declino.
Nato a Fortaleza, inizia a giocare con il Vasco da Gama e poi con il Gremio. Il suo rapporto con la rete è subito una grandissima love story: vince la Libertadores diventando capocannoniere della competizione. Dopo appena una stagione lo notano i talent scout del Porto. È il 1996, Jardel sta per diventare uno dei più grandi attaccanti in Europa. Con i lusitani vince tutto a livello nazionale ma soprattutto in 169 partite mette a segno 166 reti, riuscendo in una stagione anche ad infrangere il record di un gol a partita nella stagione 1999-2000. Sono più le reti che le presenze.

Lo ammirano in tutto il continente, ad investire su di lui è il Galatasaray. In Turchia sono ancora grandi numeri, 34 reti in 43 presenze di cui due rifilate al Real Madrid, in finale di Supercoppa Europa, decisive per la vittoria dei turchi. Poi si fa forte il richiamo del Portogallo, lo vuole lo Sporting Lisbona che fa tutto per riprenderlo. Jardel ripaga nell’unico modo che conosce: con i gol. E lo farà 42 volte in 30 partite. Il che significa Scarpa d’Oro e capocannoniere, ancora una volta.

Nel 2002 però avviene la svolta, decisiva e in senso negativo, della sua carriera. Una serie di eventi lo investono in pieno: non viene convocato dal Brasile per i mondiali, si separa dalla moglie, suo padre muore, entra nel vortice della dipendenza dalla cocaina.
La vena realizzativa inizia a calare. Lo Sporting decide di cederlo al Bolton, ma la sua esperienza in Premier League si conclude con appena 7 presenze. Ci penserà Ermanno Pieroni, presidente dell’Ancona, a portarlo in Italia. Jardel arriva nella nostra penisola nel gennaio 2004, con il compito di salvare i marchigiani. Basta un immagine per descrivere la breve parentesi italiana dell’attaccante brasiliano: il giorno della sua presentazione, durante Ancona-Perugia, a causa dei colori sociali simili, sbaglia curva e va a palleggiare e a salutare i tifosi sotto il settore ospiti, ricevendo insulti e fischi. L’esperienza in Serie A si concluse con 3 presenze, Jardel è ormai appesantito, fuori forma, l’ombra di se stesso. Neanche a dirlo l’intento di salvare l’Ancona naufraga. Eppure quando giocava in Portogallo, una volta disse: “Tutti si chiedono perchè non gioco in Italia o in Spagna“. In Serie A è riuscito a giocarci, due anni dopo, dopo una breve avventura in Argentina con i Newell’s Old Boys, riuscì anche a giocare nella Liga tra le fila del Deportivo Alaves.

Ma ormai la dipendenza si fa pesante. Jardel la racconterà così: “Volevo solo a stordirmi, non mi interessava nient’altro. Non volevo soffrire, non volevo pensare alla mia vita da fallito, alla separazione dalla mia famiglia. La cocaina mi ha stordito per evitare la depressione. Ma quando l’effetto finiva tutto diventava molto peggio“.

Il brasiliano inizia poi la sua odissea: tornerà in patria e in Portogallo, poi Cipro, Australia, Bulgaria e infine Arabia Saudita.
E oggi Jardel tra chiesa (è diventato convinto evangelico) e impegno politico (è stato eletto nello stato di Rio Grande do Sul col PSD), gioca la sua partita più importante: quella di sconfiggere la dipendenza. Noi facciamo il tifo per lui.

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